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lunedì 13 maggio 2019

Salone del libro; Jovanotti


Uno dei personaggi più attesi del Salone del libro è stato sicuramente Jovanotti. Presente non solo come una delle maggiori pop star italiane, ma anche come famelico lettore. Ad intervistarlo, in una sala Oro gremita di pubblico, è stato Gaetano Meacci.
Un lungo discorso il loro, un dialogo amichevole incentrato sulle passioni del cantautore, libri, poesia e, naturalmente, musica.

Per Jovanotti la musica è un universo separato da quello della poesia. “Per me le canzoni restano delle canzoni, non credo che la musica sia poesia. Nella canzone il testo si fonde con la musica. Quando mi capita di trovare su delle riviste i miei testi non li leggo mai, perché i testi delle canzoni senza musica sono imbarazzanti. Certo, ci sono delle eccezioni, come Fabrizio De André, dove le parole raggiungono livelli altissimi, ma sono casi anomali. Nel mio caso cerco di comporre canzoni pop cercando di non essere enfatico ma leggero”.
Continua poi a raccontarsi “La mia voglia di scrivere canzoni è infinita; probabilmente lo scopo principale di ogni mia giornata. Per me è come una fede, sento la forza della canzone, la sento staccarsi da me e diventare qualcosa di più forte di me. Non è semplice comporre, bisogna fare il triplo dello sforzo per scrivere, cercare di sentire le cose come le sentono gli altri, ma nello stesso tempo sentirle come le senti solo tu. Amo la vita, voglio rimanerle attaccato, perché è l’unica cosa che mi interessa”.
Oltre alla musica Jovanotti, da buon lettore eclettico, ma dalle idee chiare, dice di non fidarsi nei consigli letterari: “Non si possono consigliare libri, perché sono come le fidanzate e non si consigliano le fidanzate”.
Fra i suoi autori preferiti figurano Conrad, soprattutto Cuore di tenebra, ma anche molta della letteratura sudamericana e spagnola, fra cui Julio Cortazàr.
Non sono mancati anche aneddoti: “Parlando con un amico esperto di cinema gli ho detto che mi piace Quentin Tarantino, lui, allora, mi ha consigliato di leggere Ariosto. Ho comprato l’Orlando Furioso e ho capito la grande intuizione di Ariosto, la sua è una lingua viva, capace di creare un movimento continuo che esce anche dalle pagine. Io seguo le cose che brillano, non le cose morte, e nell’Orlando Furioso tutto è eccitante”.
Continua poi a legare la letteratura alla vita, le emozioni e il movimento. Leggere è una fatica ricompensata ampiamente: “All’inizio i libri ti costringono a una fatica, ma subito dopo ti ripagano con una bellezza inaspettata, con qualcosa che non sapevi. Io non cerco certezze nella lettura, ma cerco cose che non so”.
        

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