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mercoledì 17 aprile 2019

Aspettando lo Strega 2019; Di chi è questo cuore

Prosegue il nostro appuntamento con i libri finalisti del Premio Strega 2019; oggi prendiamo in esame “Di chi è questo cuore” di Mauro Covacich, edito da La nave di Teseo.

Una piccola anomalia cardiaca viene scoperta all’uomo che ha il nome e le sembianze dell’autore, allontanandolo da un’attività sportiva ai limiti del fanatismo e infrangendo l’illusione di un’efficienza fisica senza data di scadenza. È questo l’innesco di un romanzo sul corpo, ma soprattutto sul cuore come luogo dei sentimenti e dei destini individuali. C’è un ragazzo caduto, o forse lasciato cadere, da una finestra di un albergo di Milano durante una gita scolastica. Ci sono gli esseri umani, fragili e pieni di voglie.
La solitudine e il desiderio. Ma la storia gira attorno alla relazione dell’autore con la sua compagna, alle trasferte di lavoro, alle tentazioni a cui sono esposti, alla fiducia e al sospetto di cui si nutre la convivenza. Chi è, ad esempio, quell’uomo che si infila in casa loro la notte? Una pista porterebbe nel quartiere, il Villaggio Olimpico di Roma, popolato da figure che sembrano carte dei tarocchi e che lo scrittore consulta nelle sue camminate erranti.
Dopo La città interiore, Mauro Covacich compone una nuova, potente avventura narrativa che ha il coraggio dell’autobiografia più vera. Un romanzo capace di entrare con esattezza nel presente che plasma le nostre vite.

Recensione tratta da SoloLibri.net
 
Un disturbo cardiaco da poco diagnosticato gli suggerisce di non rischiare “una sincope” continuando ad allenarsi per gare di corsa o per defatiganti nuotate. “Eh sì, per un po’ lei deve stare a riposo”. Da questo suggestione parte il romanzo, “Di chi è questo cuore” (La Nave di Teseo, 2019), che si pone nell’ormai consolidata tradizione dell’autofiction, molto cara ai narratori contemporanei. Allora seguiamo lo scrittore nelle sue giornate ricche di incontri, interviste, di viaggi in treno, di impressioni che vengono dalla cronaca, dalla quotidianità. Il rapporto con la compagna Susanna, con la celebre famiglia di lei, soprattutto il padre Achille, a lungo professore di letteratura italiana presso La Sapienza, straordinario dantista e non solo, nei confronti del quale lo scrittore prova una forma di soggezione, ma anche di grande affetto e di scambio di passioni letterarie. Con sua madre, rimasta a Trieste, che dopo la vedovanza ha cominciato a frequentare in modo quasi compulsivo Facebook, riempiendosi di amicizie virtuali, di fotografie di viaggi e paesaggi, rivelando un’insospettata socialità e una grande voglia di apertura alla vita.
L’io narrante somiglia o si identifica in gran parte con lo scrittore, colpito da fatti di cronaca su cui indaga, riflette, scrive sui quotidiani: come è precipitato nel cortile dell’albergo il ragazzo che durante una gita scolastica è stato trovato morto, mentre i suoi compagni si dichiaravano innocenti o indifferenti di fronte ad una disgrazia così assurda? Avevano bevuto? Qualcuno lo ha spinto? Spesso nel corso del romanzo l’autore ritorna su questo tema, che lo turba come pure si interroga sul destino dei senza tetto che affollano il suo quartiere. Uno più di altri, Arcimboldo, che dorme sotto il ponte di Corso Francia, vive di scarti e di cartoni di vino a buon mercato, una sorta di presenza amica, che poi si rivelerà protagonista di una storia incredibile. Accanto a lui, mammine con i passeggini, il viso rivolto allo schermo del cellulare, ragazzi indiani che si offrono come portatori di carrelli della spesa, i volontari di Save The Children, le guardie giurate, i questuanti.
La Roma di Covacich è piena di personaggi, di luoghi, di situazioni difficili. C’è la stazione Termini, descritta nei meandri più oscuri della microcriminalità indomabile con toni letterari di grande efficacia narrativa:
E ancora il quartiere multietnico di Piazza Vittorio, le prostitute e i trans dell’Acqua Acetosa, ma anche il verde della città, Villa Borghese al mattino presto, quando la città sembra disabitata.
Nel romanzo di Mauro Covacich si trovano tanti dettagli, descrizioni, impressioni, riflessioni, giudizi che lo scrittore dà sul mondo culturale e sullo spaccato sociale di cui è parte, su di sé, sul rapporto di coppia non sempre facile e lineare, mentre una sorta di grasso grosso personaggio di fantasia si inserisce nelle sue stanze, nel suo subconscio, nel quotidiano delle sue giornate piene di ansia, di sigarette da non fumare, di farmaci ansiolitici, Lexotan, Lendormin, Valpinax, ma anche di belle pagine di letteratura, di filosofia, di storia. Un lungo capitolo, Anne, riflette sul celebre “Diario” in edizione integrale curato da Natalia Ginzburg: Anne Frank e la sua amica immaginaria Kitty, “l’Altro invisibile, il doppio in ascolto, lo orecchio che ha creato la voce”, come anche è emozionante la scoperta di Etty Hillesum e del suo diario, che ci rivela una personalità straordinaria, il suo dialogo con Dio e con l’umanità, in quello che Covacich definisce:
Il romanzo di Covacich alterna diversi registri linguistici, argomenti alti ad altri meno nobili, pagine descrittive ad altre colme di implicazioni psicologiche, analitiche, provocatorie. Libro denso, ricco, profondo. Ringrazio per l’omaggio ad Achille Tartaro, indimenticabile professore, con cui ho imparato ad amare il Canzoniere di Petrarca. Autofiction?



Mauro Covacich (Trieste, 1965) è autore della raccolta di racconti La sposa (2014, finalista Premio Strega) e di numerosi romanzi, tra cui A perdifiato (2003), Fiona (2005), Prima di sparire (2008) e A nome tuo (2011), che compongono il ciclo delle stelle. Nel 2017 ha pubblicato con La nave di Teseo La città interiore (finalista Premio Campiello). Nel 1999 l’Università di Vienna gli ha conferito l’Abraham Woursell Prize. Vive a Roma.

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