di Pierangelo Colombo

mercoledì 11 aprile 2018

La poesia; Giuseppe Ungaretti



Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d'Egitto il giorno 8 febbraio 1888, da Antonio Ungaretti e Maria Lunardini entrambi lucchesi. Nella città natale trascorre l'infanzia e i primi anni della giovinezza. Suo padre, che lavorava come operaio alla costruzione del canale di Suez, muore in un incidente; la madre riesce a sostenere la famiglia grazie ai guadagni di un negozio della periferia di Alessandria. Fattosi adolescente, Giuseppe frequenta l'Ecole Suisse Jacot e, nel tempo libero, bazzica anche nella "Baracca rossa", un ritrovo internazionale di anarchici che ha come fervente organizzatore Enrico Pea.
Trasferitosi a Parigi, si iscrive alla facoltà di lettere della Sorbona e prende alloggio in un alberghetto in rue Des Carmes. Frequenta i maggiori caffè letterari di Parigi e diventa amico di Apollinaire, al quale si lega con affetto.  Rimane in contatto con il gruppo fiorentino che, staccatosi dalla Voce, ha dato vita alla rivista "Lacerba". Nel 1915 pubblica proprio su Lacerba le prime liriche. Viene però richiamato e inviato sul fronte del Carso e su quello francese dello Champagne. La prima poesia dal fronte è datata 22 dicembre 1915. Trascorre l'intero anno successivo tra prima linea e retrovie; scrive "Il porto sepolto". Ungaretti si rivela poeta rivoluzionario, aprendo la strada all'ermetismo. Le liriche sono brevi, a volte ridotte ad una sola preposizione, ed esprimono forti sentimenti.
Torna a Roma e su incarico del Ministero degli Esteri si dedica alla stesura del bollettino informativo quotidiano. Intanto collabora alle riviste La Ronda, Tribuna, Commerce. Pubblica a La Spezia una nuova edizione de "L'Allegria"; include le liriche composte tra il 1919 e il 1922 e la prima parte del "Sentimento del Tempo". La prefazione è di Benito Mussolini. La raccolta segna l'inizio della sua seconda fase poetica. Le liriche sono più lunghe e le parole più ricercate.
Con il premio del Gondoliere Nel 1932 vince il premio Gondoliere. Pubblica con Vallecchi "Sentimento del Tempo" e dà alle stampe il volume "Quaderno di traduzioni". Il Pen Club lo invita a tenere una serie di lezioni in Sud America. In Brasile gli viene assegnata la cattedra di Letteratura Italiana presso l'Università di San Paolo, che terrà fino al 1942. Esce l'edizione compiuta del "Sentimento del Tempo". Nel 1937 muore il fratello Costantino, per il quale scrive le liriche "Se tu mio fratello" e "Tutto ho perduto", apparse successivamente in francese in "Vie d'un homme". Da lì a poco muore in Brasile anche il figlio Antonietto, di soli nove anni, per un attacco di appendicite.
Rientrato in patria è nominato Accademico d'Italia e gli viene conferito un insegnamento universitario a Roma per "chiara fama". Mondadori inizia la pubblicazione delle sue opere sotto il titolo generale "Vita d'un uomo".
Gli viene consegnato da Alcide De Gasperi il premio Roma; escono il volume di prosa "Il povero nella città" e alcuni abbozzi di "La Terra Promessa". La rivista Inventario pubblica il suo saggio "Ragioni di una poesia".
Gli ultimi anni di vita del poeta sono intensissimi. È eletto presidente della Comunità europea degli scrittori e tiene, come visiting professor presso la Columbia University una serie di lezioni. Escono due edizioni rare: "Dialogo", libro accompagnato da una "combustione" di Burri, piccola raccolta di poesie d'amore e "Morte delle stagioni", illustrata da Manzù, che raccoglie unite le stagioni della "Terra Promessa", del "Taccuino del Vecchio" e gli ultimi versi fino al 1966. Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il giorno 1 gennaio 1970 scrive l'ultima poesia "L'impietrito e il velluto". Torna negli Stati Uniti per ricevere un premio all'Università di Oklahoma. A New York si ammala e viene ricoverato in clinica. Rientra in Italia e si stabilisce per curarsi a Salsomaggiore. Muore a Milano nella notte dell'1 giugno 1970.


San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato

(Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916)
 

Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

(Bosco di Courton luglio 1918)

Non gridate più
Cessate d’uccidere i morti,
non gridate più, non gridate
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.









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