Sul fronte
italo austriaco della prima guerra mondiale, c’erano tanti meridionali, come
Pietro, il diciottenne di Sant’Agata di Puglia stupefatto dalla bellezza delle
Dolomiti nel romanzo “Il piccolo eroe della Grande Guerra” di Toni Marchitelli
(edizioni Newton Compton)
I soldati
italiani venivano mandati all’assalto sul passo Falzarego, anche se i
reticolati erano ancora intatti e quindi era impossibile passare. Tante morti
inutili. Piero deve aspettare il buio, col cuore in gola, prima di tornare in trincea
con l’amico Checco. Ha solo diciotto anni ed è un bravo ragazzo del Sud “Il
piccolo eroe della Grande Guerra”, romanzo di Toni Marchitelli,
edita da Newton Compton.
Un libro
breve, intenso, ricco di sentimenti, quelli di una società contadina e operaia
dei primi del novecento. Vite ingenue, come quella del fante Pietro Vitagliano
che, da Sant’Agata di Puglia, arriva al nord con il suo contingente e quando
vede le Dolomiti, nell’ottobre 1915, non trattiene un Mandonnamia e che è!,
di stupore.
Pietro è alto,
massiccio, dalla carnagione brunita dal lavoro nei campi, ha gli occhi azzurri
e vive in un paese sulle colline che dominano il Tavoliere. La terra che lavora
col padre dà da mangiare alla famiglia, anche se è amara e dura da zappare, ma
si accontentano di poco. Da anni pensa a Ninetta, la figlia del fornaio, ai
riccioli neri che spuntano sotto al fazzoletto con cui si copre in chiesa. È
bellissima e misteriosissima, come la Madonna, da cui ha preso il nome:
Annunziata.
Checco, anzi,
Francesco, è romano, di Borgo Pio, tra San Pietro e il Tevere e se ne vanta.
Falegname a bottega col papà, è piccolino, un metro e sessanta, innamorato di
Monica, trasteverina, bella come il sole e un po’ mignotta. L’ha
sorpresa sulla Lungara con una specie di burino spilungone. È finita a male
parole e botte. Parolacce di Checco, cazzotti del burino.
In guerra vanno i ragazzi del Sud, del Centro e del Nord, infatti con loro se la fa spesso l’alpino piemontese “Barale Bruno”, che dà del terrone a Piero, ma solo bonariamente.
Sono nell’Ampezzano da invasori: i preti di qua non sembrano buoni come don Mario, guardano i soldati con occhi senza benevolenza, forse con odio. I loro parrocchiani sono i landeschutzen che difendono il trincerone lassù, a duemila metri, contro il quale gli italiani vanno all’assalto. Sempre avanti, allo scoperto. L’Alto Comando non si arrende all’evidenza che da lì, con le cime in mano al nemico, non si può passare. Solo morire.
E Piero ogni volta esce all’attacco, meravigliato di non essere “preso” dalla pallottola, la raffica, la bomba. Vive appiattito in trincea ed esce obbediente correndo avanti, stringendo il fucile, in attesa solo della morte, che a lui e agli altri appare come una liberazione.
In guerra vanno i ragazzi del Sud, del Centro e del Nord, infatti con loro se la fa spesso l’alpino piemontese “Barale Bruno”, che dà del terrone a Piero, ma solo bonariamente.
Sono nell’Ampezzano da invasori: i preti di qua non sembrano buoni come don Mario, guardano i soldati con occhi senza benevolenza, forse con odio. I loro parrocchiani sono i landeschutzen che difendono il trincerone lassù, a duemila metri, contro il quale gli italiani vanno all’assalto. Sempre avanti, allo scoperto. L’Alto Comando non si arrende all’evidenza che da lì, con le cime in mano al nemico, non si può passare. Solo morire.
E Piero ogni volta esce all’attacco, meravigliato di non essere “preso” dalla pallottola, la raffica, la bomba. Vive appiattito in trincea ed esce obbediente correndo avanti, stringendo il fucile, in attesa solo della morte, che a lui e agli altri appare come una liberazione.
Dovunque sul
fronte italiano, il Comando si affidava alla tattica suicida dell’attacco in
massa, insensibile alle perdite. Secondo le testimonianze, dopo due anni di
massacri, nel 1917 i soldati andavano all’attacco piangendo, completamente
sfiduciati, certi di non farcela.
Che contrasto con la tenerezza delle lettere di Piero a casa. Frasi un po’ impettite, ma tanti pensieri delicati a mamma, papà e Ninetta. Avevano giocato insieme da bambini, però da adolescenti la mentalità paesana non consentiva contatti. Si vedevano solo il sabato, all’acquisto del pane e la domenica a messa.
Che contrasto con la tenerezza delle lettere di Piero a casa. Frasi un po’ impettite, ma tanti pensieri delicati a mamma, papà e Ninetta. Avevano giocato insieme da bambini, però da adolescenti la mentalità paesana non consentiva contatti. Si vedevano solo il sabato, all’acquisto del pane e la domenica a messa.
La voglio
per moglie, sarà la madre dei miei figli, tanti maschi, per aiutare nei campi.
Voglio baciarla tutti i giorni e le notti. Per sempre.
Le aveva
rivolto la parola solo dopo aver ricevuto la cartolina precetto, chiedendole di
sposarlo. La giovane aveva risposto sì, con uno sguardo indimenticabile.
Scrive anche a lei, lettere che le due donne non possono rileggere le mille volte che vorrebbero, ma che tengono strette sul cuore. Sono analfabete e si rivolgono al buon parroco, che risponde sotto dettatura di mamma Concetta (la Madonna ti accompagni) e della ragazza (pensami sempre come io penso a te).
Un vero piccolo mondo antico, di gente che vive di poco ma che vale
tanto e che, quando sbaglia, commette peccati mai tanto gravi da non essere
cancellati da una conciliante assoluzione.Scrive anche a lei, lettere che le due donne non possono rileggere le mille volte che vorrebbero, ma che tengono strette sul cuore. Sono analfabete e si rivolgono al buon parroco, che risponde sotto dettatura di mamma Concetta (la Madonna ti accompagni) e della ragazza (pensami sempre come io penso a te).
Descrizione
È il 1915 quando Piero, appena diciottenne, viene strappato al lavoro nei
campi e al suo paese del sud Italia, e mandato a combattere al fronte.
Spaesato, costretto ad abbandonare il suo grande amore, Ninetta, nel viaggio
che lo conduce sulle Dolomiti incontra Checco, un falegname romano in tutto
diverso da Piero, ma con cui il ragazzo stringe subito amicizia: li accomuna
l’obbligo di combattere per la stessa guerra, in cui nessuno dei due crede. I
pericoli, gli stenti, la difficoltà di sopravvivere in trincea, nel freddo dei
duemila metri rafforzano un legame figlio dalla guerra, vissuto all’ombra della
morte. Proprio sul Col di Lana, Checco sarà ferito e salvato proprio da Piero,
che riesce a portarlo in ospedale. Poi le vicende crudeli li separano e i due
si perdono di vista. Ma Checco non ha dimenticato la promessa fatta all’amico,
e quando torna a casa, nel 1918, raggiunge il paese di Piero, la sua famiglia e
Ninetta. Di Piero non saprà più nulla…
Nessun commento:
Posta un commento