Curon, un
borgo della val Venosta è stato distrutto nel 1950 per costruire una
diga. La prima volta che Marco Bolzano si è avvicinato al lago sorto dove prima
c’era il paese, ne è rimasto sconcertato, non capiva cosa ci facesse un campanile sullo
specchio del lago. Sotto
l’acqua immaginava la base della chiesa, i campi, le macerie, le fondamenta di
un paese cancellato. Fu da quelle considerazione che prese inizi l’idea del
romanzo. Così ha iniziato a studiare, raccogliere testimonianze parlando con i
pochi testimoni dell’epoca. Giungendo alla conclusione che, la distruzione del
paese, è stato l’ultimo atto di un lungo periodo violento. In alto Adige, nel
1921, con la marcia su Bolzano, è iniziato il Ventennio, dopo l’8 settembre
è arrivato Hitler e sempre in quel territorio è scoppiato il primo terrorismo.
Così, la questione della diga diventata
una parte del romanzo, la storia comincia proprio nel 1921, quando i fascisti vietano
agli abitanti del Sudtirolo di parlare la loro lingua e di lavorare. I fatti raccontati
sono veri, tratti dalla cronaca dell’epoca, di fantasia, invece, sono i
protagonisti. Trina è una maestra elementare che non può insegnare perché
Mussolini glielo impedisce. Allora lo fa di nascosto, rischiando il confino,
nelle katakombenschulen, le scuole clandestine. Sposatasi con
Erich, diventerà madre, finché, all’inizio della guerra, le porteranno via la
figlia. Quando iniziano i lavori della diga Erich vestirà i panni del
capopopolo, facendosi aiutare dalla moglie nel trovre le parole giuste per
farsi ascoltare dalla gente.
Questa resistenza
a difesa del paese non è mai esistita, ma all’autore è piaciuto immaginare
qualcuno che avesse il coraggio di scendere in strada a gridare le proprie
ragioni.
Descrizione
L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del
campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon. Siamo in
Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua
che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando
Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati,
allora non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare.
Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria:
invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia
durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di
scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la
guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore
sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo
dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la
storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si
ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della
diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione
e la solitudine.
Marco Balzano
è nato nel 1978, è insegnate e scrittore, autore del romanzo L’ultimo
arrivato (Sellerio), con il quale si è aggiudicato il Premio
Campiello 2015. Il suo nuovo romanzo, Resto qui (Einaudi),
prende vita in Sudtirolo, terra di confine, al tempo del fascismo, quando
Mussolini tolse agli abitanti di Curon Venosta anche il diritto alla loro
lingua, mettendo al bando il tedesco e facendo cambiare perfino i nomi sulle
lapidi nei cimiteri. Ma Trina non si arrende: la protagonista del romanzo,
madre prostrata dalla scomparsa della figlia e insegnante determinata, è una
donna forte e caparbia, che non esita a fuggire sulle montagne assieme al
marito disertore. Nella fuga dalla guerra, l’unica arma di difesa che Trina ha
a sua disposizione sono le parole: parole scelte con cure per scrivere alla
figlia scomparsa, nella speranza che un giorno ritorni, parole per dare voce al
suo dolore, e a quello collettivo, raccontando pagina dopo pagina la tragica
storia di Curion Venosta, il villaggio sommerso dalla diga che unificò i tre
laghi del territorio. Ancora oggi, dal lago artificiale di Resia, emerge il
campanile del villaggio che fu.
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