di Pierangelo Colombo

sabato 24 marzo 2018

Giosuè di Betania capitolo III



 Giosuè di Betania



cap. III


Ancor prima che il sole sorgesse, Giosuè svegliò Beniamino e, dopo una frugale colazione, salutò e ringraziò Giacomo ed Ester per riprendere il viaggio.
Camminarono spediti; Giosuè era impaziente di riabbracciare Giuda, che s’era rivelato assai più degno nel meritarsi la benedizione di Zaccaria. Desiderava, più di ogni cosa, precipitarsi al capezzale del padre, stringergli la mano chiedendo perdono per la lunga assenza.
Si rese conto di tenere un passo troppo veloce per il giovane Beniamino, che lo seguiva taciturno. Il sole era alto nel cielo e la brezza rendeva piacevole il viaggio. Si fermò, guardandolo con tenerezza negli occhi. Beniamino ne approfittò per togliersi la sabbia dai sandali. Giosuè l’abbracciò e gli arruffò i capelli sorridendo. Era fiero dei propri figli.
«Sediamoci a riposare» disse, indicando l’ombra alla base di alcune palme. Beniamino obbedì sedendosi a terra e appoggiando la schiena a una di esse.
«Non manca molto». Indicò un massiccio roccioso. «Oltre quelle colline, c’è il villaggio di mio padre. Non puoi ricordarti di lui, eri ancora in fasce quando io e tua madre ti ci abbiamo portato. Tuo nonno sarà felice di vedere come ti sei fatto grande».
Gli descrisse con dovizia i posti legati alla propria infanzia, raccontando aneddoti che stuzzicarono l’ilarità del giovane, mentre un gruppo di pastori attraversava l’orizzonte guidando i propri armenti.
I due rimasero a godersi l’ombra, mentre il sole arroventava le pietre. Si rimisero in cammino dopo aver mangiato delle focacce preparate da Ester. Ripresero con passo meno spedito, osservando i lineamenti dolci dei monti e il verde di alcuni gruppi di alberi che, come barba incolta, punteggiavano qua e là un paesaggio altrimenti brullo.
Giunsero al villaggio nel tardo pomeriggio. Giosuè riconobbe subito quella che fu la sua casa, il pozzo poco distante e, sullo sfondo, l’oasi che abbracciava il piccolo borgo. Il cinguettare di alcuni uccelli celebravano il senso di pace, mentre il profumo di salsedine aleggiava nell’aria.
Un’ondata di ricordi ed emozioni lo travolse, facendolo barcollare; trattenne a stento lacrime di gioia.
Trasalì nel vedere uscire dall’uscio la figura di un uomo robusto, alto, dal portamento fiero. Era Giuda: l’avrebbe riconosciuto ovunque. Non seppe resistere all’impulso di chiamarlo e, lasciando cadere la propria bisaccia, gli corse incontro.
Giuda, sorpreso e felice, allargò le braccia in segno di benvenuto. S’abbracciarono come mai era loro successo di fare.
«Che tu sia benvenuto fratello caro» disse il primogenito.
«Che il Signore ti sia sempre benevolo, essendo il più meritevole dei miei fratelli».
I due si strinsero nuovamente, sciogliendo in quel calore anni d’incomprensioni e parole taciute.
«Nostro padre ti attende» disse Giuda, indicando la casa. Giosuè sentì il cuore balzargli in gola; assentì e, con passi leggeri, si diresse verso la porta.
Appena varcata la soglia, fu travolto da un’ondata di emozioni, come se il tempo, fermandosi, ne avesse atteso il ritorno per ripartire dallo stesso istante. Titubante, calpestò le stuoie stese sul pavimento. Sulle pareti erano appesi i mantelli e le vesti dei fratelli, mentre dal focolare proveniva un profumo di zuppa di legumi. Folgorato, intravide in un angolo della grande stanza, inondato dai raggi di sole che penetravano attraverso la piccola finestra, il giaciglio su cui riposava suo padre; nonostante il tempo trascorso, questi lo riconobbe subito. Tracimante di felicità, lo invitò ad avvicinarsi.
Giosuè si slanciò ai suoi piedi; gli prese la mano e, accarezzandola, lo rassicurò: era tornato e avrebbero festeggiato assieme la festa più sacra.

Giosuè di Betania edito 2015

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