di Pierangelo Colombo

martedì 24 aprile 2018

Incontro con l'autrice; La poetessa Ester Cecere


  Ester Cecere è nata a Taranto il 30/4/1958, dove vive e lavora come ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche occupandosi di biologia marina. E' sposata e ha due figli. 
E’ autrice di cinque libri di poesia:
- “Burrasche e Brezze” che è la sua opera d’esordio in campo letterario (Il Filo, Roma, 2010) 
- “Come foglie in autunno” con prefazione di Ninnj Di Stefano Busà (Ed. Tracce, Pescara, 2012)
- “Fragile. Maneggiare con cura” con prefazione di Nazario Pardini (Kairòs Ed., Napoli, 2014)
- “Con l’India negli occhi, con l’India nel cuore” (WIP Ed., Bari, 2016)
- “Non vedo, non sento e…” con prefazione di  Marina Pratici (WIP Ed., Bari, 2017)
e  di una raccolta di racconti
- “Istantanee di vita” (Kairòs Ed., Napoli, 2015) che è la sua opera d’esordio in narrativa.
Le sue pubblicazioni hanno figurato nelle maggiori rassegne librarie nazionali (Salone Internazionale del Libro di Torino, Tempo di Libri a Milano, Fiera del Libro di Firenze, ecc.) e sono state presentate nelle più importanti città italiane.
Devolve in beneficenza i proventi della vendita dei suoi libri durante le serate di presentazione.
Dal 2011 partecipa ai concorsi letterari. Ha ricevuto molti premi e ha ottenuto anche lusinghieri riconoscimenti sia di pubblico sia di critica, sia per la poesia sia per la narrativa. Infatti, di lei hanno scritto: S. Angelucci, G. Bàrberi Squarotti, N. Di Stefano Busà, F. Campegiani, T. Cauchi, C. Consoli, R. Degli Innocenti, P. De Stefano, F. Donatini, R. Gambini, P. Lucarini, D. Maffia, P. Matrone, L. Medea, N. Morletti, F. Mulè, P. Olivieri Alfinito, L. Paraboschi, N. Pardini, C. Piccinno, D. Pisana, P. Polvani, M. Pratici, D. Quieti, M. Rizzi, R. Sarra, A. Spagnuolo, L. Spurio, R. Tommasi, M. L. Tozzi, S. Valentini, G. Vetromile.
E’ riportata nei seguenti volumi sulla letteratura italiana contemporanea:
 - “L’evoluzione delle forme poetiche. La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990-2012). Archivio Storico. A cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo. Kairos Edizioni (Tipografia Alfa, Napoli). 2013.
- “Letteratura Italiana Contemporanea. Figure e orientamenti”. A cura di Andrea Pellegrini e Cristiana Vettori. Saggio introduttivo di Marino Biondi. Edizioni Helicon (Digital Yeam – Fano, PU). 2013.
- "Lettura di testi di autori contemporanei" di Nazario Pardini, prefazione di Pasquale Balestriere. The Writer Editions, Milano, 2014.
- Enciclopedia On Line degli Autori Italiani, a cura dell’Associazione culturale Penna d’Autore:
 Ha pubblicato, su invito, in numerose antologie di AA.VV. anche a scopo benefico. Sue opere, inoltre, compaiono nelle varie antologie dei premi.
 Pubblica sulle seguenti riviste letterarie:  “Il Porticciolo” edita dal Centro Culturale Il Porticciolo con sede a La Spezia e “Quaderni” edita da Lo specchio di Alice, Associazione culturale per l’Uni-Diversità con sede a Bologna.

 Per la sua peculiarità di Ricercatore-Poeta, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito delle celebrazioni dei 90 anni dell’Ente, le ha dedicato un video pubblicato sulla WEB TV del CNR, intitolato: Un giorno da Ricercatore http://www.cnrweb.tv/cecere/ 
 Per maggiori informazioni si consulti il Sito Web: http://www.estercecere.weebly.com

È un vero piacere ospitare sul nostro blog la poetessa Ester Cecere. 

-Possiamo darci del tu?
-Certo! Dobbiamo darci del tu.


-Innanzitutto vorrei ringraziarti per la disponibilità e il tempo che vorrai dedicarci.
-Sono io che ringrazio te per avermi offerto l’opportunità di parlare della mia passione per la scrittura e di chiarire alcuni miei punti di vista.


-Inizio col chiederti quante e quali opere hai pubblicato.
-Ho iniziato a pubblicare tardi, quando avevo più di cinquanta anni. La mia prima raccolta di poesie è uscita nel 2010. Infatti, sono sempre stata gelosa delle mie poesie, che solo pochissime persone avevano letto, e pensavo di tenerle solo per me, come una sorta di diario segreto. Con la maturità, tuttavia, ho compreso l’importanza della condivisione, del suo potere benefico che deriva dal leggere gli altri e dal ritrovarci in ciò che essi hanno scritto. Ho quindi deciso di pubblicare la mia prima silloge poetica, che raccoglie le poesie scritte sin da quando ero una ragazzina. 
Ho pubblicato cinque raccolte di poesie: “Burrasche e Brezze” (Il Filo, Roma, 2010); “Come foglie in autunno” (Ed. Tracce, Pescara, 2012); “Fragile. Maneggiare con cura” (Kairòs Ed., Napoli, 2014); “con l’India negli occhi, con l’India nel cuore” (WIP Ed., Bari, 2016); “Non vedo, non sento e…” (WIP Ed., Bari, 2017) e una raccolta di racconti “Istantanee di vita” (Kairòs Ed., Napoli, 2015).




-Proseguo con qualche domanda per conoscerti meglio; hai detto di aver iniziato a scrivere poesie sin da ragazza, qual è il tuo rapporto con la scrittura?
-Ho iniziato a scrivere poesie all’età di quattordici anni ma già quando frequentavo le scuole elementari ho scritto qualche fiaba. Per me la “scrittura” è come l’aria che respiro, non potrei viverne senza. E’ un’esigenza imprescindibile della mia vita. Ritengo che sia nel mio DNA.
La poesia in me si impone. In più occasioni, ho sostenuto, scherzando ma fino a un certo punto, che, secondo me, “la poesia sceglie” l’autore e il momento in cui “nascere”; non è l’autore che decide di scrivere una poesia. A me succede di avere un’emozione, una suggestione, qualcosa che mi colpisce e mi resta dentro. Pertanto, o scrivo subito su di un frammento di carta qualsiasi che ho a portata di mano, oppure scrivo dopo un po’ di tempo, soprattutto se le emozioni sono troppo forti. In questo caso, esse hanno bisogno di decantare, di riposare. Nel silenzio le ritrovo sedimentate e questo mi permette di scrivere con serenità. Del resto, il poeta inglese William Wordsworth, ritenuto uno dei fondatori del Romanticismo, parlava di “emotion recollected in tranquillity”.


-Quali sono i libri o gli autori che più ti hanno formata?
-Ho letto tantissimo, soprattutto negli anni dell’adolescenza, sia di narrativa sia di poesia. Per quanto attiene alla prima, non ricordo un autore in particolare ma tutti quelli “realisti” hanno avuto su di me una fortissima influenza, come è deducibile anche dalla mia raccolta “Istantanee di vita”, i cui racconti prendono spunto da episodi realmente accaduti.
Per quanto riguarda la poesia, due poeti, in particolare, hanno avuto una forte influenza su di me: Giacomo Leopardi e Giuseppe Ungaretti. Il primo, che ho amato e letto sin dall’adolescenza, mi ha colpito per la capacità di trasmettere con i suoi versi il profondo, angoscioso dolore esistenziale, che ha dato origine alla sua poesia, dolore derivante dalla infelicità dovuta alla perdita delle illusioni e alla conseguenza di vivere senza più speranza. Tra le tante sue liriche, quella a me più cara è “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”.
Di Giuseppe Ungaretti amo la capacità di sintesi, che è particolarmente evidente nelle sue prime poesie, quelle scritte in guerra, al fronte, per intenderci, poi confluite nella raccolta definitiva dal titolo “L’allegria”. Ogni volta che le rileggo mi colpisce la brevità delle sue liriche e, nel contempo, la loro intensità, l’uso sapiente delle parole, che essendo poche, “condensano” molte emozioni. Con pochissimi versi egli trasmette la fragilità, non solo fisica ma soprattutto interiore, dell’uomo, la sua solitudine di fronte alla guerra e, nel contempo, la voglia di vivere che paradossalmente prorompe di fronte alla morte. Pensiamo al verso “Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita” (da “Veglia”). Sono convinta che la poetica di Ungaretti abbia fortemente influenzato la mia cifra stilistica. Infatti, le mie liriche sono molto brevi, i versi sono spesso spezzati da “a capo” che hanno un preciso significato e le parole ricercate con estrema attenzione. Nella mia seconda raccolta di poesie, dal titolo “Come foglie in autunno”, omaggio a Giuseppe Ungaretti, ho dedicato proprio a lui la lirica che chiude la raccolta dal titolo emblematico “Ricordo d’averti sempre udito”.



-Nelle tue liriche affronti argomenti delicati e di bruciante attualità, poesie di denuncia nei confronti di questa società individualistica e miope; a tuo parere la poesia, ai giorni nostri, possiede ancora la forza di smuovere le coscienze?
-Sinceramente non so se la poesia riesca davvero a smuovere le coscienze. Del resto chi scrive, proprio nel momento in cui sta componendo, non si pone questo obiettivo. E tuttavia, il poeta non deve essere isolato nella sua turris eburnea. Chi scrive poesie vive nel mondo e trae la sua ispirazione dai fenomeni della natura, da tutti gli esseri viventi, da chi gli vive accanto, dagli accadimenti, anche tragici, drammatici, violenti, quali guerre, epurazioni, genocidi, da fatti di cronaca, come i femminicidi, che lo colpiscono particolarmente. Del resto, nella erudita e partecipata prefazione alla mia ultima raccolta di poesie “Non vedo, non sento e…” anche la poetessa e critico letterario Marina Pratici, ha sottolineato questo concetto con la citazione in ex ergo La poesia, se è vera, è la voce vera di un uomo vero in un mondo vero” (Charles Newman, da A Symposium”).
Riuscire a “trasmettere” al lettore “il dolore che il poeta ha fatto proprio” è un “valore aggiunto” della poesia. Se il coinvolgimento dell’autore è stato forte, lo sarà anche quello del lettore. L’ho sperimentato con le mie poesie.
Del resto, sono moltissimi i Poeti che, in epoche e situazioni diverse, hanno scritto “poesie di denuncia”. Per ricordare solo i più famosi, cito Costantino Kavafis (con la sua raccolta “Aspettando i barbari. Poesie civili”), Antonio Machado (ricordo solo la toccante lirica “Il delitto avvenne a Granada”, in cui denuncia l’uccisione da parte dei franchisti di Federico Garcia Lorca); il nostro premio Nobel (1959), Salvatore Quasimodo (chi non conosce la sua splendida e struggente lirica “Alle fronde dei salici”?); Pablo Neruda (con la sua drammatica poesia, ancora oggi tristemente attuale, “Spiego alcune cose”), per arrivare a tempi più recenti con il premio Nobel (1986) Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti (cito la sua lirica dal titolo emblematico “Indifferenza”) ed il premio Nobel (1992) Derek Walcott (con la sua lunga poesia “Migranti”). E sicuramente ne avrò dimenticato più d’uno!



-Per ricollegarci alla domanda precedente, parliamo dell’ultima tua raccolta di poesie “Non vedo, non sento e…”. Come è nata? Una silloge dove ogni verso, più che una denuncia, sembra uno schiaffo al lettore per destarlo dall’indifferenza. Quali sono state le emozioni che più ti hanno travolta durante la composizione di queste poesie? Quali sono i temi che affronti più frequentemente? C’è un filo che unisce le diverse liriche?
-Non vedo, non sento e…” è una raccolta di cinquantacinque poesie civili, di denuncia, divise per aree tematiche quali, ad esempio, il dramma vissuto da coloro che fuggono dalle zone di guerra, le privazioni a cui sono sottoposti tanti bambini e la loro morte spesso atroce, la violenza sulle donne in tutti i suoi aspetti, incluso il fenomeno delle spose-bambine, la povertà, ecc.
Come ho già precisato le poesie mi sono state ispirate da accadimenti che hanno profondamente scosso la mia sensibilità di donna e di madre. Ritengo opportuno ribadire che queste poesie sono state scritte in tempi diversi, nell’arco di cinque anni. Solo rileggendole, mi sono resa conto che potevano considerarsi “poesie civili”, “di denuncia”. A questo punto, durante il famoso labor limae, che chi scrive poesie ben conosce, ho deciso di renderle volutamente esplicite nei titoli e nelle dediche poiché, volendo far passare un messaggio “forte e chiaro”, inequivocabile, nella speranza di scuotere le coscienze, dovevo essere necessariamente esplicita. A tal proposito, la poetessa Claudia Piccinno, che ha recensito la raccolta, così si è espressa: “Una poesia didattica più che didascalica... La Nostra qui è mossa da intenti pedagogici. Non è denuncia fine a se stessa, non è polemica sterile; ogni suo componimento sembra il monito di Primo Levi… ricordate che questo è stato”.
Dopo averle lette e rilette, ho deciso, quindi, di pubblicarle in un’unica raccolta dal  titolo “Non vedo, non sento e…” , titolo che vuole evidenziare l’atteggiamento “omertoso” dei nostri cuori, come ha messo in evidenza il poeta e critico letterario Domenico Pisana di Modica, che ha presentato il libro a Taranto.
Il filo che unisce le diverse liriche è il dolore di tanta parte dell’umanità come è anticipato in ex-ergo con la citazione di Gilbert Keith ChestertonComprendere non vuol dire tanto sentire con tutti quelli che sentono, ma soffrire con tutti quelli che soffronoe nella prima lirica dal titolo “Da dove vengono le lacrime?” che chiude con i seguenti versi:

Sono le lacrime del mondo,
cadute su di un viso
duro come cuoio
per donargli ancora
un po' d'umanità.




-Nel 2014 hai pubblicato un’altra raccolta di poesie, anche questa dal titolo molto particolare, “Fragile. Maneggiare con cura”. Perché questo titolo? Quali argomenti affronti nelle poesie?
-In effetti, il titolo richiama immediatamente alla mente i trasporti, i traslochi, questo perché quando si trasloca spesso si movimentano oggetti fragili, che possono rompersi facilmente; pertanto, è necessario usare la massima attenzione nel maneggiarli. In caso di danno di oggetti di valore, si chiede anche un risarcimento.
Pertanto, per degli oggetti, per preziosi che siano, si pretende addirittura di essere risarciti. E per le persone, le loro anime, i loro sentimenti, la loro dignità? Non sono fragili anch'essi e, quindi, degni di essere “maneggiati con cura”? Le poesie di questa raccolta, ispirate quasi sempre da avvenimenti che “maltrattano”, “calpestano” i sentimenti, pongono l’accento sulla fragilità dell’anima.


 
  -Di professione ti occupi di biologia marina; trai ispirazione dal tuo amore per il mare?
-Il mare fa parte della mia vita sin da quando avevo pochi mesi. Del resto, essendo nata e risiedendo a Taranto, vivo sul mare; come biologa marina, lavoro “con il mare” e “per il mare”, per la sua salvaguardia, intendo. Il mare è per me fonte di svago e di ispirazione poetica. Come per moltissimi poeti, famosi e non, il mare ricorre spesso nelle mie poesie come espressione del mio sentire. Del resto, il mare è metafora di vita. Scherzando, amo dire che “il mare è il mio liquido amniotico”, che “nelle mie vene scorre acqua di mare non sangue” e ancora “quando penso al mare, penso a un innamorato”.



-In “Istantanee di vita, ti sei cimentata nella narrativa, un genere letterario che richiede un diverso approccio di scrittura in confronto alla poesia; in quale genere ti trovi più a tuo agio? Con quale delle due “penne” ti senti più incisiva?
-Come hai giustamente evidenziato tu, esprimersi tramite la narrazione è completamente diverso dall’esprimersi in poesia. In poesia c’è molto “non detto”, si lascia molto spazio all’interpretazione del lettore. Ad un certo punto della mia vita, ho sentito l’esigenza “di comunicare” in maniera più esplicita e di concedermi un po’ più di spazio; così sono nati i racconti brevi pubblicati in “Istantanee di vita, racconti, come ho già specificato, d’impronta realistica, che prendono spunto da eventi realmente accaduti. Alcune delle vicende raccontate potrebbero sembrare banali, non adatte ad essere oggetto di narrazione ma, riflettendo, ci si accorge che non è così poiché offrono spunti di riflessione che ci portano a ricevere degli insegnamenti di vita. Ho riportato su carta momenti realmente vissuti da me stessa o dai miei amici. Mi trovo a mio agio in entrambi i generi; certamente, mi sento più incisiva con la “penna della poesia”, anche perché le mie poesie sono generalmente molto brevi.


-Ami viaggiare, la tua sensibilità poetica ti permette di vedere il mondo da una prospettiva che sfugge ai più dei viaggiatori, impressioni che poi traduci in liriche introspettive e richiami d’attenzione; ti senti gravata da questa responsabilità?
-Viaggiare è una delle passioni della mia vita come la scrittura. Mi piace non solo osservare località nuove, nel senso di paesaggi diversi, ma anche civiltà, culture, modi di vivere differenti dai nostri, da quelli europei, per intenderci. I viaggi mi avvicinano a quella parte di umanità che è geograficamente lontana e mi portano a conoscere e comprendere le ragioni di popoli che vivono in contesti molto diversi dal mio, a non giudicare. Viaggiando, soprattutto ora, nella piena maturità, sono diventata molto più empatica. No, non mi sento gravata dalla responsabilità di richiamare l’attenzione del lettore. Come ho già chiarito, si scrive prima di tutto per se stessi. Attirare l’attenzione del lettore su alcuni aspetti è il valore aggiunto. Di alcuni episodi da me vissuti durante vari viaggi, ho anche parlato nei miei racconti.

 

-Con l’India negli occhi, con l’India nel cuore, infatti, è una raccolta di poesie e fotografie, un diario di viaggio e sensazioni. Ce ne vuoi parlare?
-Questa raccolta, molto particolare, quasi un poemetto, è stato definito dalla poetessa e critico letterario José Minervini, presidente del comitato di Taranto della Società Dante Alighieri, un “reportage in versi”.
E’ stata scritta al ritorno da un viaggio in India, precisamente nella regione settentrionale del Rajasthan. Da tempo desideravo visitare l’India, pertanto quando mi si è presentata l’occasione non me la sono lasciata sfuggire. Ero curiosa di ammirare l’India dei Maharaja, degli sfarzosi palazzi reali, dei maestosi mausolei, primo fra tutti il marmoreo Taj Mahal, patrimonio dell’Unesco, l'India dei fiori di loto, degli elefanti...
Tuttavia, quello che in me è rimasto di questo viaggio in auto che mi ha permesso di vedere città importanti ma anche piccoli villaggi rurali, non sono state le bellezze architettoniche né l’aspetto aspro del paesaggio. Ciò che mi ha colpito profondamente sono state le miserabili condizioni di vita della maggior parte della popolazione. Questa miseria assoluta mi è entrata nel cuore, mi ha sconvolta, ha sovvertito tutta la mia scala di valori. Rientrata in Italia, ripensando a quello che ho visto e alle forti emozioni che ho provato, le poesie sono fluite spontanee, irrefrenabili, incontenibili come se volessero dare voce alle sensazioni avvertite ma anche alle riflessioni scaturite in loco quasi inconsapevolmente, espresse nella chiusa di ogni breve lirica.
La raccolta è corredata da fotografie scattate in alcuni dei luoghi visitati che non sono tuttavia illustrazioni fedeli delle poesie.  


-Le tue poesie hanno riscontrato un ottimo giudizio da parte della critica, oltre che a formare un notevole palmares di riconoscimenti. Quando hai iniziato a scrivere, avresti mai immaginato tutto questo?
-No, assolutamente no. Ho iniziato a partecipare ai concorsi letterari per due motivi: capire come veniva valutato quello che scrivo e conoscere persone che hanno la mia stessa passione e che mai avrei incontrato, dal momento che frequento solo l’ambiente scientifico. La partecipazione alle cerimonie di premiazione mi ha dato la possibilità di allacciare vere e proprie amicizie, durature nel tempo, e conoscere diversi poeti e critici letterari di caratura nazionale dai quali ho imparato moltissimo.
 
-Hai qualche rimpianto?
-Si, rimpiango di non essermi addentrata nel mondo letterario prima di quando l’ho fatto perché avrei potuto cercare l’occasione per conoscere tanti autori a me cari. Penso Pierpaolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Eugenio Montale, Mario Luzi e Alda Merini, che ha vissuto a Taranto in un breve periodo della sua vita 
Ringraziamo Ester per la disponibilità e la cortesia nel dedicarci il suo tempo.
 


Di P. Colombo

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