Nell’ambito
della 4ª edizione del Festival della Cultura città di Arcore, Nando
Dalla Chiesa, professore ordinario di Sociologia della criminalità
organizzata alla facoltà di Scienze politiche dell’Università statale di
Milano, ha presentato il suo ultimo libro Per fortuna faccio il prof!
Uno scritto
che vuole essere: “La dichiarazione d’amore di un professore per
l’università, luogo di bellezza e di cultura, di libertà e di servizio, di
fatica che cambia il mondo”.
E proprio con questo spirito l’autore ha iniziato la
presentazione, elogiando la gioia che si prova nel trarre dal proprio lavoro
quelle soddisfazioni legate dallo stare a stretto contatto con i giovani.
Questo libro, infatti, fa da contraltare allo stereotipo che vuole i giovani
come un branco di svogliati individualisti privi di valori.
Attraverso una
disamina sullo stato attuale dell’università, per nulla positivo per ciò che
riguarda il perenne problema della carenza di investimenti, la mancanza di un
turnover, per cinque docenti pensionati ne viene assunto uno, l’autore si
dimostra ottimista affermando che anche con poco si può fare molto.
L’università, infatti, negli ultimi anni si è fatta ancor più esigente,
offrendo una grande occasione per costruire delle realtà valide nei giovani.
Facendo una comparazione fra il mondo politico istituzionale e l’università,
Dalla Chiesa predilige senza dubbio il mondo accademico, in quanto offre la
possibilità di lavorare proprio con i giovani, la classe dirigente del futuro.
Giovani pronti a mettersi in gioco, a rivedere i proprio orientamenti perché la
conoscenza produce voglia di fare. Molti, infatti, gli esempi di studenti che
si mobilitano per la società civile, creando siti, associazioni, movimenti
culturali. Un mondo del tutto diverso da quello delle aule parlamentari in cui,
ribadisce l’autore, più volte ha provato la sensazione di parlare ad auditori
per nulla interessati, dove le sue parole entravano da un orecchio per uscirne
dall’altro.
Quella di
Scienze politiche, spiega l’autore, è una facoltà che non subisce l’influenza
di fattori legati a fatti di cronaca o periodi storici, citando l’esempio
legato agli anni novanta con la strage di Capaci e via d’Amelio o tangentopoli,
che portarono a un aumento esponenziale di iscrizioni ai corsi di giurisprudenza,
gli studenti che frequentano il suo corso, come emerge dai questionari
compilati all’inizio del corso, sono spinti da curiosità, voglia di
approfondire un tema spinoso come quelle sulle mafie. Solo con il tempo si
sviluppano in loro le vere attitudini, fra docente e studenti nascono dei
rapporti delicati fondati sulla fiducia reciproca, in cui l’insegnate cerca di
valorizzare quello straordinario patrimonio umano che i giovani posseggono. In
loro, testimonia sempre il docente, è spiccata la coscienza civile, la voglia
di contrastare mafia e corruzione, studiano con dedizione e generosità, tanto
da presentarsi agli esami con più libri di quelli richiesti o prestare il
proprio tempo in campo associazionistico senza nemmeno richiedere i crediti
universitari. Studenti che il più delle volte lavorano per mantenersi agli
studi, cita l’esempio di una studentessa che si adoperava in tre diverse
occupazioni: la mattina aiutava nella mungiture delle vacche, per poi lavorare
come cameriera e infine come commessa in una sala giochi di Milano. Un caleidoscopio
di personalità che, attraverso l’università, imparano a conoscere una vita più
alta.
Ed è con
giustificato orgoglio che Dalla Chiesa illustra la sua ‘creatura’: L’università
itinerante, un’esperienza didattica totalmente diversa da quelle che si vivono
nelle aule accademiche. Si tratta di un viaggio di gruppo che si volge in
luoghi dove vi sia della ‘legalità difficile’, stando a contatto con la realtà
si ha la possibilità di raccogliere e
analizzare dati, testimonianze, tenere seminari. Un vero e proprio tirocinio
sul campo.
Un libro, quindi, dedicato a quei giovani che hanno la forza e la
volontà di cambiare il mondo, studenti che negli anni hanno fatto carriera e
che oggi, spiega soddisfatto Dalla Chiesa, ritrova in comuni, istituzioni e
persino come docenti in atenei esteri dove insegnano l’antimafia.
Descrizione
Questo non è
un libro di denuncia dei mali dell’università. Non è un’accusa contro lo Stato
che non investe nella ricerca. E nemmeno deplorazione delle distanze tra
strutture e tecnologie dei nostri atenei d’eccellenza e quelle dei maggiori
atenei stranieri. È invece un libro che canta la bellezza dell’insegnare e del
vivere in università, racconta il piacere delle sfide culturali, la meraviglia
dell’incontro con le generazioni più giovani, la scoperta di realtà e
sentimenti sempre nuovi, la ricchezza nascosta dei percorsi collettivi. È un
libro che dimostra che il nostro sguardo serve non solo a vedere le cose ma
anche a farle nascere e che la cultura scientifica può farsi cultura civile e
propagarsi come incendio nella prateria.
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