di Pierangelo Colombo

martedì 18 dicembre 2018

Il Cattivo esempio


Una piccola riflessione che sorge da un triste avvenimento di cronaca, la discoteca di Corinaldo, che, negli ultimi giorni, in molti vorrebbero attribuire al ‘cattivo esempio’ trasmesso da una star creata dalla stessa società che oggi la vorrebbe rigettare. Sto parlando dell’artista Sfera Ebbasta. In questi giorni assistiamo a una gogna mediatica nei confronti di questo ragazzo che, nel bene e nel male, negli ultimi mesi ha raccolto, o gli sono stati attribuititi,  numerosi successi.


 Premetto che,  le poche “liriche”, composte da questo autore, che ho avuto modo di ascoltare non rientrano certo nei miei gusti. Detto questo, considerando che ancora vige una ‘sempre sia lodata’ libertà di parola, non mi sembra giusto addossare a un solo individuo tutto il male che imperversa sulle giovani leve.
Non dovremmo, piuttosto, riflettere sul perché dei ragazzini di 12/13 anni trovino così affascinanti quei testi? Perché prendano come idolo un ragazzo che, pur scrivendo delle liriche che rasentano la banalità, riesca a trarne un grande successo che gli permette un elevato tenore di vita? Non è forse il messaggio che in molti genitori, inconsapevolmente, trasmettono ai propri figli? Il danaro e il potere in primis, trovare la scorciatoia per arrivarci in fretta in secundis.
Devo ammettere che rimango turbato nel vedere dei ragazzini che, poco più che dodicenni, pascolino per le vie del paese con una sigaretta elettronica, piercing e tatuaggio in bella mostra. Non è per fare il bacchettone, ma sono dell’opinione che ogni esperienza abbia la giusta collocazione nell’età. Forse imponiamo, attraverso icone dettata dal mercato, a questi bambini di crescere troppo velocemente bruciando le tappe. Minorenni che già trascorrono le vacanze estive con dei coetanei senza alcun adulto a vigilare. Serate in discoteche sino a tirare le tre, quattro del mattino, con i genitori che partecipano facendo da taxisti.
Sono convinto che, se proprio dobbiamo trovare un colpevole, dovremmo prima di tutto fare un mea culpa. Per il devasto culturale che abbiamo lasciato a questa generazione, dove il consumo selvaggio e inconsapevole di merce ha preso il sopravvento su ideali e utopie. L’esempio di individualismo che trasmettiamo non solo nei discorsi, ma soprattutto nei gesti quotidiani, l’educazione relegata a segno di debolezza, mentre si è elevata la furbizia a chiave segreta del successo.
Dovremmo fermarci un istante a riflettere, chiederci in cosa abbiamo sbagliato e come porvi rimedio.
Le parole, i giudizi espressi a caldo non servono a molto, specie se dal pulpito predica chi, sino a qualche giorno fa, giocava a fare il sempregiovane vantandosi dinanzi ai propri figli di bravate al limite del legale, le canne in compagnia e le bevute leggendarie. Da chi, sino all’estate scorsa, postava divertito il figlio di otto anni ballare e cantare a memoria Maria Salvador  di J-AX e oggi spara a zero sulla trap o, ancor peggio, incolpa il Trapper di istigare all’uso di droghe.
Forse, prima di parlare, dovremmo applicare la sempreverde regola delle cinque P: Parole, Poco, Pensate, Producono, Pene. Perché, ricordiamo sempre, che i figli sono gli specchi dei genitori, se trasmettiamo esempi sbagliati, non possiamo incolpare sempre la società.