Gli Amici potranno inviare le loro proposte entro le ore 12 di venerdì 7 marzo 2019, ecco l'ottava quartina:
«Io ho paura mostra la capacità dell’autore di esprimere e
analizzare un sentimento universale e connaturato all’uomo attraverso un
approccio personale e unico. Il suo punto di vista è quello di un
intellettuale che usa gli strumenti del pensiero e della cultura
nell’impossibile tentativo di controllare l’ignoto. La paura evocata da
Perrella è fisica e metafisica: emerge dai flutti del mare durante una
nuotata, si annida nel buio che si profila all’improvviso minacciando di
ingoiare l’esistente, o scaturisce da una minaccia alla propria
integrità fisica. Ma esiste anche una paura fabbricata artificialmente,
«globalizzata e pulviscolare», capace di esercitare una dittatura su
grande scala. Per Perrella la paura può essere analizzata, narrata ma
mai definitivamente esorcizzata perché elemento fondante della
sensibilità. La bellezza e il nitore della scrittura di Perrella nascono
anche dal misurarsi con la paura, che influenza e modella il suo
sentire. Il libro attinge con libertà e sapienza alle forme del romanzo e
del saggio senza optare per un genere in particolare, ma appartiene
chiaramente a una dimensione narrativa il cui tessuto poroso è capace di
assorbire citazioni letterarie, osservazioni critiche, riferimenti
artistici senza che essi interrompano mai il fluire di un racconto
raffinato e perturbante.»
Silvio Perrella si è occupato della tradizione del Novecento letterario italiano, vista
come un insieme di costellazioni. In questo senso ha scritto alcune
introduzioni a libri da lui curati, i Sillabari di Goffredo Parise, Anna e Bruno di Romano Bilenchi e L’aria della sera di Silvio D’Arzo. Ha inoltre allestito e introdotto un’antologia di saggi di George Orwell (Il ventre della balena) e riedito Il critico come artista
di Oscar Wilde. Collabora a varie riviste e quotidiani e fa il
consulente editoriale. Ha vinto il premio Bilenchi per la saggistica.
Vive e lavora a Napoli. E’ autore di Calvino (Laterza, 1999), di Fino a Salgareda. La scrittura nomade di Goffredo Parise (Rizzoli, 2003) e di Giùnapoli (Neri Pozza, 2006). Nel 2015 pubblica con Rizzoli un libro fotografico su Napoli, intitolandolo Doppio scatto.
Ha curato e introdotto il Meridiano Mondadori dedicato a Raffaele La Capria.
Dirige la rivista mediterranea Mesogea. Collabora prevalentemente a L’Indice e a Il Mattino. È professore a contratto dell’Università “Orientale” di Napoli e vicepresidente della Fondazione Premio Napoli.
Vive e lavora a Napoli. E’ autore di Calvino (Laterza, 1999), di Fino a Salgareda. La scrittura nomade di Goffredo Parise (Rizzoli, 2003) e di Giùnapoli (Neri Pozza, 2006). Nel 2015 pubblica con Rizzoli un libro fotografico su Napoli, intitolandolo Doppio scatto.
Ha curato e introdotto il Meridiano Mondadori dedicato a Raffaele La Capria.
Dirige la rivista mediterranea Mesogea. Collabora prevalentemente a L’Indice e a Il Mattino. È professore a contratto dell’Università “Orientale” di Napoli e vicepresidente della Fondazione Premio Napoli.
«Un giorno verrà racconta di un piccolo paese, di una
famiglia, di alcune persone che si dibattono tra l’ingiustizia della
loro esistenza e la voglia di riscatto. Per costruire il contesto,
l’autrice sceglie una via non facile. Decide di posare lo sguardo su un
numero non indifferente di personaggi, sulle diverse attività
lavorative, sulle differenti dimore del paese. Vi troviamo il panificatore, i contadini, i ciabattini, gli
animali, le case dei ricchi e quelle dei poveri. Troviamo i bordelli e i
posti di polizia, troviamo le chiese, i cimiteri e i conventi. Troviamo
inoltre la natura, come era logico che fosse in quei luoghi ricchi ma abitati da poveri, in un periodo in cui il possesso della terra era ancora elemento di esercizio del potere. Tre figure attraversano quei luoghi e entrano in relazione con i personaggi. Sono Lupo, Nella e Nicola. Lupo, bambino nudo e sporco che appena nato piangeva
sempre. Nicola, poca energia, bambino silenzioso quasi trasparente,
ragazzo di mollica. Nella, giovane bellezza rinascimentale, schietta,
morbida, dalla voce sgraziata e dialettale. Tre fanciulli, tre
adolescenti, tre esseri umani adulti. La vita di tutti si muove intorno a
due “monumenti” due “fari” e punti di riferimento, immobili nella loro
solennità eppure così capaci di azione. Sono Giuseppe, anziano anarchico
rispettato e ascoltato non solo dai Ceresa, la propria famiglia in cui
è nonno, e suor Clara, una donna nera, a dispetto del nome, misteriosa,
forte di carattere, fino a trovare seguito nella sua disobbedienza alla
gerarchia ecclesiastica e autorevole fino a essere capace di guidare
molto più di un convento ma, per certi aspetti, un intero paese. La capacità di
Giulia Caminito è nel sapersi muovere seguendo sempre un filo chiaro:
quello che divide i giusti dagli ingiusti, i poveri dai ricchi, i
diseredati dai padroni, gli sfruttati dagli sfruttatori, il potere
maschile dalla vita delle donne. Tutti devo lottare, chi per
sopravvivere, chi per emanciparsi , chi perché vuole un futuro migliore e
sogna un mondo più giusto. Queste anime dolenti e combattenti incontrano
la Storia: i moti della Settimana Rossa, l’avvento del Socialismo, la
Prima Guerra Mondiale, l’epidemia dell’influenza spagnola fino agli anni
bui del Fascismo. Ma i legami tra gli esseri umani sono quelli che
concludono questa narrazione in pagine spesso commoventi che oltre al
senso della storia ci restituiscono il senso profondo della vita.»
Giulia Caminito è laureata in Filosofia politica.
Suo padre è
originario di Asmara, sua nonna e suo nonno si sono conosciuti ad Assab,
la sua bisnonna fu guidatrice di camion, contrabbandiera di alcolici e
personalità vivace della comunità italiana d’Etiopia ed Eritrea. “La
Grande A”, il suo romanzo d’esordio, è dedicato all’avventurosa vita
della bisnonna e ha avuto numerosi riconoscimenti, il premio Bagutta
Opera Prima, il premio Berto e il Premio Brancati Giovani. Ha scritto il
suo primo libro per bambini La ballerina e il marinaio (Orecchio Acerbo 2018).
«Una gatta che racconta le vicende letterarie della propria padrona,
mentre quasi in secondo piano, quasi in un controcanto/contrappunto,
racconta la storia della propria vita. Suggestivo il rovesciamento di
ruoli e punti di vista: non un umano che racconta la storia di un
animale, ma un animale che racconta la storia di un umano, un’umana, in
questo caso – e della corte dei miracoli che l’accompagna in questa
sorta di romanzo di formazione letteraria, leggero ed effervescente. Il
libro ha come nucleo narrativo le tragicomiche vicende che portano alla
pubblicazione del romanzo d’esordio della padroncina (chiamata
alternativamente anche mamma), che alla fine decide di reinventarsi
anche come editore, sobbarcandosi tutti i compiti più o meno ingrati che
all’editore incombono. Divertente e illuminante l’epos promozionale del
libro: presentazioni senza pubblico, manifesti pubblicitari strappati,
vane ricerche di protezioni letterarie in alto, burocrazie kafkiane, che
alla fine indurranno la padroncina-mamma-autrice-editrice a imboccare
malinconicamente e teatralmente la via dell’esilio in terra germanica,
auspice Thomas Mann e il capitano d’industria del suo ultimo romanzo,
Felix Krull, col cui nome la padroncina-mamma-autrice battezza la sua
fantasmatica casa editrice. Lungo l’odissea editoriale della donna
scorrono le tappe memorande della storia felina della gatta-autrice –
l’adozione, l’arrivo del fratellino, le due case nell’incanto della
terra toscana, l’uccisione del fratellino, la fuga (fortunatamente
provvisoria) dei padroncini, i viaggi e alla fine la sistemazione
definitiva. Il tutto narrato con grande garbo e con quella coloritura
profondamente femminile che accomuna fin dalle prime pagine l’autrice
narrata e l’autrice narrante. Al di là della trovata paradossale e
surreale – un felino scrivente – è facile intravedere nella
gatta-autrice il doppio dell’autrice-padroncina. Sdoppiamento che
permette a Lodovica San Guedoro di raccontare le proprie disavventure,
senza rispamiare una sorridente ferocia al bel mondo, alla cultura
consacrata, ai grandi editori, ai media onnipotenti»
«Scurati racconta con dedizione e ostinazione la nascita del fascismo
in Italia, non tralasciando nessun dettaglio decisivo alla comprensione
della nostra Storia, attenendosi ai fatti documentati e appassionando i
lettori per pagine e pagine, come hanno dimostrato le reazioni fin dal
primo giorno della sua comparsa nelle librerie. Il racconto corale, con
al centro la figura di Benito Mussolini, compie il miracolo di farci
comprendere come i fatti prendano consistenza e poi potenza in pochi
anni, con la complicità dell’indifferenza e della superficialità di un
intero popolo. Nonostante quest’anno tra i candidati al premio Strega
siano presenti libri e autori che apprezzo, propongo M. di
Antonio Scurati perché è un evento nella letteratura italiana, uno dei
romanzi importanti dei nostri anni, che merita per questo non solo di
partecipare al Premio Strega ma di vincerlo.»
Antonio Scurati, ricercatore allo IULM di Milano, coordina il Centro studi sui linguaggi
della guerra e della violenza e insegna all'Università di Bergamo Teorie
e tecniche del linguaggio televisivo.
Editorialista della «Stampa» è anche columnist di «Internazionale».
Nel 2005 ha vinto il Campiello con il romanzo Il sopravvissuto. Nel 2011 pubblica La seconda Mezzanotte e nel 2013 Il padre infedele. Nel 2015 arriva tra i finalisti al Campiello con Il tempo migliore della nostra vita, edito come sempre da Bompiani. Nel 2018 esce M. Il figlio del secolo, un romanzo sul fascismo raccontato attraverso Benito Mussolini.
I suoi libri sono stati tradotti in varie lingue.
Editorialista della «Stampa» è anche columnist di «Internazionale».
Nel 2005 ha vinto il Campiello con il romanzo Il sopravvissuto. Nel 2011 pubblica La seconda Mezzanotte e nel 2013 Il padre infedele. Nel 2015 arriva tra i finalisti al Campiello con Il tempo migliore della nostra vita, edito come sempre da Bompiani. Nel 2018 esce M. Il figlio del secolo, un romanzo sul fascismo raccontato attraverso Benito Mussolini.
I suoi libri sono stati tradotti in varie lingue.
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