Ester Cecere è nata a Taranto il
30/4/1958, dove vive e lavora come ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
occupandosi di biologia marina. E' sposata e ha due figli.
E’ autrice di cinque libri di
poesia:
- “Burrasche e Brezze” che è la
sua opera d’esordio in campo letterario (Il Filo, Roma, 2010)
- “Come foglie in autunno” con
prefazione di Ninnj Di Stefano Busà (Ed. Tracce, Pescara, 2012)
- “Fragile. Maneggiare con cura”
con prefazione di Nazario Pardini (Kairòs Ed., Napoli, 2014)
- “Con l’India negli occhi, con
l’India nel cuore” (WIP Ed., Bari, 2016)
- “Non vedo, non sento e…” con
prefazione di Marina Pratici (WIP Ed.,
Bari, 2017)
e di una raccolta di
racconti
- “Istantanee di vita” (Kairòs
Ed., Napoli, 2015) che è la sua opera d’esordio in narrativa.
Le sue pubblicazioni hanno
figurato nelle maggiori rassegne librarie nazionali (Salone Internazionale del
Libro di Torino, Tempo di Libri a Milano, Fiera del Libro di Firenze, ecc.) e
sono state presentate nelle più importanti città italiane.
Devolve in beneficenza i proventi
della vendita dei suoi libri durante le serate di presentazione.
Dal 2011 partecipa ai concorsi
letterari. Ha ricevuto molti premi e ha ottenuto anche lusinghieri
riconoscimenti sia di pubblico sia di critica, sia per la poesia sia per la
narrativa. Infatti, di lei hanno scritto: S. Angelucci, G. Bàrberi
Squarotti, N. Di Stefano Busà, F. Campegiani, T. Cauchi, C. Consoli, R. Degli
Innocenti, P. De Stefano, F. Donatini, R. Gambini, P. Lucarini, D. Maffia, P.
Matrone, L. Medea, N. Morletti, F. Mulè, P. Olivieri Alfinito, L. Paraboschi, N.
Pardini, C. Piccinno, D. Pisana, P. Polvani, M. Pratici, D. Quieti, M. Rizzi,
R. Sarra, A. Spagnuolo, L. Spurio, R. Tommasi, M. L. Tozzi, S. Valentini, G.
Vetromile.
E’ riportata nei seguenti volumi
sulla letteratura italiana contemporanea:
- “L’evoluzione delle forme
poetiche. La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990-2012).
Archivio Storico. A cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo. Kairos
Edizioni (Tipografia Alfa, Napoli). 2013.
- “Letteratura Italiana
Contemporanea. Figure e orientamenti”. A cura di Andrea Pellegrini e Cristiana
Vettori. Saggio introduttivo di Marino Biondi. Edizioni Helicon (Digital Yeam –
Fano, PU). 2013.
- "Lettura di testi di
autori contemporanei" di Nazario Pardini, prefazione di Pasquale
Balestriere. The Writer Editions, Milano, 2014.
- Enciclopedia On Line degli Autori Italiani, a cura dell’Associazione
culturale Penna d’Autore:
Ha pubblicato, su invito,
in numerose antologie di AA.VV. anche a scopo benefico. Sue opere, inoltre,
compaiono nelle varie antologie dei premi.
Pubblica sulle seguenti riviste letterarie: “Il Porticciolo” edita dal Centro Culturale Il Porticciolo con sede a La Spezia e “Quaderni” edita da Lo specchio di Alice, Associazione culturale per l’Uni-Diversità con sede a Bologna.
Per la sua peculiarità di Ricercatore-Poeta, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito delle celebrazioni dei 90 anni dell’Ente, le ha dedicato un video pubblicato sulla WEB TV del CNR, intitolato: Un giorno da Ricercatore http://www.cnrweb.tv/cecere/
Pubblica sulle seguenti riviste letterarie: “Il Porticciolo” edita dal Centro Culturale Il Porticciolo con sede a La Spezia e “Quaderni” edita da Lo specchio di Alice, Associazione culturale per l’Uni-Diversità con sede a Bologna.
Per la sua peculiarità di Ricercatore-Poeta, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito delle celebrazioni dei 90 anni dell’Ente, le ha dedicato un video pubblicato sulla WEB TV del CNR, intitolato: Un giorno da Ricercatore http://www.cnrweb.tv/cecere/
Per maggiori informazioni si consulti il Sito Web: http://www.estercecere.weebly.com
È un vero piacere ospitare sul nostro blog la
poetessa Ester Cecere.
-Possiamo darci del tu?
-Certo! Dobbiamo darci del tu.
-Innanzitutto vorrei ringraziarti per la
disponibilità e il tempo che vorrai dedicarci.
-Sono io che ringrazio te per avermi
offerto l’opportunità di parlare della mia passione per la scrittura e di
chiarire alcuni miei punti di vista.
-Inizio col chiederti quante e quali opere
hai pubblicato.
-Ho iniziato a pubblicare tardi, quando
avevo più di cinquanta anni. La mia prima raccolta di poesie è uscita nel 2010.
Infatti, sono sempre stata
gelosa delle mie poesie, che solo pochissime persone avevano letto, e pensavo
di tenerle solo per me, come una sorta di diario segreto. Con la maturità,
tuttavia, ho compreso l’importanza della condivisione, del suo potere benefico
che deriva dal leggere gli altri e dal ritrovarci in ciò che essi hanno
scritto. Ho quindi deciso di pubblicare la mia prima silloge poetica, che
raccoglie le poesie scritte sin da quando ero una ragazzina.
Ho pubblicato
cinque raccolte di poesie: “Burrasche e
Brezze” (Il Filo, Roma, 2010); “Come
foglie in autunno” (Ed. Tracce, Pescara, 2012); “Fragile. Maneggiare con cura” (Kairòs Ed., Napoli, 2014); “con l’India negli occhi, con l’India nel
cuore” (WIP Ed., Bari, 2016); “Non
vedo, non sento e…” (WIP Ed., Bari, 2017) e una raccolta di racconti “Istantanee di vita” (Kairòs Ed., Napoli,
2015).
-Proseguo con qualche domanda per conoscerti meglio;
hai detto di aver iniziato a scrivere poesie sin da ragazza, qual è il tuo
rapporto con la scrittura?
-Ho iniziato a scrivere poesie all’età
di quattordici anni ma già quando frequentavo le scuole elementari ho scritto
qualche fiaba. Per me la “scrittura” è come l’aria che respiro, non potrei
viverne senza. E’ un’esigenza imprescindibile della mia vita. Ritengo che sia
nel mio DNA.
La poesia in
me si impone. In più occasioni, ho sostenuto, scherzando ma fino a un certo
punto, che, secondo me, “la poesia sceglie” l’autore e il momento in cui
“nascere”; non è l’autore che decide di scrivere una poesia. A me succede di
avere un’emozione, una suggestione, qualcosa che mi colpisce e mi resta dentro.
Pertanto, o scrivo subito su di un frammento di carta qualsiasi che ho a
portata di mano, oppure scrivo dopo un po’ di tempo, soprattutto se le emozioni
sono troppo forti. In questo caso, esse hanno bisogno di decantare, di
riposare. Nel silenzio le ritrovo sedimentate e questo mi permette di scrivere
con serenità. Del resto, il poeta inglese William Wordsworth, ritenuto uno dei
fondatori del Romanticismo, parlava di “emotion recollected in tranquillity”.
-Quali sono i libri o gli autori che più ti hanno
formata?
-Ho letto tantissimo, soprattutto negli
anni dell’adolescenza, sia di narrativa sia di poesia. Per quanto attiene alla
prima, non ricordo un autore in particolare ma tutti quelli “realisti” hanno
avuto su di me una fortissima influenza, come è deducibile anche dalla mia
raccolta “Istantanee di vita”, i cui
racconti prendono spunto da episodi realmente accaduti.
Per quanto
riguarda la poesia, due poeti, in particolare, hanno avuto una forte influenza
su di me: Giacomo Leopardi e Giuseppe Ungaretti. Il primo, che ho amato e letto
sin dall’adolescenza, mi ha colpito per la capacità di trasmettere con i suoi
versi il profondo, angoscioso dolore esistenziale, che ha dato origine alla sua
poesia, dolore derivante dalla infelicità dovuta alla perdita delle illusioni e
alla conseguenza di vivere senza più speranza. Tra le tante sue liriche, quella
a me più cara è “Canto notturno di un
pastore errante dell’Asia”.
Di Giuseppe
Ungaretti amo la capacità di sintesi, che è particolarmente evidente nelle sue
prime poesie, quelle scritte in guerra, al fronte, per intenderci, poi
confluite nella raccolta definitiva dal titolo “L’allegria”. Ogni volta che le rileggo mi colpisce la brevità delle
sue liriche e, nel contempo, la loro intensità, l’uso sapiente delle parole,
che essendo poche, “condensano” molte emozioni. Con pochissimi versi egli
trasmette la fragilità, non solo fisica ma soprattutto interiore, dell’uomo, la
sua solitudine di fronte alla guerra e, nel contempo, la voglia di vivere che
paradossalmente prorompe di fronte alla morte. Pensiamo al verso “Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita” (da “Veglia”). Sono convinta che la poetica di Ungaretti abbia
fortemente influenzato la mia cifra stilistica. Infatti, le mie liriche sono
molto brevi, i versi sono spesso spezzati da “a capo” che hanno un preciso
significato e le parole ricercate con estrema attenzione. Nella mia seconda
raccolta di poesie, dal titolo “Come
foglie in autunno”, omaggio a Giuseppe Ungaretti, ho dedicato proprio a lui
la lirica che chiude la raccolta dal titolo emblematico “Ricordo d’averti sempre udito”.
-Nelle tue liriche affronti argomenti delicati e di
bruciante attualità, poesie di denuncia nei confronti di questa società
individualistica e miope; a tuo parere la poesia, ai giorni nostri, possiede
ancora la forza di smuovere le coscienze?
-Sinceramente non so se la poesia
riesca davvero a smuovere le coscienze. Del resto chi scrive, proprio nel
momento in cui sta componendo, non si pone questo obiettivo. E tuttavia, il
poeta non deve essere isolato nella sua turris
eburnea. Chi scrive poesie vive nel mondo e trae la sua ispirazione dai
fenomeni della natura, da tutti gli esseri viventi, da chi gli vive accanto,
dagli accadimenti, anche tragici, drammatici, violenti, quali guerre,
epurazioni, genocidi, da fatti di cronaca, come i femminicidi, che lo
colpiscono particolarmente. Del
resto, nella erudita e partecipata prefazione alla mia ultima raccolta di
poesie “Non vedo, non sento e…” anche
la poetessa e critico letterario Marina Pratici, ha sottolineato questo
concetto con la citazione in ex
ergo “La poesia, se è vera, è la voce vera di un
uomo vero in un mondo vero” (Charles Newman, da “A
Symposium”).
Riuscire a
“trasmettere” al lettore “il dolore che il poeta ha fatto proprio” è un “valore
aggiunto” della poesia. Se il coinvolgimento dell’autore è stato forte, lo sarà
anche quello del lettore. L’ho sperimentato con le mie poesie.
Del resto, sono moltissimi i Poeti che, in epoche e situazioni diverse,
hanno scritto “poesie di denuncia”. Per ricordare solo i più famosi, cito
Costantino Kavafis (con la sua raccolta “Aspettando
i barbari. Poesie civili”), Antonio Machado (ricordo solo la toccante
lirica “Il delitto avvenne a Granada”,
in cui denuncia l’uccisione da parte dei franchisti di Federico Garcia Lorca);
il nostro premio Nobel (1959), Salvatore Quasimodo (chi non conosce la sua
splendida e struggente lirica “Alle fronde
dei salici”?); Pablo Neruda (con la sua drammatica poesia, ancora oggi
tristemente attuale, “Spiego alcune cose”),
per arrivare a tempi più recenti con il premio Nobel (1986) Elie Wiesel,
sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti (cito la sua lirica dal titolo
emblematico “Indifferenza”) ed il
premio Nobel (1992) Derek Walcott
(con la sua lunga poesia “Migranti”).
E sicuramente ne avrò dimenticato più d’uno!
-Per ricollegarci alla domanda precedente,
parliamo dell’ultima tua raccolta di poesie “Non vedo, non sento e…”. Come è nata? Una silloge dove ogni
verso, più che una denuncia, sembra uno schiaffo al lettore per destarlo
dall’indifferenza. Quali sono state le emozioni che più ti hanno travolta
durante la composizione di queste poesie? Quali sono i temi che affronti più
frequentemente? C’è un filo che unisce le diverse liriche?
-“Non vedo, non sento
e…” è una raccolta di cinquantacinque
poesie civili, di denuncia, divise per aree tematiche quali, ad esempio, il dramma vissuto da coloro che
fuggono dalle zone di guerra, le privazioni a cui sono sottoposti tanti bambini
e la loro morte spesso atroce, la violenza sulle donne in tutti i suoi aspetti,
incluso il fenomeno delle spose-bambine, la povertà, ecc.
Come ho già precisato le poesie mi sono state
ispirate da accadimenti che hanno profondamente scosso la mia sensibilità di
donna e di madre. Ritengo opportuno ribadire che queste poesie sono state
scritte in tempi diversi, nell’arco di cinque anni. Solo rileggendole, mi sono
resa conto che potevano considerarsi “poesie civili”, “di denuncia”. A questo
punto, durante il famoso labor limae,
che chi scrive poesie ben conosce, ho deciso di renderle volutamente esplicite
nei titoli e nelle dediche poiché, volendo far
passare un messaggio “forte e chiaro”, inequivocabile, nella speranza di
scuotere le coscienze, dovevo essere necessariamente esplicita. A tal proposito, la poetessa Claudia Piccinno, che ha recensito la
raccolta, così si è espressa: “Una poesia didattica più che didascalica... La
Nostra qui è mossa da intenti pedagogici. Non è denuncia fine a se stessa, non
è polemica sterile; ogni suo componimento sembra il monito di Primo Levi…
ricordate che questo è stato”.
Dopo averle lette e rilette, ho deciso, quindi,
di pubblicarle in un’unica raccolta dal
titolo “Non vedo, non sento e…” , titolo che
vuole evidenziare l’atteggiamento “omertoso” dei nostri cuori, come ha messo in
evidenza il poeta e critico letterario Domenico Pisana di Modica, che ha
presentato il libro a Taranto.
Il filo che
unisce le diverse liriche è il dolore di tanta parte dell’umanità come è
anticipato in ex-ergo con la
citazione di Gilbert Keith Chesterton “Comprendere non vuol dire tanto sentire con tutti
quelli che sentono, ma soffrire con tutti quelli che soffrono” e nella prima lirica dal titolo “Da dove vengono le lacrime?” che chiude con i seguenti versi:
Sono le lacrime del mondo,
cadute su di un viso
duro come cuoio
per donargli ancora
un po' d'umanità.
-Nel 2014 hai pubblicato un’altra raccolta di
poesie, anche questa dal titolo molto particolare, “Fragile. Maneggiare con
cura”. Perché questo titolo? Quali argomenti affronti nelle poesie?
-In effetti, il titolo richiama
immediatamente alla mente i trasporti, i traslochi, questo perché quando si
trasloca spesso si movimentano oggetti fragili, che possono rompersi
facilmente; pertanto, è necessario usare la massima attenzione nel maneggiarli.
In caso di danno di oggetti di valore, si chiede anche un risarcimento.
Pertanto, per degli oggetti, per preziosi che siano, si pretende
addirittura di essere risarciti. E per le persone, le loro anime, i loro
sentimenti, la loro dignità? Non sono fragili anch'essi e, quindi, degni di
essere “maneggiati con cura”? Le poesie di questa raccolta, ispirate quasi
sempre da avvenimenti che “maltrattano”, “calpestano” i sentimenti, pongono
l’accento sulla fragilità dell’anima.
-Di professione ti occupi di biologia marina; trai
ispirazione dal tuo amore per il mare?
-Il mare fa parte della mia vita sin da
quando avevo pochi mesi. Del resto, essendo nata e risiedendo a Taranto, vivo
sul mare; come biologa marina, lavoro “con il mare” e “per il mare”, per la sua
salvaguardia, intendo. Il mare è per me fonte di svago e di ispirazione
poetica. Come per moltissimi poeti, famosi e non, il mare ricorre spesso nelle
mie poesie come espressione del mio sentire. Del resto, il mare è metafora di
vita. Scherzando, amo dire che “il mare è il mio liquido amniotico”, che “nelle
mie vene scorre acqua di mare non sangue” e ancora “quando penso al mare, penso
a un innamorato”.
-In “Istantanee di vita”, ti sei cimentata nella
narrativa, un genere letterario che richiede un diverso approccio di scrittura
in confronto alla poesia; in quale genere ti trovi più a tuo agio? Con quale delle
due “penne” ti senti più incisiva?
-Come hai giustamente evidenziato tu, esprimersi tramite la narrazione è
completamente diverso dall’esprimersi in poesia. In poesia c’è molto “non detto”, si lascia molto spazio
all’interpretazione del lettore. Ad un certo punto della mia vita, ho sentito
l’esigenza “di comunicare” in
maniera più esplicita e di concedermi un po’ più di spazio; così sono nati i
racconti brevi pubblicati in “Istantanee
di vita”, racconti, come ho già specificato, d’impronta realistica, che
prendono spunto da eventi realmente accaduti. Alcune delle vicende raccontate
potrebbero sembrare banali, non adatte ad essere oggetto di narrazione ma,
riflettendo, ci si accorge che non è così poiché offrono spunti di riflessione
che ci portano a ricevere degli insegnamenti di vita. Ho riportato su carta
momenti realmente vissuti da me stessa o dai miei amici. Mi trovo a mio agio in
entrambi i generi; certamente, mi sento più incisiva con la “penna della
poesia”, anche perché le mie poesie sono generalmente molto brevi.
-Ami viaggiare, la tua sensibilità poetica ti
permette di vedere il mondo da una prospettiva che sfugge ai più dei
viaggiatori, impressioni che poi traduci in liriche introspettive e richiami
d’attenzione; ti senti gravata da questa responsabilità?
-Viaggiare è una delle passioni della
mia vita come la scrittura. Mi piace non solo osservare località nuove, nel
senso di paesaggi diversi, ma anche civiltà, culture, modi di vivere differenti
dai nostri, da quelli europei, per intenderci. I viaggi mi avvicinano a quella
parte di umanità che è geograficamente lontana e mi portano a conoscere e
comprendere le ragioni di popoli che vivono in contesti molto diversi dal mio,
a non giudicare. Viaggiando, soprattutto ora, nella piena maturità, sono
diventata molto più empatica. No, non mi sento gravata dalla responsabilità di
richiamare l’attenzione del lettore. Come ho già chiarito, si scrive prima di
tutto per se stessi. Attirare l’attenzione del lettore su alcuni aspetti è il
valore aggiunto. Di alcuni episodi da me vissuti durante vari viaggi, ho anche
parlato nei miei racconti.
-Con
l’India negli occhi, con l’India nel cuore, infatti, è una
raccolta di poesie e fotografie, un diario di viaggio e sensazioni. Ce ne vuoi
parlare?
-Questa raccolta, molto particolare,
quasi un poemetto, è stato definito dalla poetessa e critico letterario José
Minervini, presidente del comitato di Taranto della Società Dante Alighieri, un
“reportage in versi”.
E’ stata
scritta al ritorno da un viaggio in India, precisamente nella regione
settentrionale del Rajasthan. Da tempo desideravo visitare l’India, pertanto
quando mi si è presentata l’occasione non me la sono lasciata sfuggire. Ero
curiosa di ammirare l’India dei Maharaja, degli sfarzosi palazzi reali, dei
maestosi mausolei, primo fra tutti il marmoreo Taj Mahal, patrimonio
dell’Unesco, l'India dei fiori di loto, degli elefanti...
Tuttavia,
quello che in me è rimasto di questo viaggio in auto che mi ha permesso di
vedere città importanti ma anche piccoli villaggi rurali, non sono state le
bellezze architettoniche né l’aspetto aspro del paesaggio. Ciò che mi ha
colpito profondamente sono state le miserabili condizioni di vita della maggior
parte della popolazione. Questa miseria assoluta mi è entrata nel cuore, mi ha
sconvolta, ha sovvertito tutta la mia scala di valori. Rientrata in Italia,
ripensando a quello che ho visto e alle forti emozioni che ho provato, le
poesie sono fluite spontanee, irrefrenabili, incontenibili come se volessero
dare voce alle sensazioni avvertite ma anche alle riflessioni scaturite in loco quasi inconsapevolmente,
espresse nella chiusa di ogni breve lirica.
La raccolta è corredata da fotografie scattate in alcuni dei luoghi
visitati che non sono tuttavia illustrazioni fedeli delle poesie.
-Le tue poesie hanno riscontrato un ottimo giudizio
da parte della critica, oltre che a formare un notevole palmares di
riconoscimenti. Quando hai iniziato a scrivere, avresti mai immaginato tutto
questo?
-No, assolutamente no. Ho iniziato a partecipare ai concorsi letterari
per due motivi: capire come veniva valutato quello che scrivo e conoscere
persone che hanno la mia stessa passione e che mai avrei incontrato, dal
momento che frequento solo l’ambiente scientifico. La partecipazione alle
cerimonie di premiazione mi ha dato la possibilità di allacciare vere e proprie
amicizie, durature nel tempo, e conoscere diversi poeti e critici letterari di
caratura nazionale dai quali ho imparato moltissimo.
-Hai qualche rimpianto?
-Si, rimpiango di non essermi addentrata nel mondo letterario prima di
quando l’ho fatto perché avrei potuto cercare l’occasione per conoscere tanti
autori a me cari. Penso Pierpaolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia,
Eugenio Montale, Mario Luzi e Alda Merini, che ha vissuto a Taranto in un breve
periodo della sua vita
Ringraziamo Ester per la disponibilità e la cortesia nel dedicarci il suo tempo.
Di P. Colombo
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