Il 20
febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti pubblica
su Le Figaro il Manifesto del futurismo, raggiungendo
una fama internazionale. La nuova corrente artistica nacque come reazione alla
cultura borghese dell’ottocento, compreso il decadentismo dannunziano. “Liberare le
parole…dalla prigione del periodo latino” che è lento, razionale, incapace di
esprimere il dinamismo della vita contemporanea.
Marinetti riassunse i principi fondamentali dei
futuristi, che comprendevano una profonda insofferenza per le idee del passato,
specialmente per le tradizioni politiche ed artistiche. I futuristi elogiano
l'amore per la velocità, la tecnologia, la violenza. L'automobile, l'aereo e le città industriali avevano una proiezione mitica,
perché rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomo sulla natura.
La nuova corrente auspicava, inoltre, la nascita di
una letteratura rivoluzionaria, libera da tutte le regole, anche quelle della
grammatica, dell'ortografia e della punteggiatura. Doveva usare il verbo all’infinito per rendere il senso della
continuità della vita, abolire l’aggettivo, l’avverbio e la punteggiatura che
rallentava il discorso, abolire la metrica. Bisognava usare l’analogia, al
posto della metafora, in grado di collegare cose apparentemente lontane,
diverse e ostili fra loro, ma ravvicinate dall’intuizione (ogni sostantivo doveva
avere il suo doppio). La poesia doveva cantare l’amore del pericolo, il
coraggio, l’audacia, la ribellione, la macchina e la velocità, le città, le
industrie.
I futuristi sperimentano nuove forme di scrittura per
dar vita ad una poesia in movimento e libera, slegata dalla sintassi
tradizionale. Modificando le parole, le dispongono sulla pagina in modo da
suggerire l'immagine che descrivono.
Nei componimenti si trova l'esaltazione del futuro e
delle emozioni forti associate alla velocità e alla guerra. Gli esponenti più
noti, oltre al Marinetti, sono Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi, autore della poesia La passeggiata. Altri poeti parteciparono all'esperienza
futurista come Luciano Folgore, Ardengo Soffici e Corrado Govoni. Anche Salvatore Quasimodo vi aderì,
in gioventù.
Maurizio Scudiero – Il Futurismo |
Manifesto del futurismo
Noi vogliamo cantare l'amor del
pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
Il coraggio, l'audacia, la
ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
La letteratura esaltò fino ad oggi
l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento
aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo
schiaffo ed il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza
del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile
da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito
esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più
bello della Vittoria di Samotracia.
Noi vogliamo inneggiare all'uomo che
tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa,
essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bisogna che il poeta si prodighi con
ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli
elementi primordiali.
Non v'è più bellezza se non nella
lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un
capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le
forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo
dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le
misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi
viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità
onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra -
sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore
dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le
biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il
femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
Noi canteremo le grandi folle
agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree
multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo
il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da
violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano;
le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti
simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un
luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le
locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli
d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui
elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla
entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il
mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale
fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua
fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per
troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla
dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Poesia visiva di Apollinaire |
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