di Pierangelo Colombo

domenica 12 maggio 2019

Salone del libro; Matt Salinger


Al Salone del libro si è parlato di JD Salinger, uno dei maggiori autori americani del novecento. L’occasione è data dall’incontro con Matt Salinger, figlio dello scrittore, che ha parlato a tutto tondo della figura paterna.

Noto al grande pubblico attraverso una brillante carriera cinematografica, Matt, ha esordito descrivendo il proprio rapporto con il padre. “Era una persona atipica, di lui rammento la presenza attenta. Uno sguardo in grado di metterti a nudo, riusciva a capirti, era sensibile e capiva quando era il momento di lasciarmi stare se ne avevo bisogno. Una persona autentica e di animo buono. Aiutava chiunque ne aveva bisogno, a volte venivano dei pazzi a chiedere aiuto, e lui dedicava tantissimo tempo a loro. Ricordo molto bene i suoi occhi gentili”.
Sono stati proprio i libri scritti dal padre che hanno aiutato Matt a conoscerlo più a fondo. Nonostante la celebrità, è stato un padre presente e affettuoso. “Per me è un onore esserne figlio. Anche adesso che non c’è più, continuo a rileggerne i libri, proprio per sentirlo più vicino. Lui era circondato dai suoi libri, per questo non si sentiva mai solo, poteva scegliere il tipo di compagnia che più amava. La stessa cosa faccio io, ogni giorno leggo i suoi inediti, proprio per sentirlo più vicino. Alla sua scomparsa ne ho riletto i libri, soprattutto Franny and Zooey”.
Parlando proprio degli inediti, Matt ne ha confermato la prossima pubblicazione. “Nonostante molte dicerie messe in giro dai suoi biografi, non è vero che il 1995 si stato un anno di frattura. Mio padre ha continuato a scrivere ininterrottamente, Si svegliava presto, tra le 4 e le 5, scriveva per sei ore, poi si riposava riprendendo subito dopo a scrivere sino a tarda sera. Ha smesso di pubblicare perché riteneva che interferisse con la vena creativa. Non intendeva, tuttavia, tenersi gli scritti soltanto per sé. Per questo abbiamo intenzione di pubblicare tutti i testi che ha lasciato”.
Per la tempistica non ha saputo dare delle date certe: “non meno di tre anni, ma non oltre i dieci”. Ha confermato laconicamente lasciando intendere che i testi ereditati non siano stati lasciti esattamente in ordine.

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