Questa
settimana, per la rubrica dedicata alla memoria della Grande Guerra, vorrei
proporvi un libro di Gerardo Unia, si tratta de “L’11ndicesima battaglia.
Sulle tracce di un soldato cuneese caduto sulla Bainsizza”, edizioni
Nerosubianco.
Ma cosa è
stata l’ undicesima battaglia dell’Isonzo? Ripercorriamo gli avvenimenti:
all'inizio di agosto il generale Cadorna preparò quella che sarebbe dovuto
essere la più grande offensiva mai
vista prima sull'Isonzo. Certo che in Trentino non ci sarebbero
stati attacchi da parte degli austriaci, il generale spostò dodici divisioni
sull'Isonzo, ben 3750 cannoni e 1900 bombarde furono concentrate sull'Altopiano della Bainsizza. Il fronte
italiano disponeva in quel momento di più di mezzo milione di soldati pronti per attaccare. Nei
primi giorni di agosto ci fu un bombardamento intensissimo tra l'altopiano e il
Monte Ermada. All'alba del 19 agosto
cominciò l'attacco con la fanteria. La Terza Armata avanzò ad est raggiungendo
le macerie del villaggio di Selo
mentre sulla Valle del Vipacco
non ci fu alcun progresso. La Seconda Armata si addentrò invece per svariati
chilometri all'interno dell'Altopiano
della Bainsizza riuscendo a catturare più di 11 mila
prigionieri.
La stessa situazione si presentò una volta giunti ai piedi del Monte Santo il 24 agosto: in pochissimi minuti il reggimento italiano raggiunse la cima prendendone possesso. Ma nei giorni successivi l’avanzata italiana si interruppe bruscamente. L'Altopiano della Bainsizza si dimostrò un terreno arduo per gli spostamenti. Inoltre l'ultimo obiettivo, il Monte San Gabriele, era ben presidiato dagli austro-ungarici. Nei successivi 20 giorni si susseguirono diversi attacchi che costarono la vita a 25 mila soldati italiani, ma la cima non cadde. Il 19 settembre l'offensiva venne sospesa.
La stessa situazione si presentò una volta giunti ai piedi del Monte Santo il 24 agosto: in pochissimi minuti il reggimento italiano raggiunse la cima prendendone possesso. Ma nei giorni successivi l’avanzata italiana si interruppe bruscamente. L'Altopiano della Bainsizza si dimostrò un terreno arduo per gli spostamenti. Inoltre l'ultimo obiettivo, il Monte San Gabriele, era ben presidiato dagli austro-ungarici. Nei successivi 20 giorni si susseguirono diversi attacchi che costarono la vita a 25 mila soldati italiani, ma la cima non cadde. Il 19 settembre l'offensiva venne sospesa.
Pregasi comunicare coi dovuti riguardi alla famiglia
che il caporale Unia Lorenzo fu Lorenzo e da Viano Teresa, nato a Cervasca
(Cuneo) il 7 agosto 1880, lavorante in paste, marito di Fantino Maria Teresa, è
deceduto a Siroka Njiva il giorno 26 agosto 1917 in seguito a ferita riportata
per fatto di guerra. La famiglia abita in via Ospizio 28. Si prega accusare
ricevuta. Firmato: il ten.col. Comandante del Deposito.
Da questo freddo comunicato burocratico inizia
l’indagine di Gerardo Unia, che si è recato in Slovenia, sull’altopiano
del Lom, dove il nonno è caduto
nel corso dell’undicesima offensiva italiana sull’Isonzo. Ricostruendo le
vicende di uno dei quasi sei milioni di arruolati nel 1915-18, è nata la storia
di una ricerca della verità, oltre che del corpo del nonno. ‘Sul Carso il nemico è a 100, 200 passi, in certi tratti a 40-50
e in uno addirittura a 3 passi. Per chi alza la testa è la morte.
Di giorno, si è costretti a restare sempre sdraiati, l’artiglieria rovescia la
terra intorno e fa grandinare addosso schegge, sassi e pezzi di cadaveri in
decomposizione’. Le trincee sono infestate da grossi topi. Dopo due o tre giorni, gli uomini provano un tal
senso di nausea da perdere completamente l’appetito. Fanti che
venivano spinti costantemente all’offensiva, contro postazioni inespugnabili.
Salivano dal basso verso l’alto, su pietraie, fra siepi di filo spinato, sotto
il tiro di mitragliatrici e cannoni. Per i difensori era un tiro al bersaglio.
‘Ci aspettano senza far fuoco fin sotto i
reticolati, per essere sicuri che nessuno possa scamparla, poi musica’,
scriveva Carlo Salsa, ufficiale sul Carso. Perdite enormi, i soldati vanno all’assalto delle trincee, piangendo,
annotava il colonnello Gatti, addetto storico del Comando Supremo.
Un libro che
rende bene l’idea di quale devastante follia sia stata la prima guerra
mondiale, di cui, ancora oggi sono visibili le cicatrici, come la cima del
Monte Santo che si è abbassata di 16 metri in quasi un mese di combattimenti
nella decima battaglia dell’Isonzo, 12 maggio-6 giugno 1917, 160.000 vittime
per un nulla di fatto.
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