Lunedì scorso
abbiamo iniziato un percorso verso la memoria della Grande Guerra, con Un
anno sull’altipiano, vorrei dare il via ad un appuntamento settimanale
dedicato all’approfondimento riguardo la prima guerra mondiale, di cui
quest’anno ricorre il centenario della fine. Un progetto rivolto soprattutto ai
più giovani, che meritano di conoscere quali atrocità hanno dovuto subire
quelli che, a quell'epoca, erano loro coetanei. Perché luoghi come il Rombon o
l’Ortigara non diventino nomi sterili, ma testimonianze di una catastrofe che
ha spezzato la vita ad un’intera generazione.
A questo servono le ricorrenze, a rinfrancare la
memoria. Ripenso a qualche anno fa, quando proporre ad un editore un libro
dedicato alla Grande Guerra attirava
un’occhiataccia con l’epiteto: “Ci sono già troppi libri sull’argomento, la
gente vuole altro”; è vero, la nostra bibliografia conta diverse testimonianze
dedicate a quegli avvenimenti, di indubbio valore in quanto scritte da
testimoni diretti, da ragazzi che hanno visto l’inferno in terra. Ed è quindi
auspicabile poterli riproporre, dibatterne l’argomento. Vi sono, oltretutto,
progetti contemporanei molto validi, dedicati a restituire il giusto
riconoscimento a quei ragazzi che, sacrificando la propria vita, ci hanno fatto
dono della libertà. Perché la guerra è una malattia devastante per l’umanità,
per fortuna possediamo un vaccino in grado di contrastarla: la memoria storica,
il più efficace sistema per formare quegli anticorpi in grado di difenderci dal
virus del nazionalismo estremista, la xenofobia assieme al delirio di
supremazia.
Primo e
fondamentale testo per entrare in modo crudo nel conflitto è sicuramente
l’impietoso “Gente di trincea. La Grande Guerra sul Carso e
sull’Isonzo” (Mursia 2009) dello storico triestino Lucio Fabi.
Descrizione
Gente di trincea ovvero soldati e civili coinvolti nel Primo
conflitto mondiale, immenso crogiolo di grandezze e sofferenze in cui nazioni,
eserciti e popolazioni riversarono ogni risorsa. La trincea è quella del fronte
dell'Isonzo e del Carso, luoghi che nella storia e nella memoria collettiva
riassumono la tragedia di questa guerra, vissuta da alcuni milioni di soldati e
sopportata nelle retrovie da un numero quasi corrispondente di civili
alternativamente occupati e invasi nel corso dei primi trenta mesi delle
ostilità. Il nemico, trincerato a poche decine di metri di distanza,
costituisce una minaccia continua, tale da incoraggiare l'odio e la violenza o,
al contrario, l'istinto di conservazione. La vita e la morte in trincea
emergono attraverso un discorso storico che utilizza, accanto alle fonti
militari, quelle della memoria che ci consentono di "entrare" in
trincea, di conoscerne gli spazi e i pericoli, di viverla dalla parte dei suoi
più umili e disperati protagonisti.
Nessun commento:
Posta un commento