Esperienze come la
guerra lasciano delle cicatrici indelebili, la letteratura, il più delle volte,
si assume l’onere di non far dimenticare questi segni raccontandoli ai posteri.
Uno dei più grandi scrittori italiani nonché una delle penne più importanti
nell’Italia del dopoguerra è stato Mario Rigoni Stern.
Sergente durante
la seconda guerra mondiale, è stato uno scrittore atipico e originale,
difficile inquadrarlo in un reciso filone letterario. Narratore d’istinto, ha
saputo raccontare, da testimone, uno dei periodi più difficili dell’umanità.
Il Sergente nella
neve, è stato uno dei suoi romanzi più celebre. Con spirito critico racconta
della campagna di Russia che, accolta inizialmente come una impresa epica, si è
tramutata ben presto in una madornale errore costato la vita a centinaia di
giovani soldati. Così, l’autore, scrive nel romanzo: “I russi erano dalla parte
della ragione, e combattevano convinti di difendere la loro terra, le loro
famiglie. I tedeschi, dall’altra parte, erano convinti di combattere per il
grande Reich. Noi non si combatteva né per Mussolini, né per il Re, si cercava
di salvare la nostra vita”.
La disfatta del
regio esercito segnò profondamente la sua vita e non appena tornato in Italia
si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, arrestato fu deportato in un lager
da cui uscirà quando l’Armata Rossa metterà in fuga i tedeschi. Il rientro in
patria è per Stern una lunga camminata valicando le Alpi dopo due lunghi anni
di internamento.
A guerra
terminata, riprese una delle sue grandi passioni, la letteratura, nel 1953
viene pubblicato il suo capolavoro: Il sergente sula neve. Iniziando così una
lunga serie di riconoscimenti fra cui la candidatura al premio Nobel. Nel 2003
venne proposto come senatore a vita, incarico che rifiutò dicendo: “Non
abbandonerò mai il mio paese, le mie montagne per uno scranno in Parlamento.
Non è il mio posto”.
Nato ad Asiago il 1
novembre 1921 è sempre rimasto legato al paese natio. Il padre e la madre
commerciavano in prodotti delle malghe alpine, pezze di lino, lana e manufatti
in legno della comunità dell'Altipiano, la stessa comunità montana che si
ritrova frequentemente nelle sue opere.
Prima della guerra frequenta
la scuola di avviamento al lavoro e, per guadagnare qualche lira, svolge
mansioni di garzone nel negozio dei genitori. Nel 1938 si arruola volontario
alla scuola militare d'alpinismo di Aosta e nel settembre del 1939, mentre è in
licenza, deve rientrare improvvisamente al reparto: in quel momento, racconterà
lo stesso Rigoni Stern, capisce che ciò che sta accadendo cambierà per sempre
anche la sua vita. Nel conflitto è dislocato prima sul fronte occidentale poi
su quello albanese (esperienza raccontata in "Quota Albania"), e successivamente
in quello russo. In questo frangente Rigoni Stern ha modo di sperimentare le
più dure esperienze umane, da quelle della ritirata e dell'abbandono dei
compagni stremati nella neve a quello della deportazione nei lager quando
incappa in una pattuglia tedesca. Fortunatamente il 9 maggio 1945, dopo due
anni di lager, riesce a tornare in Italia. Gli risulta difficile reinserirsi
nella vita civile, difficile reagire all'apatia che lo attanaglia. Di questa
profonda prostrazione ne abbiamo testimonianza nel doloroso e insieme delicato
breve racconto "La scure" (inserito in "Ritorno sul Don",
1973), pagine fra l'altro dedicate a Primo Levi.
Assunto come impiegato al
catasto di Asiago, lascerà trascorrere anni prima di riprendere gli appunti scritti
su fogli volanti e abbandonati in un angolo della casa, per farne "Il
sergente nella neve" pubblicato su indicazione di Elio Vittorini,
conosciuto da Rigoni Stern nel 1951. Sul finire degli anni '60 scrive invece il
soggetto e collabora alla sceneggiatura de "I recuperanti", film
girato da Ermanno Olmi sulle vicende delle genti di Asiago all'indomani della
Grande guerra.
Nel 1970, lasciato il lavoro,
comincia a pubblicare opere narrative con regolarità e ad iniziare una
collaborazione con La Stampa sulle pagine culturali e sull'inserto settimanale
del quotidiano torinese, oltre a dedicarsi a letture e studi storici che gli
consentiranno di curare un importante volume, "1915/18 La guerra sugli
Altipiani. Testimonianze di soldati al fronte", un'antologia commentata di
testi sul primo conflitto mondiale. Dopo l'esordio del Sergente nella neve, vi
saranno dieci anni di silenzio, in seguito dei quali arrivano i racconti naturalistici,
quando nel 1962 pubblica "Il bosco degli urogalli".
Dagli anni '70 la sua attività letteraria si
intensifica: molti suoi testi di varia forma e dimensione vedono la luce,
sempre accolti in maniera entusiasta da pubblico e critica.
Nel 2000, insieme all'allora Presidente della Repubblica
Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha curato il già ricordato volume:
"1915-1918 La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di Soldati al
fronte".
Muore a causa di un tumore al cervello il giorno 17
giugno 2008.
Di lui Mauro Corona, ha detto:
Mario Rigoni
Stern era uno di questi "larici", in questo mondo di fretta, in
questa società dove non c'è più tempo libero per sé stessi, non c'è più niente,
solo una corsa frenetica, uno spreco di cose, uno spreco di oggetti, senza più
equilibri: c'è chi ha troppo, c'è chi ha nulla; lui era l'equilibrio. Rigoni
Stern era come la pietà di Michelangelo: io non l'ho mai vista, ma sapere che
c'è mi allieta i giorni. Ecco, Rigoni Stern era questo, era l'equilibrio
faticoso e duro che ha vissuto lui, ma sereno, di una certa serenità se si
toglie la guerra.
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