di Pierangelo Colombo

venerdì 31 maggio 2019

Incontro con l'autrice: Franca Oberti


Incontriamo oggi un’autrice poliedrica, instancabile nell’ambito del sociale quanto in quello culturale; autrice di prosa, poesie in italiano e vernacolo, organizzatrice, giurata e curatrice di concorsi letterari, scrive su blog e giornali. Brianzola d’adozione, non ha mai dimenticato le proprie origini liguri.

In occasione della pubblicazione del suo ultimo libro, Sassolini colorati. Storie di bambini, di mare e di monti. Franca Oberti ha ritagliato del tempo per regalarci questa bella chiacchierata; per parlare del suo ultimo progetto ma non solo.  
 



Possiamo darci del tu?

-          Certamente. I social ci hanno abituati, ormai


Innanzitutto, vorrei ringraziarti per la disponibilità e il tempo che vorrai dedicarci.
-          Ringrazio te che mi offri la possibilità di raccontarmi


Quando hai iniziato a scrivere?


-          Tardi nella vita. Dopo la morte di mio padre, nel 1992 (avevo 40 anni) ho cominciato a mettere nero su bianco e a raccontare tutto quello che lui mi raccontava, per non dimenticare, per non dimenticarlo.



 

Quale ruolo riveste la scrittura nella tua vita? Condivisione, liberazione, evasione o che altro?


-          All’inizio, come ho già scritto sopra, è stato il bisogno di non dimenticare, poi ci ho preso gusto e ho cominciato a raccontare di me. Ogni volta che completavo qualcosa, mi sentivo liberata; la condivisione è diventata il naturale proseguo, soprattutto quando gli amici hanno cominciato a chiedermi di leggere i miei scritti. Poi sono entrata nella spirale dei concorsi letterari e ho cominciato a decollare un po’ ovunque.




Premio Priamar

Quali sono i tuoi autori di riferimento? C’è un libro o una poesia che ti ha hanno ‘rivoluzionata’?


-          Devo andare un po’ indietro nel tempo. Ai miei 13 anni; mi ammalai seriamente e un’amica mi regalò un libro: dovevo stare a letto, ma in casa non si leggevano libri e mi limitavo ai giornalini per ragazzi che mi forniva la famiglia. Quel libro, “La piccola Dorrit” fu la mia benedizione, lo conservo ancora. Da quel momento non ho più smesso di leggere. Spesso costretta dalla malattia a lunghi periodi di riposo, ho imparato ad accostarmi alla cultura con tutte le letture possibili. Poiché, sempre per la salute, non riuscivo a concludere un ciclo di studi, mi rassegnai alla scuola dell’obbligo, per poi conseguire diplomi e attestati di vario genere, ma in realtà credo di essere un’autodidatta. Il mio raggio di lettura è stato ampissimo, a periodi vari: dai libri dell’infanzia, ai famosi Cuore, I figli del capitano Grant, ecc… fino ad arrivare ad un lungo periodo di fantascienza, quindi ad apprezzare Isaac Asimov e tanti altri autori degli anni 70 diventati poi famosi. Con la base della fantascienza sono passata all’astronomia, a Pietro Maffei e ai suoi Buchi Neri, a Stephen Hawking. Leggevo poesie, ma in quegli anni la poesia stava scendendo sempre più dalle classifiche librarie e quasi si rischiava di essere giudicati demodée, perciò me la tenevo per me, questa passione, ma ho cominciato a leggere poeti come Montale, Sbarbaro, Luzi, senza però scrivere poesie io stessa. Poi ho scoperto Giorgio Caproni ed è stato amore a prima vista. Contemporaneamente leggevo romanzi tra i più popolari negli anni ’80, autori quali Wilburn Smith, Harold Robbins, Jackie Collins e non mi sono risparmiata libri hard come Emanuelle e Histoir d’O. La mia fame di sapere è diventata sempre più prepotente e ho cercato anche conforto in Dino Buzzati, Cesare Pavese, Primo Levi, Ignazio Silone e i tanti italiani del dopo guerra- Ancora non scrivevo. La mia vita è stata suddivisa in due parti: una di acquisizione e una di cessione, anche se tuttora sono consapevole che occorre sempre leggere, mai stancarsi di arricchire la mente e lo spirito. Verso i 30 anni è iniziata la mia vera passione: lo studio del mondo esoterico e la ricerca delle mie origini, legate ad una nonna guaritrice. Ho scoperto cose nuove di me e mi sono dedicata allo studio della medicina complementare, diventando Operatrice olistica con specializzazione in Pranopratica. Questa parte meriterebbe un’altra intervista, ma potrei contribuire, se ti farà piacere, con uno scritto di alcuni anni fa dove spiego questo aspetto di me in maniera dettagliata: un resoconto presentato ad una Kermesse e inserito in un’antologia dell’evento. Quando morì mio padre, all’improvviso (la mamma era già mancata 17 anni prima), cominciai a scrivere. Prima i racconti di cui sopra, poi anche le poesie, fino a pubblicare un libretto di poesie in genovese, sempre per non dimenticare le radici. Questo bisogno di non dimenticare la lingua dei miei padri, mi portò a leggere tantissimi poeti dialettali e cominciai a leggere anche in altri dialetti (l’unico che ancora non mi riesce è il sardo); avendo una preparazione di fonetica, ho potuto convertire i suoni in simboli e con l’aiuto di dizionari di genovesi, ho riportato le mie poesie in testi. Altri autori che amo: Paola Giovetti, Alejandro Jodorowsky, Osho. Tante sono le poesie che mi emozionano ancora, ma quella che ho apprezzato più di tutte è Il congedo di un viaggiatore cerimonioso, di Giorgio Caproni. Il libro: L’Alchimia della Felicità, di Hazrat Inyat Khan.


Quanto tempo occupa la scrittura nella tua giornata?


-          Ultimamente un po’ meno, gli anni si fanno sentire, ma appena arriva un incipit devo scriverlo subito e magari in seguito lo concludo, ma è indispensabile fermarlo. Un mio caro amico di Biella diceva che alla poesia devi saltare addosso, la Ginzburg scriveva sui tovaglioli dei bar, io ho scritto anche sulla carta igienica, e non mi vergogno a confessarlo. Direi che una media di un’ora al giorno può essere giusta.



Premio Città di Recco 2019

Sei un’autrice allodola o civetta? Trovi più stimolante, a livello d’ispirazione o scrittura, la mattina o la notte?


-          La mattina è il sussurro dell’Angelo e devo alzarmi subito e scriverlo sul quaderno che tengo sempre sul comodino; di solito è il dormiveglia, il momento in cui arriva l’incipit, non sempre, ma ogni tanto sento il bisogno di svegliarmi di colpo per scrivere, forse la coda di un sogno… se scrivo con attenzione, in stato beta, per intenderci, mi va bene la sera tarda, la notte ancora meglio, quando i rumori si affievoliscono: sono una civetta, magari un gufo, animaletto che adoro.



  
I luoghi del cuore: angoli di una casa, di un giardino come di una città, ma anche angoli dell’anima; c’è un luogo dove trai ispirazione con più facilità?


-          Nei miei ritorni alle origini, sempre. Ho scritto centinaia di poesie che non ho mai letto a nessuno, mi sembrano ripetitive, ma è l’emozione che in quel momento provo e talvolta, presentandole ai concorsi ho anche vinto, ma non sono alla ricerca di fama a tutti i costi. Sono una conservatrice e tanti oggetti di casa mi hanno ispirato spesso brevi racconti. A volte la semplice osservazione nella Natura mi genera parole che scrivo appena posso e poi risistemo quando ne ho il tempo-




Scrivere è catalizzare i pensieri su carta; sei un’autrice che usa più il cuore o la testa?


-          Sicuramente il cuore, l’emozione. Poi, se intendo farmi leggere devo metterci la testa, ma sono consapevole che la mente ‘mente’ sempre, perciò cerco di non modificare troppo il primo scritto





Le tue radici marinare, e la passione per la natura, che influenza hanno sul tuo stile di scrittura?


-          Un’enorme influenza, direi che tutto ciò che scrivo ha come componente principale le mie origini e il vissuto; nella Natura ci sto bene e cerco di vivere sempre a contatto con terra, erbe (altra mia passione), animali.




Scrivi racconti, poesie in italiano e in vernacolo, articoli di saggistica; in quale genere ti trovi più a tuo agio? Con quale “penna” ti senti più incisiva?


-          Anche in questo caso ci sono stati periodi per ognuno. Per 15 anni ho collaborato ad una rivista cattolica, il direttore era un Padre Monfortano e con lui mi sono dedicata alla saggistica. Mi consentiva di scrivere ciò che volevo e talvolta lui stesso mi forniva uno spunto. Mi documentavo e ci lavoravo, rimanendo, purtroppo, in quelle due paginette che mi erano consentite. Sto pensando di farne un volume, perché avevano avuto un buon riscontro. I racconti li scrivo per non dimenticare, non uso troppo la fantasia, forse non ne ho nemmeno, dato che poi sono sempre storie a base vera. Sugli eventi che mi accadono o che accadono intorno a me, cerco di ricamarci e di solito mi riesce abbastanza bene. Le poesie arrivano dal cuore, dall’emozione, in dialetto arrivano quando sono nella terra delle origini; sento il mio dialetto parlato e mi ci ritrovo subito, compongo pensieri in dialetto e poi li scrivo, ma sono sempre più rare, ormai la gente non parla più in dialetto. La poesia in italiano arriva in modo random, non ho mire di raccolte e forse dovrei riordinarle un po’, ma le lascio su file e su carta, in malloppi sempre più corposi.





In un paese dove i lettori sembrano essere una specie da tutelare e il linguaggio si sta impoverendo, cosa ti spinge, caparbiamente, a credere ancora nella poesia? Perché, secondo te, in una società in cui si rifugge i testi estesi preferendo l’immagine o testi con abbreviazioni al limite dell’osceno (xchè; c 6?; t.v.b.) la poesia, che è un’espressione che condensa concetti, fatica ad attecchire?


-          Pervicacemente insisto nel trasmettere alla mia maniera ciò che desidero sia letto, senza pensare se lo sarà. A volte mi chiedono se sono un’insegnante, forse perché tendo spesso ad aiutare, chi me lo chiede, a lavorare sui testi. Nel mio passato lavorativo ho digitato tante tesi di laurea, ho scritto recensioni, ho fatto editing per amici scrittori. Per dieci anni, tra il 74 e l’83 ho lavorato in un’azienda nel settore informatico e ho imparato tanto sulla digitazione, ho acquisito una buona velocità e ho sempre curato il lessico e la grammatica, vicino al mio computer c’è un dizionario Oxford, i dizionari di latino, francese, inglese, tedesco e spagnolo, il Costa di genovese, nonché un dizionario di italiano completo e uno dei sinonimi e contrari; non ho mai voluto acquistare un rimario, perché mi piace la poesia a verso sciolto, magari con qualche assonanza, alla “Caproni” per intenderci. Cerco sempre di non usare parolacce, termini volgari e ignoro quelli che li usano, ma mi impongo col mio stile, quando sono cercata. Provo compassione per questi giovani che stanno perdendo la gioia delle parole, della Parola, di quello che fa quando entra in noi ci lavora dentro.





Quante e quali opere hai pubblicato?


-          A parte le numerose antologie nelle quali sono presente negli ultimi 20 anni, di mio ho pubblicato poesie: Fior di Rododendro, Laura Rangoni Editrice; In tocchetto de Zena, Co.Edi.Tal. di Genova, Giglio Tigrato, Interlinea (mi pare), anni 96/97. Dodici anni fa ho subito una mastectomia per tumore e da quell’esperienza forte e carica di emozioni è nato Pentesilea, Regina delle Amazzoni, edizioni Pontegobbo, un insieme di poesie e saggi, osservazioni dei momenti che affrontavo; dopo 5 anni ebbi una recidiva e scrissi altre poesie pubblicate da Fara Editore in un’antologia. Genovesitudine, ed. Pontegobbo, 2010, insieme di poesie e racconti del mare e di monti. Nel periodo in cui avevo un’associazione dal nome “Verso Lunezia” pubblicai per 4 anni un’antologia di Natale con brani, poesie, storie di Natale, opere di amici e mie; con Verso Lunezia ho pubblicato: In viaggio, alla ricerca dell’anima perduta; La Cucina Meditata. Lavori miei di saggistica. Infine, per Fara Editore, classificatami ai primi posti in due anni: Il tempo del castagno e Sussurri e Rivelazioni. Ultimi due libri: I Panni stesi, Tigulliana editore; Sassolini Colorati, LIR di Piacenza.





Parliamo ora del tuo ultimo libro pubblicato il tuo ultimo libro, 'Sassolini colorati. Storie di bambini, di mare e di monti.' Ce ne parli ?


-          Sono quasi tutti autobiografici, molto romanzati, ma alcuni sono davvero ricordi miei, flash che non ho mai dimenticato, come la storia del cane cosparso di Vegetallumina. Un amico si è preso la briga di leggerli tutti e disegnare ciò che aveva percepito. Dopo alcuni anni, ho pensato fosse giunto il momento di gratificare anche lui, era una promessa, ma un editore in un primo tempo aveva perso il manoscritto originale coi disegni. Per fortuna avevo una copia e sono riuscita ad utilizzare quella. Il risultato è stato buono, sul contenuto non so, per me è una serie di storie importanti, alcuni dei racconti, spediti singolarmente ai concorsi, avevano anche vinto dei premi, forse non sono poi così malvagi…



Tre aggettivi per descrivere Sassolini colorati.
-          Antichi, commoventi, sinceri

Progetti futuri?


-          E’ un elenco troppo lungo; forse è ora di riordinare quello che già c’è, ma i progetti sono tanti, magari nella prossima vita…






Il tuo vissuto sono le radici delle  poesie e dei racconti che scrivi, ci racconteresti la tua vita?
-      Certamente, anche se mi imbarazzata. Il motivo principale è che ancora non ho superato quell’educazione che un tempo ci rendeva creature remissive e l’umiltà era una delle doti più importanti. Talvolta le persone sono curiose e mi chiedono, allora rispondo, ma una biografia completa credo di non averla mai scritta. Sul retro delle copertine dei miei libri c’è il minimo indispensabile e mai rende giustizia alle tante cose che ho fatto nella vita, Ci provo ora con questo tuo invito, sperando di non tediarti.

Nata in una famiglia di origini contadine, ho avuto dei genitori che mi hanno parlato sempre del loro passato, del dopoguerra, della guerra, della fame e del lavoro dei campi. Mi ritengo molto fortunata ad aver avuto un insegnamento al risparmio, al non spreco. In questi tempi di ecologia ambientale mi ci sento perfettamente a mio agio, non devo fare nulla di diverso da quello che ho sempre fatto, la decrescita è già in me.

I miei nonni paterni si erano trasferiti dalla montagna ligure a Genova nel 1938 e avevano rilevato una latteria. Il fratello di mio padre, più giovane di lui, morì nel 1940 e mio padre rimase l’unico figlio a continuare l’attività di famiglia, che svolse egregiamente per ben 56 e si spense nel suo bar-latteria colpito da infarto, già vedovo. Sono praticamente nata nella bottega e ci sono cresciuta, tanti dei miei racconti riportano i momenti dell’infanzia e dell’adolescenza passati in quel piccolo mondo. Con la malattia, dovetti spesso confrontarmi con periodi lunghi di immobilismo, che, a distanza di tanti anni devo ammettere, furono i più creativi per la mia personalità.

Credo che nella vita ci arrivi sempre quello che possiamo sopportare e che serve per la crescita interiore. A 18 anni iniziai un corso per programmatori/operatori elettronici. Era il boom dell’informatica e trovai immediatamente un buon lavoro in quel settore, diventando in seguito programmatrice cobol. In quegli anni, che racconto nel mio libro I Panni stesi, i miei orizzonti cominciarono ad aprirsi e conobbi quello che divenne poi mio marito e il padre dei miei figli.

Diventata mamma concentrai le mie forze sul ruolo che mi era stato assegnato dalla vita, con passione, amore e tanto desiderio di veder crescere i miei bambini. Per motivi di lavoro mio marito fu trasferito a Milano e ci portò a vivere in Brianza, dove siamo ormai da circa 35 anni. I ragazzi ormai si sentono lombardi e di Genova hanno ben poca memoria. Per me è stato un allontanarmi dai luoghi delle origini, ma per parecchio tempo, andavo spesso a trovare mio padre, finché anche lui venne a mancare e per un anno, lasciatici improvvisamente, dovemmo trasferirci a Genova per sistemare tante questioni lasciate in sospeso. Poi fuggii ancora, per non soffrire troppo; ormai la mia vita era in Brianza. Avevo lasciato il lavoro in azienda, ma rimasi aggiornata sulle varie evoluzioni dell’informatica, finché con un’amica aprimmo un Centro Copie e ripresi il mio lavoro sul computer. Questo impegno lavorativo durò cinque anni, poi, dopo l’interruzione di Genova di quel difficile anno, acquistammo una cartoleria, di fronte al municipio del nostro comune di residenza. Cominciai ad essere conosciuta in paese e mi fu proposto di entrare in una lista civica. Da sempre curiosa, accettai e per nove anni svolsi l’incarico di Assessore ai Servizi Sociali e Vicesindaco. In quegli anni la mia attività di scrivente procedeva alla grande e continuavo ad accumulare poesie e racconti e partecipando a vari concorsi, cominciai anche a vincere numerosi premi. Ho perso il conto, ma penso di essere arrivata sui trecento, non tutti primi, ovviamente. Vendetti la cartoleria e proseguii per qualche anno nell’incarico comunale. Fu in quegli anni che cominciai ad interessarmi di medicina complementare. Scoprii questo dono inatteso e presi l’attestato alla A.MI.University di Milano di Naturopata e Pranopratica. Dopo l’incarico comunale mi dedicai completamente a questa nuova professione, che per me non è mai stata tale, perché ritengo che oggi sia un campo inflazionato abbastanza da annoverare una serie di persone che si spacciano per operatori olistici, ma non hanno la preparazione spirituale per farlo, ma questa è una mia opinione. Ho conseguito attestati per l’uso di Fiori di Bach, di Massaggio AntiDiStress, di meditazione sui chakra, di Reiki e mi sono specializzata nel riconoscimento di erbe spontanee. In un periodo in cui queste discipline erano ancora considerate opera del diavolo, io stavo perfezionando le mie conoscenze esoteriche, senza esserne travolta o diventarne dipendente. Una Fede arrivata in tarda età, come la scrittura, mi tiene ancorata alla mia natura terrena e sfioro l’esoterismo per aiutare le persone che si rivolgono a me. Conosciuto per caso Padre Pietro Burrascano, ho cominciato la collaborazione alla sua rivista Famiglia in dialogo, conclusasi, purtroppo, un anno fa, per suoi raggiunti limiti d’età. Dopo il tumore al seno, nel 2007, ho ridotto drasticamente il mio impegno, ma ho iniziato a tenere conferenze su vari argomenti e partecipo alle attività di alcune associazioni culturali. Il mio impegno col Circolo Pickwick di Besana Brianza, ormai ventennale, mi vede da anni membro di giuria del concorso letterario. Ho organizzato diversi concorsi letterari in alcuni comuni limitrofi e mi viene richiesto spesso di far parte di giurie. Da sei anni rispondo alle domande di un blog su un notiziario dell’Alta Val Trebbia, riguardo le erbe medicinali. Ho organizzato corsi di cucina curativa- In certi periodi mantenevo contemporaneamente rapporti culturali con le origini di mia madre, in Alta Val Trebbia, organizzando con le edizioni Pontegobbo il primo, secondo e terzo concorso letterario a Bobbio. Socia degli “Amici di San Colombano” scrivo articoli sul giornale locale diocesano e partecipo ai pellegrinaggi o agli incontri dell’associazione.

Per qualche tempo ho scritto articoli d’opinione su merateonline e ho tenuto la rubrica natalizia per quattro anni, dal 2012 al 2015.  Sono stati pubblicati miei articoli su Libertà, quotidiano di Piacenza.

In questi ultimi anni ho pubblicato parecchi libri e svolgo un’intensa attività su Facebook, per trasmettere notizie provenienti da diverse parti d’Italia, con le quali sono collegata in vari modi. Per esempio ho iniziato a partecipare al concorso Parole di Terra, organizzato da Pentagora edizioni, in Liguria, da due anni sono inserita nell’antologia del premio e partecipo all’incontro annuale di scambio dei semi chiamato “Mandillo”, che si svolge in Liguria in occasione di Sant’Antonio Abate. L’ultimo lavoro che mi resta da fare è la contadina e in questi ultimi tempi ci sto provando.

Credo sia giusto concludere, precisando che tante delle attività di cui ho parlato, spesso sono sovrapposte tra loro, non mi è possibile elencarle cronologicamente.



Ringraziamo nuovamente Franca Oberti per la gentile disponibilità che la contraddistingue.










      


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