Siamo finalmente in dirittura d’arrivo per il fine settimana
e, per alleggerire un po’ l’atmosfera, oggi voglio dedicarvi un mio racconto umoristico sulla genesi della nostra specie.
Buona lettura.
La vera storia di Adamo ed Eva
Dio camminava
nell’Eden, compiacendosi.
‘Peccherò di superbia, però mi è particolarmente riuscito bene
questo universo.’
Ed effettivamente, preciso come un
orologio, il creato era lì, nuovo di pacca. Altro che il ponte sullo stretto, un grattacielo o un bioparco. In sei giorni,
né più né meno, aveva tirato su un cantiere che, a confronto, la Sagrada Famiglia pareva un
prefabbricato.
Per le questioni burocratiche aveva
incaricato gli angeli più fidati. «Gabriele, tu che sei loquace mi fai da
portavoce e addetto stampa; Raffaele, tu che hai le braccine corte ti occupi
dell’amministrazione e dell’ufficio acquisti; Michele, precisino come un
teutonico, ti occuperai della certificazione di qualità, lo sai che ci tengo
all’ISO. E, infine, tu, Lucifero, baderai a tutte quelle bestie che hai tanto
insistito perché creassi: ragni, scorpioni e via discorrendo, che a dir il vero
mi fanno un tantino senso.»
Terminata la genesi, il Signore accompagnò Michele, così che
potesse raccogliere i dati per la certificazione di qualità. Tronfio di sé,
guidò il perito esibendogli le meraviglie dell’universo. L’angelo, sempre un
passo dietro al principale, annotava tutto, ma proprio tutto, facendo le pulci
ad ogni creazione. Il Signore, pazientemente, sanò ciò che non era conforme
alle nuove normative 626 o alle disposizioni antincendio. Una volta visionato
l’intero universo, condusse Michele a visitare la punta di diamante dell’intero
creato: l’Eden.
Michele appuntava incantato, mentre il
Signore, compiaciuto, camminava tre spanne sopra il terreno. Tutto filava
liscio, finché, ai piedi di un orto, l’angelo scorse qualcosa disteso all’ombra
di un ulivo.
«E quello cos’é?» chiese.
«Ah, quello? Nulla» rispose imbarazzato
il Signore. «È un prototipo cui sto lavorando, solo un abbozzo.»
«Ah!» Ribatté Michele con la spocchia di
un professore. Cosa che fece montare il Signore su tutte le furie, ma non
potendosi sfogare sull’assistente, indirizzò la propria delusione sulla
creatura imputata. «Adamo!» sbraitò. «Non ti avevo detto di farti un giro
oggi?»
Adamo, con la flemma di un bradipo
appesantito da una lauta colazione, si alzò e, ciondolando, si allontanò.
«A pensare male del prossimo si fa
peccato, ma ci s’indovina» confessò avvilito il Signore, dando vita ai proverbi.
«Vuole parlarne?» domandò Michele, estraendo un nuovo
bloc-notes.
«Non capisco dove ho sbagliato. Avevo
grandi progetti per lui. E invece…» Sospirò. «Poltrisce tutto il dì. Una
nuotata allo stagno, un lauto pasto e una ronfata all’ombra del sicomoro.»
«Ne avete mai discusso?»
«Parlare? Con lui? È più soddisfacente un
simposio con un pollo. Ma è tutta colpa mia! Sono stato troppo tirato con il
sale: in sale sapientiae aeternae.
Dopo l’errore con il leone, ho preferito esser cauto con le doti: un poco di
forza in più e lui subito a ruggire che era il re della savana, così con Adamo
sono andato fin troppo misurato con il sale in zucca.»
«Forse ha bisogno di stimoli.»
«So io di cosa ha bisogno! L’altro giorno
l’ho incaricato di dare un nome agli animali. Prometteva bene: rinoceronte,
porcospino, upupa, giraffa, ippopotamo, ghiandaia. Si è stancato subito, però,
buttando lì: yak, ape, bue, boa, emù, gnu, gru. Quando poi se n’è uscito con
kiwi, non ci ho visto più! Questo è plagio, gli ho fatto notare, avendo dato
personalmente quel nome a un frutto. E sai cosa ha risposto? Che in fondo si
somigliano.»
«Forse è portato per i lavori manuali.»
«Lascia stare. Non mi ha mica chiuso
nello stesso recinto uno stallone allupato con un’asina in calore!»
«Capisco. È un elemento che va seguito.»
«Sì, ha bisogno dell’accompagnamento.»
Il viso del Signore s’illuminò, avendo trovato la soluzione
al problema: come aveva creato Adamo, creò Eva; molto più bella, aggraziata,
vitale e armoniosa. Fatti l’uno per l’altra, si completavano: dove la grazia di
lei non arrivava, ci pensava la forza di lui; fantasia per Adamo, riflessività
per Eva; eloquente lei, pratico lui. Diede loro carta bianca: potevano fare ciò
che volevano, bastava tenere in ordine e non insozzare.
«Mangiate di ogni frutto della Terra» disse loro. «Tranne di
quell’albero che sta sulla collinetta. Quello è mio!» aveva intimato. «Fa un
solo frutto ogni mille anni, e io ne vado matto, quindi non si tocca. Compreso?
Sono stato chiaro?»
«Trasparente!» risposero i due.
L’idillio proseguì per qualche tempo, poi l’unione cominciò
a logorarsi. Dapprima con piccoli screzi, dissidi che ben presto sfociarono in
feroci sfuriate.
«Hai la sfera emotiva di un bagarozzo!» l’accusava lei.
«Sei una smeriglia zebedei!» ribatteva lui.
«Sei uno scansafatiche, irresponsabile e
superficiale.»
«Sei una sfracassa zabedei!»
Il Signore cercò di mediare, vestendo i
panni del consulente di coppia. Seduta dopo seduta, però, somatizzò i problemi,
ritrovandosi con una cefalea cronica e un’ulcera duodenale. La situazione si
fece così tesa che un giorno, durante l’ennesima zuffa, esplose di collera
repressa: «BASTA! Non ne posso più!»
Il volto paonazzo, la voce irosa e una colica imminente lo
spinsero ad una decisione definitiva. «Fuori di qui! Andatevene a lavorare! Ne
ho pieno l’infinito di voi!»
E così, i due lasciarono l’Eden, con vitto, alloggio e un
salario garantito, ritrovandosi con due foglie di fico legate con dello spago.
Chiusi i cancelli del paradiso e
gettatane la chiave, il Signore cercò di calmarsi. ‘Ma sì, mangiamoci sopra.’
A
passo spedito, si diresse verso il suo albero. L’acquolina aumentava con
l’approssimarsi del frutto. Una sorpresa amara, però, l’attendeva: della
delizia tanto anelata non restava che un misero picciolo e un brandello di
buccia. Poco distante, le nitide e inconfondibili orme dei due lestofanti.
L’ira fu incontenibile, avrebbe voluto prenderli a mazzate;
non rientrando, però, nel suo stile, pensò di maledirli con una colica renale o
delle pustole suppurative. Lucifero, che passava di là, sentendone gli
improperi chiese lumi e, dopo una riflessione, diede il proprio parere,
consigliando un anatema cui il genere umano non avrebbe mai saputo sottrarsi.
«Lucifero! La tua è un’idea malvagia,
perfida, direi addirittura maligna, a dir poco raccapricciante. Ma per una
volta, l’unica, ho deciso di darti retta. Poi, però, facciamo anche un discorsetto, perché, sinceramente, mi fai anche un
po’ paura. Da dove ti nascono certe idee?»
E così, ispirato da Lucifero, Dio creò la suocera.
Questa, però, è un’altra storia.
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