Alessio Masciulli è nato a Pescara nel 1978. Nel 2008 pubblica il suo primo
romanzo Credevo bastasse amare, Falco Editore. Successivamente è la
volta di Favole sotto le stelle, una raccolta di poesie e nel 2012 un
nuovo romanzo intitolato Mandami una farfalla, una sorta di secondo
tempo della sua opera prima. Nel 2014 pubblica Voglia d’evoluzione,
Tracce Edizioni, il libro che segna un netto stacco dalle precedenti
produzioni, seguito, nel 2016, da Credi in me. Opere il cui filo
conduttore, proiezione dall’ottimismo e la positività dell’autore, è il coraggio di scegliere la propria strada
senza mai aver paura delle conseguenze. Nel febbraio 2017 fonda la Masciulli Edizioni preoccupandosi di scoprire e supportare nuovi talenti. Fra mille
impegni, fra cui promozione e organizzazione di eventi letterari, pubblica Condominio
78, il posto dove abitano le storie, una raccolta di racconti.
E con estremo
piacere che colgo l’occasione per porgere qualche domanda all’infaticabile
autore editore Alessio Masciulli.
Voglio innanzitutto ringraziarti per la disponibilità. Iniziamo con
il conoscerci meglio.
- Qual è stato
l’autore o il libro che più ti ha appassionato?
- A dire il vero
ogni volta che leggo un bel libro rivedo la mia classifica e siccome leggo
molto essa è sempre in evoluzione ma posso certamente affermare che uno dei
primi autori che qualche anno fa ha stuzzicato la mia curiosità e voglia di
scrivere è stato Dan Brown con il libro ʻIl Codice Da Vinciʼ
- Sei una
persona estremamente positiva, quanto di questo modo di affrontare la vita ti
ha aiutato nel tuo lavoro?
- Credo che la
positività aiuti in qualsiasi campo ma nel mio lavoro è molto importante perché
gli autori che scelgo hanno bisogno di dinamicità e sorrisi, di persone allegre
e pronte ad ascoltarli senza ritenersi esseri umani superiori. La positività si
crea e rafforza giorno dopo giorno e mi aiuta molto per superare il continuo
crescere degli impegni.
- Sei un vulcano
di idee, autore, editore, promotore, organizzatore di eventi letterari, autore
di “pillole di libri”. Ma dove trovi tutta questa energia?
- La trovo nella
libertà di poter dare finalmente sfogo a tutto quello che mi viene in mente, a
volte ci freniamo solo perché il contesto in quel momento ci vieta di essere
noi stessi; ho lavorato per anni chiuso in fabbrica e quando proponevo qualcosa
di innovativo ai miei titolari mi facevano sentire solo un numero così ho
scelto di scegliere e di liberare tutta la fantasia e creatività che avevo
dentro mettendomi in proprio.
- Quant’è
importante per te scrivere?
- La scrittura
per me è importantissima è stata sempre una forma di terapia, unʼamica che ti
ascolta sempre e che assorbe i miei momenti negativi, anche quando gli impegni
sono tantissimi e il tempo diventa minimo, lʼattimo per buttare giù qualche
riga lo cerco sempre per ritrovare la mia direzione.
- Come autore
qual è la tua opinione sull‘editoria italiana?
- Come autore
posso dire che lʼeditoria italiana è diventata una macchina per fare soldi e
spesso, purtroppo, troviamo sugli scaffali libri ʻinutiliʼ ma scritti da personaggi
famosi ed influenti e quindi potenzialmente vendibili. Siccome tutto ruota
attorno alle vendite spesso ci ritroviamo tra le mani un pessimo libro. In ogni
caso le grandi case editrici sanno lavorare bene, forse lʼunico problema è che
oggi sono tutti scrittori e sempre meno lettori.
- E in veste di
editore, come giudichi il crescente numero di autori esordienti?
- Mi ricollego
alla precedente risposta: oggi molti scrivono e la cosa più brutta e che alcuni
credono di aver scritto il libro perfetto. Il meccanismo sʼinceppa proprio lì,
ci vorrebbe più selezione e più responsabilità. Far arrivare un libro in
libreria è una responsabilità e se tutta la trafila funzionasse bene,
troveremmo sicuramente meno volumi ma con più qualità.
- Parliamo ora
del tuo ultimo lavoro Credi in me. Un inno al credere principalmente in se
stessi. Un messaggio rivolto alle nuove generazioni?
- Non mi sento
di dare messaggi a nessuno perché ho ancora tanto da imparare però ho voluto
calcare la mano sulla forza di credere sempre in noi, anche quando tutto il
mondo ci rema contro: è molto importante avere la forza di non arrendersi e con
questo romanzo ho solo voluto raccontare una storia che potrebbe dare una
piccola spinta al lettore, una scossa interiore emotivamente forte da fargli
cambiare modo di vedere le cose.
- Nel romanzo
descrivi in modo nitido l’attuale mondo delle discografia, credi che si possa
fare un parallelismo con quello dell’editoria?
- Assolutamente
si, il parallelismo infatti nasce dal fatto che conosco molti amici musicisti
così come tanti amici scrittori di grande talento che fanno fatica ad emergere
perché la discografia, come lʼeditoria è diventata una macchina per fare soldi
e sempre meno cacciatrice di talenti.
- I
protagonisti, Stefano e Andrea, nascono dalla fantasia o da modelli reali?
- Il libro nasce
sulla base di una piccola storia vera ma tutti i personaggi sono inventati,
così come tutte le storie in esso contenuti e i riferimenti ai luoghi.
- Credi in me è
anche un inno alla musica, quella vera, che sgorga dell’anima. Qual è il tuo
rapporto con la musica?
- Io suonavo in
un piccolo gruppo musicale nato sotto il mio garage, scrivevo i testi e
strimpellavo la chitarra. Mi piace però ascoltarla la musica (da quando ho
capito che non la so suonare) e molto di quello che ho scritto è nato con la
cuffia nelle orecchie e una lunga lista di canzoni preferite che mi facevano
viaggiare con la mente.
- Andrea sogna
di poter vivere della propria musica, ma è ostacolato dai pregiudizi della sua
ragazza. Quanto il mito del posto fisso o la sicurezza economica incidono nel
minare i sogni dei giovani artisti?
- Purtroppo la
nostra società è arrivata ad un punto assurdo, non si riesce più a vivere di
sogni, siamo troppo ingabbiati in una routine che ci strozza ogni giorno,
troppo spese, troppi ostacoli e per vivere con la propria arte bisogna fare
grandi rinunce e non tutti quelli che ci ruotano attorno sono pronti per
condividerle. Il posto fisso, che ormai non esiste più, è stato sempre visto
come una meta ambita anche se poi il resto della vita lo si passa in funzione di
quello senza più essere noi stessi.
- Nel romanzo
dai voce alla coscienza chiamandola Donna. Quanto incide nella tua scrittura la
voce della tua ‘Donna’?
- Siamo in
simbiosi continua io e la mia coscienza e parliamo continuamente, la Donna
presente nel libro per tutti i personaggi, non è altro che il mio io interiore
che faceva da spalla, che ribaltava le carte in tavola, che dava voce e forza
ai personaggi. Quando scrivo creo sempre lʼalter ego di ogni personaggio per
capire come deve muoversi e agire nella scena e spesso è proprio la mia doppia
personalità a fare da modello.
- Condominio 78,
è una raccolta di racconti. Come sono nati?
- Sono nati in
giro: per strada, nei centri commerciali, nelle librerie, nelle stazioni, a
volte sono momenti catturati durante i miei spostamenti altre volte sono scene
di vita quotidiana raccolti in un bar o tra gli amici. Ho scelto di pubblicarli
in una tiratura limitata quasi come se fosse un piccolo esperimento con me
stesso, una prova per testare la capacità di raccontare in breve unʼemozione
vissuta.
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