Premio Campiello 2018, ecco la cinquina dei finalisti.
Sono
Helena Janeczek con «La Ragazza con la Leica» (Guanda), biografia della
compagna del fotografo Robert Capa, Gerda Taro (la scrittrice, di Monaco di
Baviera, vive da trent’anni in Italia); Francesco Targhetta, finalista con «Le
vite potenziali» (Mondadori); Davide Orecchio con «Mio padre la rivoluzione»
(Minimum Fax); Ermanno Cavazzoni con «La galassia dei dementi» (La Nave di
Teseo); Rossella Postorino con «Le assaggiatrici» (Feltrinelli), i magnifici
cinque che si contendono l’ambito riconoscimento il 15 settembre a Venezia. Il
vincitore della 56^ edizione, sarà proclamato sabato 15 settembre sul palco del
Teatro La Fenice, selezionato dalla votazione della Giuria dei Trecento Lettori
anonimi. I Giurati vengono selezionati su tutto il territorio nazionale in base
alle categorie sociali e professionali, cambiano ogni anno e i loro nomi
rimangono segreti fino alla serata finale.
Nel
corso di una votazione pubblica nell’Aula Magna G. Galilei di Palazzo Bo,
Università degli Studi di Padova, la Giuria dei Letterati ha votato tra
gli oltre 250 libri giunti alla segreteria del premio.
I
cinque libri più votati sono:
La ragazza con la Leica (Guanda)
di Helena Janeczek con 9 voti
La Galassia dei dementi
(La Nave di Teseo) di Ermanno Cavazzoni con 6 voti
Mio padre la rivoluzione (Minimum
Fax) di Davide Orecchio con 6 voti
Le vite potenziali (Mondadori)
di Francesco Targhetta con 6 voti
Le assaggiatrici (Feltrinelli)
di Rosella Postorino con 6 voti
Durante
la selezione la Giuria ha inoltre annunciato il vincitore del Premio Campiello Opera
Prima, riconoscimento attribuito dal 2004 ad un autore al suo
esordio letterario. Il premio è stato assegnato a Valerio Valentini per
il romanzo Gli 80 di Campo-Rammaglia (Editori Laterza).
Lorenzo Tomasin, docente
di Filologia romanza all’Università di Losanna, prima della votazione della
Giuria, ha tenuto un intervento per tracciare in quadro dell’annata letteraria
appena trascorsa. Un resoconto, il suo, che ha messo in evidenza alcune
oggettive critiche sull’odierno sistema editoriale. “Assistiamo”, ha detto lo
studioso, “a una produzione compulsiva da parte delle case editrici, alla quale
corrisponde poche volte una qualità adeguata. Per parte sua, anche la critica
letteraria sembra essere entrata in una crisi profonda, rendendosi incapace di
indicare precisi valore letterari. In molte delle produzioni attuale emerge la
mancanza di uno stile. L’italiano che ci ritroviamo a leggere in molti romanzi
è una lingua più editoriale che letteraria: un italiano mediocre, standard,
incolore, insapore, inodore, quindi monotono. In pratica una lingua da scuola
di scrittura, per libri dove c’è più attenzione alla trama che allo stile. Dove
appare scarsa la capacità della narrativa italiana attuale di descrivere e
approfondire quegli spazi inesplorati del reale attraverso uno sguardo inedito”.
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