I FIGLI DALLA NASCITA ALLA MATURITÀ
1) PATERNITÀ E MATERNITÀ RESPONSABILI
Entro
la vita della coppia hanno un loro posto di specifica importanza i figli che ci
sono e anche i figli che non ci sono. Infatti la natura stessa inclina l’uomo
e la donna a ricercare i figli come una componente essenziale della loro vita
di coppia. Con questo non vogliamo affermare che i figli siano un diritto
che metta in condizione i due coniugi di andare oltre i limiti che la natura
stessa ha posto, anche perché, quando parliamo di figli, non intendiamo solo
quelli generati, ma tutti i bambini che hanno diritto ad avere dei genitori,
per cui quando questi vengono meno, possano essere sostituiti entro il contesto
comunitario a cui le singole coppie sono di supporto. A questo punto sarebbe
utile che la coppia abbia a riflettere un momento sull'argomento della
paternità e maternità responsabili. Infatti gli atteggiamenti che si
assumono in ordine alla ricerca o al rifiuto dei figli entrano e danno un volto
alla coppia. Da qui l’importanza che si affronti questi temi nel periodo
del fidanzamento, non solo per essere al corrente di ciò che pensa l’altro, ma
soprattutto per raggiungere un punto di convergenza che individui la linea da
seguire. A questo riguardo una coppia che abbia ricevuto il Sacramento del
Matrimonio, quando pensa ai figli non può ignorare la provvidenza di Dio ed il
suo disegno; spesso invece anche le coppie che si dicono cristiane fanno i
propri conti fondandosi solo su elementi umani, senza avere neppure il dubbio
che questi medesimi elementi siano falsati da una cultura che nega la vita.
Può
capitare che il figlio venga cercato come soluzione di problemi emergenti nella
coppia. Questo è un gravissimo errore, perché non fa altro che spostare i problemi
della coppia, così che se li ritroverà poi aggravati, il momento in cui i figli
diventano autonomi. Paternità e maternità responsabile non deve essere il
tappeto sotto cui si scopano tutte le porcherie del pavimento, ma deve essere
un atteggiamento di conoscenza e di controllo dei propri problemi, perché non
diventino il motivo per ricercare il figlio, altrimenti il figlio sarà solo lo
specchio che ci fa vedere tutti quei problemi che ci siamo buttati alle spalle,
col rischio di cadere nella illusione che quei problemi siano suoi. Tuttavia i
figli entrano di forza e cambiano la vita della coppia, soprattutto quando
sono piccoli, creando abitudini nuove, che poi si protraggono nel tempo quasi
rincresca alla coppia stessa che i figli crescano e le esigenze cambino. A
questo riguardo vorrei invitare i genitori a non lasciarsi condizionare
talmente dalla presenza dei figli così da perdere la loro autonomia di coppia.
Se capitasse ciò, il giorno in cui i figli andranno per la loro strada, la
coppia non avrebbe più nessuna ragion d'essere. Non dobbiamo dimenticare che i
rapporti sesso-genitali non hanno solo la funzione di procreare, ma anche la
funzione di consolidare l’unità della coppia; ciò per dirci che, oltre i
figli, il matrimonio ha la funzione di preservare la coppia. L’indissolubilità
della coppia non deve essere vista come una imposizione dall’esterno, ma come
una esigenza che nasce dal nostro essere cristiani e perciò dalla
partecipazione alla liturgia dell’incarnazione di Gesù Cristo, e perché ciò si
attui è necessario vivere la dinamica del matrimonio.
Vorrei
solo accennare ai figli che non ci sono.
Se non sono venuti nonostante fossero cercati, lasciano nella coppia un alone
di nostalgia che si esprime come senso di vuoto che la coppia stessa cerca di
superare rendendo più stretti i rapporti reciproci, col rischio di chiudersi
all'ambiente. Tuttavia oggi il rischio più grosso che può correre una coppia
è quello di volere ad ogni costo il figlio, usando tutte le tecniche che la
scienza ci mette a disposizione, senza neppure porsi il problema del loro
valore etico. Ciò significa che si è arrivati a rendere assoluto il desiderio
di avere un figlio, in quanto viviamo in una cultura che mette in condizione le
persone di sentirsi padrone della vita. Se invece i figli non ci sono, e in un
certo periodo non sono stati voluti, oltre la nostalgia abbiamo vaghi sensi di
colpa che tingono un po' tutta la vita della coppia rendendo amari i reciproci
rapporti ed esprimendosi anche con accuse più o meno velate lanciate
all'indirizzo del coniuge. Che questo sia un atteggiamento deformante la vita
della coppia è dimostrato dal fatto che, se anche dopo i vari tentativi di
inseminazione artificiale, i figli non vengono, spesso la coppia si lega a un
cane, oppure ad un gatto, o anche a un coniglio, o altri animali, che in casa
prenda il posto del figlio. Non penso che questo fatto abbia bisogno di altri
commenti. La coppia deve saper superare queste forzature per arrivare a
vedere la propria vita alla luce della provvidenza di Dio e chiedersi che
cosa vuole la provvidenza di Dio, a quale vocazione ci indirizza e quali
strumenti dobbiamo mettere in atto per poterla realizzare in funzione della
nostra perfezione e del bene comune.
Un'altro
momento importante nella vita della coppia è il matrimonio dei figli. Ma qui
siamo già nell'età avanzata, coi suoi ritmi nuovi e anche coi suoi problemi e
le maggiori difficoltà. Su ciò fermeremo la nostra attenzione in seguito.
Vediamo
ora una fase della vita dei figli:
2) L'ADOLESCENZA DEI FIGLI.
La prima affermazione che vorrei fare è questa: L'uomo
è un essere che vive il presente in funzione del futuro con la ricchezza del
passato. Dietro questa affermazione sta un concetto molto forte e cioè: non
possiamo ridurre l’uomo all’effimero; infatti non possiamo capire l’uomo
guardando solo il suo presente. Ne segue che, pur parlando di adolescenza
dei figli, dobbiamo tener presente tutta la loro vita. Spesso, quando noi
parliamo della fase vissuta da una persona, ci comportiamo come se tale persona
non abbia altra esperienza. Questo atteggiamento deforma sia la ricerca che il
rapporto con le persone. L’adolescenza è il punto di arrivo non solo di un
cammino che è durato diversi anni, ma il punto di arrivo della costruzione
anche della strada che ha permesso il cammino.
Cercherò di spiegare questa affermazione tracciando
brevemente le tappe della vita della persona, anche per il fatto che i figli
non nascono adolescenti, per cui già da anni vivono una dinamica di rapporti
coi genitori, che hanno profondamente inciso nella loro vita, plasmando quel
carattere e quella fisionomia che li identificano, distinguendoli da tutti gli
altri.
Nei primi anni di vita quando il bambino non ha un suo
passato personale, i genitori sono il suo passato. Ci chiediamo quanto possa
essere importante questa fase della vita, anche per il fatto che il bambino non
è consapevole di tutto ciò. Eppure dal modo con cui i genitori guidano il
figlio a vivere questa fase della sua vita dipende l’attualizzazione o meno della
formazione e interiorizzazione del suo schema corporeo e della sua dimensione
sociale. L'arte dei genitori consiste nel far sì che il bambino si renda
consapevole del proprio passato e lentamente faccia a meno di loro. In
questa dinamica passiamo da un rapporto di dipendenza ad un rapporto di amore e
rispetto.
In primo luogo dobbiamo tener presente che la vita
psico-fisica del figlio non viene dal nulla, ma è intessuta della ricchezza
genetica che gli viene trasmessa dai genitori. Qui vorrei ricordare che i
geni del padre e della madre non si assommano, ma si sintetizzano formando il
nuovo essere esistente; ma questi geni portano in sé tutta la ricchezza
dell'umanità. Quella ricchezza che dà al bambino la capacità di adattarsi
all'ambiente in cui verrà a vivere e la capacità di essere se stesso in questo
ambiente, senza lasciarsi fagocitare e senza mettersi in opposizione. Oltre la
ricchezza genetica i genitori trasmettono al figlio anche la ricchezza
accumulata da loro lungo gli anni della loro vita; per questo è importante che
i genitori si costruiscano uno stile di vita che li caratterizzi e li
identifichi. La sintesi di queste ricchezze personali che avviene attraverso le
singole generazioni porta a quella lenta trasformazione che permette alla
persona di vivere il meccanismo psichico fondamentale della emotività in un
ambiente che modifica continuamente la propria conformazione.
Abbiamo poi le esperienze che il bambino vive nel
periodo di gestazione nell'utero della madre. Esperienze che entrano con le
tendenze genetiche a far parte di quel filtro che il bambino userà per filtrare
la realtà con cui viene in contatto per accettarla o rifiutarla. Possiamo dire
che ci troviamo di fronte al primo abbozzo della sua personalità. Infatti il
bambino nasce con inclinazioni precise, con tendenze e con un suo modo di
vedere tutto ciò che sta fuori di lui. Da ciò possiamo dedurre quale debba
essere l’attenzione dei genitori, non solo della madre, anche se è chiamata in
modo diretto e maggiormente coinvolgente, durante il periodo della gestazione,
a far sì che il figlio possa avere un bagaglio di strumenti che lo aiutino a
inserirsi nel flusso della vita nel migliore dei modi.
Dal momento in cui il bambino nasce ha già una
ricchezza di passato suo personale, ma di cui non ne è consapevole; per cui quel
passato a cui si riferisce nel primo periodo della sua vita è dato dai
genitori. Sono loro il suo passato! Inoltre i genitori sono la sua memoria;
attraverso i genitori, soprattutto la madre, il bambino si accosta progressivamente
alla realtà. Perciò sta alla madre fare in modo che il figlio si apra ad una
realtà amica, accogliente. La madre deve sapere quanto i suoi atteggiamenti e
di conseguenza i suoi comportamenti influiscano sul figlio, creando in lui
apertura o chiusura verso una realtà che può essere percepita come amica o come
nemica.
Man mano che il bambino cresce si fa un suo passato,
non solo consapevole, ma anche inconscio.
Abbiamo quindi un cammino che porta il bambino dalla
simbiosi coi genitori - all'allontanamento per scoprire il mondo in cui vive -
all'apertura agli altri nella ricezione del proprio ruolo (durante il periodo
dai cinque ai nove anni) - alla grande crisi puberale, che è il distacco
definitivo dal passato dei genitori per costruire la propria vita sul passato
personale. Siamo di fronte ad un susseguirsi di tappe che non avviene
automaticamente, ma esige una continua interazione tra genitori e figlio,
così che possa passare da una tappa all’altra senza intoppi e senza
regressioni. Sappiamo che ci sono momenti in cui le difficoltà sono maggiori,
sappiamo pure che ci possono essere frustrazioni e traumi. Tutto ciò lascia una
traccia che segna il soggetto. La presenza dei genitori può rendere anche meno
profonde tali tracce. Di fronte a tutto ciò i genitori spesso si chiedono: come
possiamo sapere se questo lungo cammino viene percorso bene o meno da nostro
figlio? La risposta è: dall'equilibrio che la persona ha. La persona è
equilibrata, quando il passato genetico ed ontologico si fondono in modo organico
nel passato personale (senza traumi o fissazioni) per essere il terreno su cui
si costruisce il presente in funzione del futuro. A questo punto i genitori
devono stare attenti alle frustrazioni che inibiscono il futuro e scoraggiano e
annullano anche le più belle ricchezze di un passato! I genitori comprendono
l’importanza della loro presenza e la necessità che questa presenza sia
adeguata. Perciò i genitori devono rendersi consapevoli che hanno a
disposizione degli strumenti: in primo luogo la disponibilità e la
collaborazione con lo Spirito santo per mezzo della partecipazione alle
celebrazioni liturgiche, della meditazione e della direzione spirituale; in
secondo luogo hanno la possibilità di usufruire delle conoscenze che derivano
dalle varie scienze psicologiche, antropologiche e sociologiche. Ciò esige
l’appartenenza ad una comunità che li aiuti ad uscire dalla solitudine per
far parte attiva della medesima comunità.
Spesso si parla di frustrazioni e qualche volta si dà
l'impressione che al figlio bisogna concedere tutto, per evitargli le
frustrazioni. Questo è falso! Dobbiamo distinguere tra frustrazione,
rinuncia e sacrificio. Il sacrificio è l'impegno che richiede sforzo, fatto
per un ideale da raggiungere; questo sforzo nasce da un atteggiamento
religioso, perciò diventa un atto di culto che fa di noi un sacrificio, cioè
una cosa sacra. La rinuncia è la capacità di fare a meno di cose che al momento
possono essere gratificanti, ciò sempre per un ideale da raggiungere. Non è
detto che si rinunci sempre a ciò che è male, spesso siamo chiamati a
rinunciare ad un bene minore in funzione di un bene maggiore sperato; possiamo
anche rinunciare a cose materiali in favore di cose spirituali o anche
religiose. La rinuncia diventa inibizione quando non si ha un fine da
raggiungere che sia più importante. La rinuncia diventa il segno della nostra
capacità di fare delle scelte che siano finalizzate. Quando parliamo di ideale
intendiamo il modo con cui uno vede la propria vita proiettata nel futuro. La
frustrazione, invece, è l'atteggiamento di chi rifiuta la rinuncia per cui la
subisce e la vive come menomazione delle proprie capacità espressive.
Questa avviene in proporzione a quanto uno valorizza le gratificazioni presenti
a scapito della proiezione della propria vita verso il futuro, cioè a scapito
dell'ideale. Siamo di fronte a quelle persone che non hanno saputo passare dal
principio del piacere al principio della realtà. Perciò la frustrazione è la
sensazione vissuta da uno che vuole stare nell’effimero, oppure si accorge che
non può avere tutte le soddisfazioni sperate. Possiamo dire che il frustrato è
colui che pretende avere la moglie ubriaca e la botte piena. Qui la funzione
educativa dei genitori consiste nel portare i figli a distinguere tra frustrazione,
rinuncia e sacrificio e contemporaneamente aiutarli ad aprire i loro orizzonti
perché non abbiano a sentirsi sempre il centro dell’universo e abbiano a vedere
la propria vita proiettata nel futuro come momento di propulsione per vivere il
presente. A questo riguardo i genitori devono essere accorti a far capire ai
figli la differenza tra proiezione nel futuro e fuga nel futuro. Qui siamo
ormai nella dinamica del dialogo tra genitori e figli nel momento in cui si
aprono all’adolescenza. In questa dinamica è importante che i genitori abbiano
chiaro il concetto di rinuncia e di sacrificio e quale possa essere il loro
legame. Innanzitutto abbiamo detto che la rinuncia ha senso solo in funzione di
un bene maggiore, ciò può avvenire solo in un contesto religioso, in quanto il
motivo che fonda la rinuncia è la volontà di Dio; ne segue che chi rinuncia
diventa sacrificio gradito a Dio.
La persona equilibrata non fugge né in avanti né in
dietro. Per vivere la propria vita e non avere fughe è necessario avere la tecnica
(la rinuncia-sacrificio per passare dal principio del piacere al principio
della realtà) e i mezzi (ideali per vivere il presente con lo sguardo al
futuro). Solo quando i genitori sono capaci di educare i figli ad essere
sacrificio e all'ideale, li mettono in condizione di non avere frustrazioni.
Non dovranno proprio essere i genitori che si interpongono tra la vita e i
figli per evitare loro fatiche e contrattempi, altrimenti creano veramente dei
frustrati. Per sapere che cosa è il dolce è necessario assaggiare prima
l'amaro! I genitori accorti sanno accompagnare con attenzione e delicatezza i
loro figli, lasciando loro gli spazi perché possano fare le proprie esperienze.
La nostra società, che sta scivolando nella verbalizzazione paranoica, non aiuta
certo a fare le proprie esperienze. Qui vediamo l’importanza della presenza
accanto ai genitori di educatori che, condividendo con loro fede e
convinzioni, li aiutino in questa loro missione così importante.
Dobbiamo ricordare che la vita non è un equilibrio né
attivo e tanto meno passivo: è la capacità di prendere consapevolezza del
proprio futuro e incarnarlo nel presente. In una parola: è una sintesi,
continuamente rifatta nel presente, di un passato in funzione del futuro. Per
cui possiamo dire che la vita è una conquista e ogni conquista richiede
sforzo, volontà e tenacia. Abbiamo continuato a parlare di futuro senza
specificarlo col rischio di creare confusione. Per futuro non intendiamo quello
nel tempo, in quanto è sempre relativo e limitato e perciò non può giustificare
certe rinunce che portano ad essere grosso sacrificio, diventando fonte di
frustrazione. Per futuro intendiamo l’eterno in cui incontriamo in modo
definitivo Dio che si partecipa a noi nel suo mistero trinitario, ed in questa
partecipazione possiamo vedere in tutta la sua luce il senso ed il valore delle
nostre scelte. Sarà utile ricordare che possiamo accostare questo futuro
partecipando alle celebrazioni liturgiche così che diventi caparra di ciò che
saremo.
Torniamo ora a vedere i due punti che abbiamo
accennato sopra, nella loro progressiva applicazione e quale debba essere la
presenza dei genitori:
1. La tecnica, cioè essere sacrificio, si acquista
nei primi anni di vita. Sono illusi quei genitori che aspettano che il
figlio sia più grandicello e incominci a capire per indirizzarlo col
ragionamento ad essere sacrificio. Il figlio capisce fin troppo bene fin dai
primi giorni di vita quale tipo di comportamento deve assumere come risposta
agli atteggiamenti dei genitori. Per cui se non lo si abitua subito ad avere
delle regole nella vita, certo sempre secondo la sua età e le sue capacità,
senza ansie o cedimenti, non si abituerà mai. Avere le regole significa
saper fare delle scelte. Non sono certo le ansie dei genitori che creano gli
equilibri dei figli. Spesso infatti queste ansie hanno come finalità solo fare
bella figura con gli altri, perché il figlio sa essere pulito oppure sa essere
educato. Ma non sta solo qui la vita della persona! Risulta in questo modo che
i genitori abbiano una duplice condotta: l'una per il pubblico e l'altra per il
privato; finiscono così per disorientare maggiormente il figlio creando in lui
incertezza, ansia e quindi frustrazione. Inoltre non possiamo pretendere che i
genitori insegnino al figlio che è necessario conformarsi alle regole, quando
loro non vi si conformano in alcun modo. L’educazione parte dall’esempio,
poi le parole avranno il loro peso. Potranno due genitori che non hanno mai
rinunciato a nulla, in quanto vivono solo l’effimero, educare il figlio a fare
delle rinunce per raggiungere un bene maggiore? Tali genitori non devono
meravigliarsi se, nonostante le parole e i loro predicozzi, i figli non
rinunciano mai a nulla.
2. I mezzi, cioè gli ideali, vengono forniti al
figlio da parte dei genitori nel periodo in cui acquisisce il proprio ruolo nel
mondo e nel rapporto con gli altri. Per ideali intendiamo le convinzioni
che, sollecitate dai sentimenti, nascono da un serio confronto tra le proprie
idee e la verità. Solo quando ci sono degli ideali si ha il coraggio di
proiettare la propria vita verso il futuro, mentre si vive intensamente il
presente. E gli ideali nascono dalla speranza, non dalle illusioni o dalle
utopie. La speranza è una certezza che ci è donata dallo Spirito e che affonda
le proprie radici nella Parola di Dio conosciuta attraverso la partecipazione
alle celebrazioni liturgiche e alla meditazione e assimilata per mezzo della
direzione spirituale. A questo punto i genitori dovrebbero chiedersi se al
figlio propongono delle speranze o delle utopie, cadute le quali si crea
solo il vuoto nella vita. L'esperienza di questi ultimi anni ci ha mostrato
quanto sia disastroso creare delle utopie! Quando sopravviene la crisi, tutto
crolla. È utopia lo sport agonistico a cui si indirizza il figlio nella
speranza che diventi un campione; è utopia la scelta dello studio che porti a
guadagnar tanto lavorando poco; è utopia da parte delle ragazze coltivare solo
la bellezza esteriore nella speranza di uscire dalla massa per diventare una
diva; così come è utopia da parte del ragazzo dare tutto il tempo libero alla
palestra nell’illusione di presentarsi come un bel fusto. La demarcazione
tra l’ideale e l’utopia è molto leggera, per cui, se non vogliamo cadere
nell’utopia, abbiamo bisogno di partecipare alle celebrazioni liturgiche
che, inserendoci nella liturgia di Dio, ci portano a confrontarci sulla verità
che ha come conseguenza la formazione in noi delle convinzioni che, proiettate
nel futuro, assumono il volto di ideali.
Da qui la responsabilità di coloro che formano il
passato del bambino (i genitori) prima ancora di tutti gli altri collaboratori.
Infatti spetta ai genitori lavorare su questi due punti. Quando il bambino va
alla scuola materna, è ormai tardi e si può fare ben poco.
Tenuto presente che il periodo dell'adolescenza non è
staccato dal resto della vita vissuto in antecedenza, ma ne è la continuazione,
ne deriva che quella personalità che troviamo in germe nel bambino, sboccia
e viene indirizzata verso la sua maturazione nel periodo dell'adolescenza.
In questo periodo arriva alla sua maturità anche la vita affettiva, così che si
aprono nuove prospettive di rapporti umani. Tutto ciò si attualizza solo a
condizione che i genitori abbiano guidato i loro figli fin da piccoli a vivere
quel Battesimo che hanno chiesto fosse loro amministrato in un rapporto
personale con Dio entro il contesto comunitario, partecipando alle celebrazioni
liturgiche, alla catechesi e alle attività comunitarie. I genitori per attuare
questo impegno devono saper affidarsi alla Sacra Famiglia nel momento descritto
nel Vangelo secondo Luca in cui Gesù viene ricercato e trovato nel tempio da
Maria e Giuseppe.
Quando si parla dell'adolescenza subito si mette in
evidenza come periodo di crisi. Qualcuno dice: "l'età della stupidera".
Dobbiamo essere molto cauti a dare certe definizioni così drastiche ed
unilaterali. Se per crisi intendiamo il passaggio dal seme al germe e quindi
alla pianta, allora possiamo essere d'accordo; se per crisi intendiamo il
sorgere di qualcosa di nuovo che prima non c'era e che sta nascendo: ben venga.
Ma se per crisi intendiamo una deviazione dalla strada della crescita, oppure
uno stato di malattia, allora, è tutto da discutere. Ci possono essere,
infatti, anche questi casi, ma sono patologici, sono l'eccezione, non la norma.
Noi sappiamo quanto sia delicato il momento in cui sboccia un fiore e di quanta
attenzione abbia bisogno perché non sia sorpreso dal gelo oppure abbia
sufficiente acqua. Così è la vita dell’adolescente che richiede la necessità di
una presenza amorosa e discreta da parte dei genitori e della comunità.
Che anche l'adolescente si trovi a disagio con se
stesso perché incomincia a scoprirsi in tutte le sue potenzialità e in quegli
angoli nascosti della propria vita, è pienamente vero. È pure vero che ci sia
un disorientamento, ma non è vero che sia l'età della "stupidera", in
quanto è l’età in cui chi ha fatto un vero percorso di maturazione ha la
capacità di proiettarsi nel futuro con scelte generose e impegnate. Infatti
è il periodo in cui il soggetto prende coscienza di se stesso, incomincia a
prendere consapevolezza del suo passaggio da un passato non personale a un
passato personale e da qui incomincia a guardare in faccia al proprio futuro
con un altro atteggiamento, così personale, da opporlo a chi gli sta attorno,
in modo particolare ai genitori; siamo di fronte ad una opposizione di
progresso e non di rifiuto.
È un periodo difficile, quanto può essere difficile al
seme passare ad essere germe per poi diventare pianta, ma è nella linea
naturale della crescita. Se i genitori fanno in modo di essere presenti nella
vita dei loro figli fin dall'inizio, mantenendo sempre il massimo rispetto
della loro persona e aiutandoli a costruire la loro libertà, allora
l'adolescenza non sarà il momento dei cicloni che tutto distruggono, ma sarà
l'inizio di una primavera che prelude a un'estate ricca di frutti.
Vorrei concludere insistendo in modo particolare
perché i genitori sappiano avere una visione più positiva di questo periodo
della vita dei loro figli, non perché si voglia essere degli illusi ad ogni
costo, ma perché solo in clima di ottimismo si sa scoprire tutto ciò che di
positivo c'è nell'adolescenza. Dobbiamo inoltre ricordare che gli atteggiamenti
dei genitori hanno un grandissimo influsso sul concetto che i figli possono
avere di se stessi, per cui l'ottimismo dei genitori influisce sui figli, dando
loro maggiore sicurezza per affrontare questa esperienza tutta nuova, per cui
anche di fronte alle difficoltà si scoraggiano più difficilmente. È stato
sperimentato che la fiducia riposta e manifestata verso una persona, porta
questa stessa persona a rendere fino al 40% in più, perché, forte della fiducia
dell'altro, arriva a fidarsi maggiormente in se stessa.
Sarebbe un discorso incompleto, se non tenessimo
presente il fattore religioso che ci porta ad essere liturgia di Cristo
sacrificio gradito al Padre e che contemporaneamente ci proietta nell’eterno,
dove troviamo la nostra piena realizzazione, e dove genitori e figli troveranno
quella unità che non si è potuto avere sulla terra a causa del peccato e delle
sue conseguenze.
di don Carlo Colombo
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