Oggi vi proponiamo il terzo finalista del premio Croce: Borgo
Vecchio dell’autore Giosuè Calaciura.
Si tratta di un
romanzo breve dove, attraverso gli occhi del piccolo Mimmo e dell'amico Cristoforo, si
osserva il Borgo, un quartiere di Palermo. Un luogo dove si possono vedere personaggi pittoreschi aggirarsi fra una via e l'altra. Ci sono i più
piccoli, ma anche i ragazzini cresciuti troppo velocemente. Un quartiere
dove la giustizia è amministrata usando coltelli e pistole.
Scritto con una
narrativa ricercata, che sa cogliere la ruvidezza e la poesia di un quartiere,
una vita giocata fra crudeltà e sacrifici.
Nel piccolo
quartiere raccontato da Giosuè Calaciura sembra concentrarsi l’energia
esplosiva di un’intera città. È solo una manciata di viuzze nel cuore di Palermo
ma ne contiene tutto il carattere, l’oscurità, la violenza e la bellezza. Qui
si rispecchia, si deforma ogni vizio e virtù, cuore e budella, come fosse un
condensato di vita, una versione raggrumata e forte di sapori palesi e occulti,
pubblici e privati. Qui vivono Mimmo e Cristofaro, amici fraterni, compagni di
scuola e complici di fughe; Carmela la prostituta e Celeste, sua figlia, che
porta in nome il colore del perdono; Totò il rapinatore che tiene la pistola
nella calza perché – così si dice – è più difficile da usare. Qui si allevano
cavalli per le corse e si truccano le bilance delle salumerie, mentre l’ululato
del traghetto che parte verso il Continente si confonde con i lamenti causati
dai pugni di un padre ubriaco. Da un lato c’è il mare, col suo vento che
scombina gli odori in vortici ballerini, portando fragranza di carne nelle case
di chi carne non mangia mai. Dall’altro c’è la piana distesa della metropoli,
coi suoi negozi, le signore benestanti, la legge e le guardie. Nei vicoli il
profumo del pane sfornato due volte al giorno suscita un tale stupore che
ciascuno si segna con la croce. E può capitare che le forze dell’ordine cingano
in assalto il quartiere fino a presidiarne gli ingressi, come in un assedio
medievale.
Sembra tutto
fantastico e inventato, e invece nell’immaginazione di questa storia, nella
lingua che la racconta, nel suo ritmo frenetico, domina la verità. Quella
difficile, contraddittoria, di una città che non può soffocare le sue viscere,
il suo cuore, perché lì si è posata la sua anima, lì si intravedono i miracoli
e la meraviglia di ogni giorno, la fierezza e l’efferatezza dell’antico, del
presente, e la speranza del futuro.
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