di Pierangelo Colombo

martedì 10 aprile 2018

La Grande Guerra; l'undicesima battaglia dell'Isonzo


Questa settimana, per la rubrica dedicata alla memoria della Grande Guerra, vorrei proporvi un libro di Gerardo Unia, si tratta de “L’11ndicesima battaglia. Sulle tracce di un soldato cuneese caduto sulla Bainsizza”, edizioni Nerosubianco.

Ma cosa è stata l’ undicesima battaglia dell’Isonzo? Ripercorriamo gli avvenimenti: all'inizio di agosto il generale Cadorna preparò quella che sarebbe dovuto essere la più grande offensiva mai vista prima sull'Isonzo. Certo che in Trentino non ci sarebbero stati attacchi da parte degli austriaci, il generale spostò dodici divisioni sull'Isonzo, ben 3750 cannoni e 1900 bombarde furono concentrate sull'Altopiano della Bainsizza. Il fronte italiano disponeva in quel momento di più di mezzo milione di soldati pronti per attaccare. Nei primi giorni di agosto ci fu un bombardamento intensissimo tra l'altopiano e il Monte Ermada. All'alba del 19 agosto cominciò l'attacco con la fanteria. La Terza Armata avanzò ad est raggiungendo le macerie del villaggio di Selo mentre sulla Valle del Vipacco non ci fu alcun progresso. La Seconda Armata si addentrò invece per svariati chilometri all'interno dell'Altopiano della Bainsizza riuscendo a catturare più di 11 mila prigionieri.
La stessa situazione si presentò una volta giunti ai piedi del Monte Santo il 24 agosto: in pochissimi minuti il reggimento italiano raggiunse la cima prendendone possesso. Ma nei giorni successivi l’avanzata italiana si interruppe bruscamente. L'Altopiano della Bainsizza si dimostrò un terreno arduo per gli spostamenti. Inoltre l'ultimo obiettivo, il Monte San Gabriele, era ben presidiato dagli austro-ungarici. Nei successivi 20 giorni si susseguirono diversi attacchi che costarono la vita a 25 mila soldati italiani, ma la cima non cadde. Il 19 settembre l'offensiva venne sospesa.
 



Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia che il caporale Unia Lorenzo fu Lorenzo e da Viano Teresa, nato a Cervasca (Cuneo) il 7 agosto 1880, lavorante in paste, marito di Fantino Maria Teresa, è deceduto a Siroka Njiva il giorno 26 agosto 1917 in seguito a ferita riportata per fatto di guerra. La famiglia abita in via Ospizio 28. Si prega accusare ricevuta. Firmato: il ten.col. Comandante del Deposito.


Da questo freddo comunicato burocratico inizia l’indagine di Gerardo Unia, che si è recato in Slovenia, sull’altopiano del Lom, dove il nonno è caduto nel corso dell’undicesima offensiva italiana sull’Isonzo. Ricostruendo le vicende di uno dei quasi sei milioni di arruolati nel 1915-18, è nata la storia di una ricerca della verità, oltre che del corpo del nonno. ‘Sul Carso il nemico è a 100, 200 passi, in certi tratti a 40-50 e in uno addirittura a 3 passi. Per chi alza la testa è la morte. Di giorno, si è costretti a restare sempre sdraiati, l’artiglieria rovescia la terra intorno e fa grandinare addosso schegge, sassi e pezzi di cadaveri in decomposizione’. Le trincee sono infestate da grossi topi. Dopo due o tre giorni, gli uomini provano un tal senso di nausea da perdere completamente l’appetito. Fanti che venivano spinti costantemente all’offensiva, contro postazioni inespugnabili. Salivano dal basso verso l’alto, su pietraie, fra siepi di filo spinato, sotto il tiro di mitragliatrici e cannoni. Per i difensori era un tiro al bersaglio. ‘Ci aspettano senza far fuoco fin sotto i reticolati, per essere sicuri che nessuno possa scamparla, poi musica’, scriveva Carlo Salsa, ufficiale sul Carso. Perdite enormi, i soldati vanno all’assalto delle trincee, piangendo, annotava il colonnello Gatti, addetto storico del Comando Supremo.
Un libro che rende bene l’idea di quale devastante follia sia stata la prima guerra mondiale, di cui, ancora oggi sono visibili le cicatrici, come la cima del Monte Santo che si è abbassata di 16 metri in quasi un mese di combattimenti nella decima battaglia dell’Isonzo, 12 maggio-6 giugno 1917, 160.000 vittime per un nulla di fatto.

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