Iniziamo oggi un appuntamento settimanale che ci guiderà verso il Premio Strega 2019. L'occasione per prendere in esame, singolarmente, i dodici libri finalisti. Iniziamo oggi con Nero ananas di Valerio Aiolli, edito da Voland.
Descrizione:
Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto
che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età
dell’innocenza e aperto la strategia della
tensione. Il botto del 12 dicembre 1969, Piazza
Fontana. Gli estremisti di destra, invisibili,
si incontrano, commentano, ricordano, tramano.
Un anarchico si trascina di città in città,
di nazione in nazione, di sconfitta in sconfitta,
in attesa del momento del riscatto. Un politico,
così devoto da essere soprannominato il Pio,
comincia la sua lenta ma inesorabile scalata
al potere. Poi ci sono i servizi segreti che provano
a capire, sapere, influenzare. E c’è un ragazzino,
che quel giorno ha visto sparire sua sorella e farà
di tutto per riuscire a ritrovarla. Quattro anni
di destini intrecciati, di fughe, ritorni, di amore
e di odio. Quattro anni incandescenti della storia
d’Italia, dal 1969 al 1973, raccontati con precisione
e sorprendente capacità evocativa.
Recensione di Gabriele Ottaviani
La politica inizia ad aggrovigliarsi su sé stessa. A voltare le spalle al mondo che c’è fuori, credendo di andargli incontro.
Nero ananas, Valerio Aiolli, Voland.
La motivazione con cui Luca Formenton, editore di lunga e splendente
tradizione familiare, allievo di Cesare Segre e Maria Corti nonché
fondatore di Diario insieme a Enrico Deaglio, propone questo eccellente romanzo allo Strega – lido che l’autore di Nero ananas ha già frequentato nel millenovecentonovantanove con Io e mio fratello,
storia raccontata con arguzia naif da un bambino di cinque anni che
descrive il mondo che gli si squaderna dinnanzi in tutte le sue
policrome contraddizioni – di quest’anno è la seguente: Nero Ananas di
Valerio Aiolli ricostruisce gli eventi drammatici che hanno segnato la
storia d’Italia nei cinque anni che vanno dalla strage di piazza Fontana
del12 dicembre 1969 alla strage della Questura di Milano del 17 maggio
1973, ricostruendone i fatti attraverso un racconto polifonico e
orizzontale, e un ritmo cronologico che accompagna il lettore, giorno
per giorno, mese per mese, allo straziante epilogo di via
Fatebenefratelli. Verosimiglianza e realtà si confondono in quest’opera,
che ha il merito di essere riuscita in un’impresa senza dubbio
difficile: restituire quel periodo della nostra coscienza culturale e
storica senza cedere alla pura mediazione della cronaca, ma mettendo in
scena una narrazione corale, universale – a volte intimamente
vertiginosa –, e capace di raccogliere in queste pagine una moltitudine
policroma di voci, spesso antagoniste tra loro. Storie e ricordi dal
colore familiare si mescolano infatti, in Ananas nero, a quelle di
personaggi, come il Dottore, Falstaff, Zio Otto, il Samurai e il Pio,
dietro ai quali si possono facilmente riconoscere i protagonisti di
quegli anni – senza mai però risultare specchi di se stessi, ma
incarnando profondamente lo spirito, contraddittorio ed elusivo, del
loro tempo. Così, accanto a estremisti di destra che si incontrano e
tramano di nascosto, anarchici in cerca di riscatto e agenti dei servizi
segreti che osservano tutto nell’ombra, compaiono vite quotidiane,
famiglie che si riuniscono intorno alla tv per capire cosa stia
succedendo, parenti scomparsi e storie di amore e di odio consumate
nell’intimità di biografie minori. Per farlo, Aiolli si affida a una
scala di colori stilistica di assoluta qualità, che permette all’autore
di muoversi tra i differenti timbri espressivi cogliendone i particolari
e le sfumature, pur mantenendo nell’insieme una tonalità letteraria
ordinata e coerente. Più del regesto storico (che ad ogni modo viene
accolto tra le righe e meticolosamente affrontato nella sezione che
chiude il volume, Futuro anteriore), ciò che interessa ad Aiolli è il
gesto invisibile, l’incontro nascosto, il combattimento interiore di chi
ha vissuto sulla propria pelle i fatti drammatici, e l’esplosione
sentimentale che ha fatto da eco a quella degli ordigni terroristici.
Fin dalle prime pagine, è sempre presente la sensazione che il rumore
cieco della bomba in piazza Fontana abbia causato molti più danni di
quanti, già tragicamente ingenti, la scena poteva restituire: ha
sgretolato l’innocenza di un paese, ha aperto una voragine nelle
coscienze di cui è impossibile valutare la profondità e l’estensione, e
segnato senza possibilità di ritorno gli anni a venire, quelli della
“strategia della tensione”. Uno dei principali meriti di Aiolli, in
questa suo romanzo, è allora quello di aver riportato a galla non solo
il ricordo o la memoria delle tragedie, ma il fiato, le parole, il
dolore, gli epitaffi di coloro che, protagonisti, vittime o
semplicemente lontani spettatori, hanno vissuto sul limitare di quel
precipizio, grigio e nebbioso, chiamato Italia. Ed è difficile non
essere completamente d’accordo con un’esegesi tanto profonda, accurata
ed efficace: Valerio Aiolli, autore di romanzi, monologhi teatrali e
racconti, anima di numerosi corsi di scrittura creativa e passeggiate
letterarie per diverse associazioni culturali, a lungo membro
dell’Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale di calcio degli
scrittori che prende il nome da un grandissimo autore e cantore dello
sport e dei suoi simbolici significati, con una prosa di ampio respiro
che ricorda quella del miglior Auster intreccia sapientemente le vicende
di alcuni personaggi le cui storie sono messe in relazione da quella
con l’iniziale maiuscola, nella quale si riverbera il crogiuolo di
contraddizioni e menzogne che con la metodicità di un perverso effetto
domino avvelena la nostra società, sempre più proterva, melliflua,
cattiva, rabbiosa, invidiosa. Ottimo.
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