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martedì 29 maggio 2018

La Grande Guerra; Mark Thompson La guerra bianca


Mark Thompson
LA GUERRA BIANCA,
Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919

Pubblicato in Gran Bretagna nel 2008, si tratta di un saggio dedicato alla prima guerra mondiale sul fronte italiano, la cosiddetta “guerra bianca”, combattuta sulle Alpi innevate, nelle valli, lungo i fiumi Isonzo e Piave e sul Carso. Una ricostruzione degli eventi bellici approfondita, fino alla rotta di Caporetto la resistenza sul Piave e la battaglia di Vittorio Veneto. Da segnalare l’ottima descrizione delle condizioni politico-sociali da cui la guerra fu determinata e caratterizzata. Un’analisi sulla letteratura di guerra, con accenni alle esperienze di Giuseppe Ungaretti, Scipio Slataper e Gabriele D’Annunzio, sulla retorica e l’autocensura del giornalismo nazionale, e sulle concezioni tattiche del generale Luigi Cadorna, imperniate sulla sciagurata pratica dell’attacco frontale. Un racconto globale della prima guerra mondiale sul fronte italiano, dalle radici del conflitto alla sua conduzione, dai generali alla vita quotidiana del soldato, all’inquieto dopoguerra. 

"Un estratto dal libro"

Il 29 giugno una miscela di gas a base di cloro e fosgene venne liberata sopra la linea italiana. Dopo una notte tempestosa, il vento era cessato poco prima dell’alba e gli austriaci avevano pensato di interrompere l’operazione. Poi si era levato un debole vento di sudest e vennero aperte le tremila bombole. Nubi di gas bianco sporco discesero verso gli italiani perplessi, prima facendo appassire le foglie e l’erba e poi soffocando le vedette e i soldati in prima linea. Gli uomini cadevano in ginocchio, con gemiti strozzati, gli occhi vitrei, la schiuma alla bocca, e morivano stringendosi convulsamente lo stomaco con le mani. Le loro primitive maschere antigas, fatte di strati di garza imbevuti in una soluzione alcalina e occhiali protettivi, erano state distribuite non molto tempo prima ma molti soldati, ritenendo superflua la precauzione, le avevano perdute o danneggiate. Nelle seconde linee, gli uomini si guardarono intorno in preda al panico alla ricerca delle loro maschere, non sapendo che erano inutili contro il fosgene. Circa duemila uomini delle brigate Brescia e Ferrara morirono a causa di quell’attacco e altri cinquemila rimasero intossicati. Eppure, come i tedeschi a Ypres nell’aprile del 1915, quando erano stati utilizzati per la prima volta i gas, gli austriaci erano troppo spaventati dalla loro stessa arma per cogliere l’opportunità da essa creata (e a ragione: ebbero quaranta morti e duecentododici feriti a causa del gas). Avevano guadagnato un po’ di tempo senza migliorare la loro posizione strategica; alla fine di quel giorno gli italiani avevano già ripreso il terreno perduto la mattina. I superstiti e le squadre dei soccorsi rimasero sconvolti alla vista degli uomini morti ai loro posti di combattimento, colti alla sprovvista e tanto rapidamente da non aver nemmeno tentato di scappare. Il caporale Valentino Righetti (19° Fanteria, Brigata Brescia) era tra quelli che erano stati inviati su per la collina verso la sera del 29: si era chiesto come mai la sua unità facesse ritorno in prima linea appena un giorno dopo averla lasciata. Mentre raggiungeva la sua trincea, col favore delle tenebre, era rimasto perplesso a trovarla piena di soldati. Il silenzio era completo: dovevano essere tutti addormentati. E stavano ancora dormendo alla prima luce del giorno. Scrollò così l’uomo al suo fianco: “Era morto! Erano morti tutti. Avevano gli occhi fuori dalle orbite, la bava alla bocca.” Le stellette e le parti metalliche dei fucili erano verdi. L’orrore crebbe quando furono scoperte delle mazze ferrate nelle trincee. Erano state usate per finire le vittime dei gas.
p. 187

Descrizione
Agli albori del 1915 l’Italia è una nazione ancora da forgiare: non c’è una lingua, non c’è un sentimento comune. Gli italiani devono temprarsi in una solida unità nazionale. La soluzione è la guerra, la fucina il campo di battaglia. A pagarne il prezzo saranno i giovani costretti in un fronte che corre per seicento chilometri, dalle Dolomiti all’Adriatico. Combatteranno in un biancore di pietre e di neve che dura tutto l’anno, saranno uniti nella paura e nell’angoscia, uccideranno. Nel 1919 chi alla patria aveva dato tutto si lascia conquistare dalla «trincerocrazia» di Mussolini e dall’idea che la Grande guerra costituisca il fondamento della nazione. Si prepara così la scena per l’avvento del fascismo. Valorizzando fonti come i diari dell’epoca e le interviste ai veterani, lo storico inglese Mark Thompson con La guerra bianca restituisce il pathos degli assalti alle trincee, ripercorre con sobrietà e precisione l’epica del fronte italiano, mette a nudo la foga nazionalistica e gli intrighi politici che hanno preceduto il conflitto.




Mark Thompson letterato e storico, vive e lavora a Oxford. Ha collaborato a lungo con l’Onu nei Balcani. È traduttore dall’italiano di Umberto Saba e Claudio Magris.





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