Una piccola
riflessione che sorge da un triste avvenimento di cronaca, la discoteca di
Corinaldo, che, negli ultimi giorni, in molti vorrebbero attribuire al ‘cattivo
esempio’ trasmesso da una star creata dalla stessa società che oggi la
vorrebbe rigettare. Sto parlando dell’artista Sfera Ebbasta. In questi
giorni assistiamo a una gogna mediatica nei confronti di questo ragazzo che,
nel bene e nel male, negli ultimi mesi ha raccolto, o gli sono stati
attribuititi, numerosi successi.
Premetto
che, le poche “liriche”, composte da
questo autore, che ho avuto modo di ascoltare non rientrano certo nei miei
gusti. Detto questo, considerando che ancora vige una ‘sempre sia lodata’ libertà
di parola, non mi sembra giusto addossare a un solo individuo tutto il male
che imperversa sulle giovani leve.
Non dovremmo,
piuttosto, riflettere sul perché dei ragazzini di 12/13 anni trovino così
affascinanti quei testi? Perché prendano come idolo un ragazzo che, pur
scrivendo delle liriche che rasentano la banalità, riesca a trarne un grande
successo che gli permette un elevato tenore di vita? Non è forse il
messaggio che in molti genitori, inconsapevolmente, trasmettono ai propri
figli? Il danaro e il potere in primis, trovare la scorciatoia per arrivarci
in fretta in secundis.
Devo ammettere che rimango turbato nel vedere dei
ragazzini che, poco più che dodicenni, pascolino per le vie del paese con una sigaretta
elettronica, piercing e tatuaggio in bella mostra. Non è per
fare il bacchettone, ma sono dell’opinione che ogni esperienza abbia la giusta
collocazione nell’età. Forse imponiamo, attraverso icone dettata dal
mercato, a questi bambini di crescere troppo velocemente bruciando le tappe.
Minorenni che già trascorrono le vacanze estive con dei coetanei senza alcun
adulto a vigilare. Serate in discoteche sino a tirare le tre, quattro del
mattino, con i genitori che partecipano facendo da taxisti.
Sono convinto che, se proprio dobbiamo trovare un
colpevole, dovremmo prima di tutto fare un mea culpa. Per il devasto
culturale che abbiamo lasciato a questa generazione, dove il consumo
selvaggio e inconsapevole di merce ha preso il sopravvento su ideali e utopie.
L’esempio di individualismo che trasmettiamo non solo nei discorsi, ma
soprattutto nei gesti quotidiani, l’educazione relegata a segno di debolezza,
mentre si è elevata la furbizia a chiave segreta del successo.
Dovremmo
fermarci un istante a riflettere, chiederci in cosa abbiamo sbagliato e come
porvi rimedio.
Le parole, i
giudizi espressi a caldo non servono a molto, specie se dal pulpito predica
chi, sino a qualche giorno fa, giocava a fare il sempregiovane vantandosi
dinanzi ai propri figli di bravate al limite del legale, le canne in compagnia
e le bevute leggendarie. Da chi, sino all’estate scorsa, postava divertito il
figlio di otto anni ballare e cantare a memoria Maria Salvador di J-AX e oggi spara a zero sulla trap o,
ancor peggio, incolpa il Trapper di istigare all’uso di droghe.
Forse, prima
di parlare, dovremmo applicare la sempreverde regola delle cinque P:
Parole, Poco, Pensate, Producono, Pene. Perché, ricordiamo sempre, che i
figli sono gli specchi dei genitori, se trasmettiamo esempi sbagliati, non
possiamo incolpare sempre la società.
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