Che uomini erano quelli. Riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza
della fede. Con l’efficacia di una formula: ora et labora. Lo fecero
nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la
caduta dell’Impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria,
non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Li
cristianizzarono e li resero europei con la sola forza dell’esempio.
Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio
devastato e in preda all’abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei
formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione. Sono i discepoli di
Benedetto da Norcia, il santo protettore d’Europa. Paolo Rumiz li ha
cercati nelle abbazie, dall’Atlantico fino alle sponde del Danubio.
Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le
abitano vivono secondo una Regola più che mai valida oggi, in un momento
in cui i seminatori di zizzania cercano di fare a pezzi l’utopia dei
padri: quelle nere tonache ci dicono che l’Europa è, prima di tutto, uno
spazio millenario di migrazioni. Una terra “lavorata”, dove – a
differenza dell’Asia o dell’Africa – è quasi impossibile distinguere fra
l’opera della natura e quella dell’uomo. Una terra benedetta che
sarebbe insensato blindare. E da dove se non dall’Appennino, un mondo
duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva
venire questa portentosa spinta alla ricostruzione dell’Europa? Quanto
c’è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal
materialismo? Sapremo risollevarci senza bisogno di altre guerre e
catastrofi? All’urgenza di questi interrogativi Rumiz cerca una risposta
nei luoghi e tra le persone che continuano a tenere il filo dei valori
perduti, in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore.
Con “Il filo infinito. Viaggio alle radici d’ Europa” Rumiz, dopo i
viaggi di Annibale, “Ritorno sui monti naviganti”, “Le dimore del
vento”, aggiunge un altro tassello a quei viaggi “compiuti a passo lento
e velocità sostenibile”. Questa volta alla scoperta delle origini
cristiane dell’Europa, tra monaci e monasteri benedettini.
Se la risonanza – secondo Rumiz – è “l’approccio principale al
sacro”, la musica non poteva mancare in questo viaggio alla volta
dell’Europa. E infatti a contrappuntare l’affascinante narrazione dello
scrittore ci ha pensato la polistrumentista Maddelena Scagnelli,
accompagnata dal suo gruppo di giovani e talentuosi musiscisti del
gruppo “Enerbia”.
Voci e pochi strumenti a corda o a percussionei in brani che spaziano
tra il sacro e il profano, con al centro il tema rosa. Non a caso sulla
copertina del libro spicca l’immagine della Sacra di S. Michele, uno
dei modelli del none della rosa di Umberto Eco.
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