Innanzitutto ringrazio Sabrina per la gentile disponibilità.
Iniziarei, se sei d'accordo, con qualche domanda per conoscerti meglio.
Quello con la poesia è un amore profondo. A che età
hai iniziato a lasciarti rapire dall’arte dell’introspezione?
Fin dai tempi
della scuola primaria ho sempre, mio malgrado, odiato la matematica e amato
l’italiano. La lettura mi accompagna da sempre. Da bambina mi piacevano
tantissimo le filastrocche di Gianni Rodari. Da adolescente ho iniziato a
scrivere poesie molto semplici, ma erano un modo per leggere me stessa. A quei
tempi suonavo la chitarra classica e per diversi anni ho continuato a dedicarmi
alla musica. Il potere benefico della musica è immenso. Per me è stata un modo
per confrontarmi con me stessa, per socializzare con gli altri. Nel 2013 ho
frequentato un corso di scrittura creativa e, da lì in poi, mi sono dedicata alla
poesia in modo approfondito. Quindi è nato il mio primo libro. Ne sono seguiti
altri due, sempre di poesia, e infine nel 2021 il mio primo romanzo. Non posso
fare a meno di scrivere, scrivere è il mio “inno alla vita”. La poesia mi ha
dato tante soddisfazioni e spero seguiti a darmene.
Quali
sono i poeti a cui fai riferimento?
Direi il grande
Giacomo Leopardi ma anche Eugenio Montale che è uno tra i più importanti poeti
del novecento. Aggiungo Alda Merini, la poetessa dei Navigli, che credo abbia
caratterizzato il 900 italiano e non solo. La sua poesia ha un sottofondo
inquieto, un misto di genialità e follia. Come è stato detto, il suo stile
poetico è limpido e graffiante. Cito anche Pablo Neruda, i suoi componimenti
sono vicini alla natura, all’impegno politico e sociale e naturalmente
all’amore. Non a caso è considerato il più grande “cantore dell’amore”. Vicino
a questi grandissimi poeti mi sento una scolaretta che non finisce mai di
attingere alla conoscenza per migliorare il proprio mondo creativo. Devi sapere
che sono molto severa con me stessa, riguardo a ciò che scrivo, nutro estremo
rispetto per il lettore.
Come definiresti le tue liriche?
Le definirei “tele
di parole”. “Dipinti” appesi alla vita, che si offrono al lettore, che si
lasciano interpretare per diventare una visione collettiva.
La capacità di sintetizzazione ti è stata d’aiuto
nello scrivere il romanzo?
Diciamo che mi è
stata utile ma solo in parte. Ciò che mi è servito, scrivendo prosa, è stato
usare uno stile poetico fluido alternato ad una scrittura più incisiva, e in
qualche passaggio cruenta. Di proposito ho preferito questa alternanza di stile,
all’interno della storia, per creare un contrasto che accattivasse il lettore.
Credo che chi
narra, oltre che raccontare, debba anche mostrare, per cercare di catturare chi
legge e trascinarlo dentro il testo. Per questo motivo ho curato le varie ambientazioni
e i vari personaggi, cercando di usare i cinque sensi attraverso le parole. Di
sicuro scrivere il romanzo è stato molto diverso rispetto alla poesia che è
spontanea e non si scrive a tavolino, anche se poi va revisionata. Il romanzo è
più ragionato.
Veniamo quindi al tuo ultimo libro. La rivelazione del
gelso, è un romanzo di
formazione. Ce ne vuoi parlare?
Nel 2019 ho
frequentato un corso di scrittura creativa della scuola Holden, che ha
contribuito a realizzare l’idea che da un po’ avevo in mente. Dopo i libri di
poesie, mi era sorto il desiderio di raccontare una storia che non fosse
autobiografica ma ispirata alla realtà. Un romanzo che fosse un messaggio
contro l’intolleranza e la discriminazione e così, nel 2021, è nato “La
rivelazione del gelso” edito da Masciulli Edizioni. Il libro è stato apprezzato
e di questo ne sono contenta. È un romanzo breve, una storia familiare. Un
giovane uomo omosessuale è costretto a tornare nel paese in cui è nato, perché
il padre sta male. Un genitore che non ha mai accettato l’orientamento sessuale
del figlio, il quale proprio al capezzale del padre ricorda episodi sgradevoli
della propria infanzia, dell’adolescenza e di quando è ormai maggiorenne. Ho
utilizzato tre flashback per riportare nel passato Raffaello, per mostrare
tutti i disagi del protagonista che è in continua evoluzione fino al termine
del libro, quando un colpo di scena, una rivelazione, lo costringerà a
rivalutare determinati aspetti del passato.
Figura importante
è l’albero del gelso. Adoro gli alberi e quindi volevo che una pianta avesse un
ruolo fondamentale nella narrazione, un ruolo indispensabile per lo svolgersi
dei fatti. Anche in copertina, oltre al volto del protagonista, c’è il gelso
stilizzato. La copertina è stata realizzata da Francesco Santomo, un ragazzo
che frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Macerata.
Sul volto del
protagonista si notano tre lacrime tatuate. Un tatuaggio semplice ma, come
tutti i tatuaggi, vuole essere una forma di comunicazione e quindi per il
protagonista ha un particolare significato che si scoprirà leggendo il libro.
A
quale pubblico è dedicato?
Penso che sia un
libro per tutti, partendo dai ragazzi della terza media in poi.
Ho presentato il
libro in diverse location e già ho in programma nuovi appuntamenti, ma non nelle
scuole. Se mi fosse data l’opportunità ci andrei volentieri, perché la tematica
è trattata in modo delicato e all’interno ci sono altri temi che coinvolgono in
particolare il mondo degli adolescenti e portano a diverse riflessioni.
Chi sono i
protagonisti?
Raffaello, il protagonista, ha una sorella gemella Aurora e un fratello
maggiore sacerdote Fulgenzio. C’è la madre Rachele, il padre Evaldo, c’è
Valentina la tatuatrice e poi altri personaggi minori che sono ugualmente
importanti per arricchire i punti di vista che offro a chi legge. Ho cercato di
curare in modo attento le caratteristiche fisiche e psicologiche di tutti i
personaggi, per renderli credibili, per evidenziare quanto ognuno di esso sia
differente dall’altro. Era come se fossero lì, accanto a me, e io avevo la
possibilità di farli muovere e parlare come un regista di un film. È stata una
bella esperienza che mi ha richiesto del tempo, ma ogni libro ha un proprio
percorso che ti porti dentro per sempre.
Dov’è ambientato?
In una metropoli o nella provincia?
In provincia. Sono nata in pianura, ma amo tantissimo il mare e perciò mi
sono ispirata alla città in cui vivo da trentatré anni. La distesa marina è
molto presente nel romanzo, lo stesso protagonista ha un forte legame con il
mare.
Tanti
i temi trattati senza l’uso abusato di una retorica stucchevole, ma con una
cognizione
di causa che palesano una conoscenza in prima persona della tematica.
Hai attinto dalla
tua esperienza di educatrice?
Il romanzo non è autobiografico e neppure racconto la storia di
personaggi che esistono nella realtà, tutta la vicenda è frutto della mia
fantasia. Logicamente, per trattare la tematica, era necessaria una conoscenza
dell’argomento, quindi ho attinto dalla lunga esperienza nel volontariato accanto
ai bambini e ai ragazzi che mi ha portato all’ascolto di situazioni
problematiche.
Temi
che toccano particolarmente gli adolescenti, come l’omosessualità, il
bullismo,
la violenza domestica. Per chi ne cade vittima è importante trovare una figura
che possa farsi di riferimento, una persona di cui fidarsi. Nel caso di
Raffaello questa guida arriva proprio dal fratello maggiore, un sacerdote.
Quando pensai a come strutturare il romanzo, decisi di inserire dei
contenuti che si legassero bene insieme. Purtroppo i fatti di cronaca molto spesso
ci parlano di bullismo tra gli adolescenti e di violenza domestica che, come la
gramigna, sono difficili da estirpare. Temi che si sono agganciati senza fatica
alle vicende di Raffaello.
Fulgenzio, il fratello sacerdote, è maggiore di dieci anni a Raffaello e
ad Aurora. È lui il punto di riferimento del protagonista, sin da quando
Raffaello è un bambino. Evaldo, il padre, non accetta un figlio che, già
dall’infanzia, rivela una particolare sensibilità e un modo di porsi differente
da come lui vorrebbe. Invece di supportarlo, di accompagnarlo nella crescita, ha
un perenne atteggiamento di condanna nei suoi confronti. Fulgenzio è l’unico
che tiene testa al padre, un uomo autoritario con tutti i membri della
famiglia, ma in particolare con Raffaello. Rachele, la madre, è una donna che
ama i propri figli ma non riesce a contrastare il marito e quindi ne diventa
succube; compie l’errore di credere che prima o poi il coniuge cambi e lo
assolve. Raffaello ha un buon rapporto con la sorella Aurora, ma lei non è in
grado di essere il porto sicuro del gemello. Lo è invece Fulgenzio che con la
sua Fede coraggiosa è sempre pronto ad ascoltarlo, senza giudicarlo. Gli è accanto
anche quando il protagonista adolescente subirà un grave atto di bullismo.
Quando in età adulta i due avranno qualche contrasto, l’affetto profondo che li
lega li porterà ad un rispettoso confronto e ad una reciproca comprensione, pur
mantenendo il proprio punto di vista.
L’ascolto
è la parola chiave che lega i due fratelli, l’aprirsi all’altro nel dialogo
senza pregiudizi o l’assurgersi a giudice. Una ricetta che sembra semplice, ma
che il più delle volte non è così.
Vero, spesso non è così. A volte restiamo barricati
nelle nostre convinzioni senza ascoltare chi abbiamo di fronte. Ad esempio nel
mio romanzo quando Raffaello subisce l’atto di bullismo, si scatenano diverse
reazioni da parte dei familiari e si nota quanto siano differenti tra esse. Da
una parte c’è don Fulgenzio, uomo di chiesa, con una Fede sincera e non
ipocrita, dall’altra c’è il perbenismo di Evaldo che, fermo nelle proprie
convinzioni, anche in quell’occasione condanna Raffaello e si rifiuta di
capirlo. A volte, o per paura o per pigrizia mentale o per le nostre
convinzioni, respingiamo ciò che non capiamo, senza sapere che invece potrebbe
essere un arricchimento per renderci migliori.
La
violenza che il padre riserva al figlio omosessuale non è fisica quanto
verbale.
Due
tipi di violenza che, purtroppo, a volte non vengono messe sullo stesso piano, eppure,
coniugate anche alla violenza psicologica, possono causare danni profondi in
una personalità già resa fragile dall’insicurezza. Attraverso La rivelazione
del gelso, vuoi porre l’attenzione su questa tematica?
Sì, effettivamente ci tenevo a far riflettere su questa
tematica. Evaldo usa di più la violenza verbale, anche se in qualche occasione
non disdegna quella fisica.
Io
credo che la violenza fisica e quella verbale possano essere considerate alla
pari in termini di conseguenze psicologiche. Nella
violenza verbale le parole sanno essere come lame di coltelli, capaci di ferire
l’autostima di colui che le riceve, rendendolo ancora più fragile di quanto già
non lo sia. Evaldo, con la violenza verbale, vuole mostrarsi superiore al resto
della famiglia e cerca di mantenere il controllo su Raffaello ma leggendo il
libro pagina dopo pagina, si comprende appieno la personalità complessa di
questo padre despota e cosa lo spinga a restare sulle proprie posizioni.
Raffaello
deve fare i conti anche con il passato. Quanto i traumi non risolti
influenzano
la sua personalità?
La influenzano moltissimo. Raffaello, nonostante le
vicissitudini del passato, è riuscito ad essere se stesso e a realizzarsi nella
vita. Ha un lavoro che gli piace, un compagno al quale vuole bene, ma il
rapporto con il padre è una cicatrice mai sanata. Raffaello è inquieto, soffre
di crisi di panico. Un uomo che crede in Dio, che ha una propria spiritualità,
ma nutre un sordo rancore per il genitore e non riesce a perdonarlo. Non a caso
inserisco nel romanzo il tema del perdono. Nella vita accadono situazioni
talmente terribili che perdonare è quasi impossibile, ma io credo che il
perdono sia necessario non solo a chi lo riceve ma anche a chi lo concede. Il
perdono ci rende liberi dall’odio, dalla vendetta e ci conduce verso “la vetta”
dell’amore. La strada è ripida e faticosa ma vale la pena percorrerla, almeno
provarci.
Un
padre violento e autoritario e una madre troppo debole per tenergli testa. La
famiglia,
quando non è di supporto, può diventare un luogo tossico?
Quando penso alla mia infanzia, alla mia adolescenza,
alla mia attuale famiglia che ho costruito, mi rendo conto di essere stata
fortunata nell’emisfero affettivo. Non sempre è così. La famiglia può essere
luce ma anche oscurità. Sì… può
diventare un luogo tossico. Ho ascoltato testimonianze dove le famiglie erano
diventate delle prigioni per ragazzi e ragazze non compresi, che volevano essere
accettati per quello che erano. Essere genitore è il più difficile dei lavori.
Capisco un genitore che inizialmente resta spiazzato quando comprende che il
proprio figlio o figlia hanno un orientamento sessuale diverso da ciò che si
aspetta. Tuttavia la cosa più importante è la serenità dei figli e quindi bisogna
supportarli, accettarli e, se da soli non si riesce, si può chiedere aiuto a
figure competenti. L’amore è il sentimento più forte che va oltre la paura e
l’ignoranza.
Progetti
per il futuro?
Attualmente mi sto dedicando alla poesia. Il
prossimo libro sarà di componimenti poetici. Sono a buon punto con il nuovo
lavoro ma ho i miei tempi. La fretta è una cattiva consigliera. Tengo tantissimo
a questa nuova silloge poetica, la sto curando in modo scrupoloso.
Ti ringrazio veramente tanto per questa intervista e
in futuro avrei tanto piacere di chiacchierare di nuovo con te… magari del
nuovo libro che prima o poi pubblicherò. Grazie ancora.
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