di Pierangelo Colombo

sabato 25 novembre 2023

Nessuno si senta escluso

NESSUNO SI SENTA ESCLUSO


Questa giornata sta per volgere al termine, è stata costellata di momenti di riflessione, proteste, riflessioni e proposte, ma anche di non curanza. Troppi gli uomini che con la frase io non sono così hanno dimostrato una miopia assoluta nei confronti del problema della disparità di genere. Miopia che si limita a vedere solo la violenza, il fatto di cronaca che, purtroppo, sono solamente la punta dell’iceberg. Sarebbe da ipocriti affermare d’essere al di fuori del problema, perché ogni volta che si giudica la capacità o il pensiero di una donna anche di un solo grado inferiore del proprio, solo perché femmina, si commette una violenza contro la ragione. Distinguere con il sono cose da femmina; non captare l’enorme differenza fra il dare del cogli**e o della zocc**a all’idiota che non ti ha dato la precedenza con l’auto; fare delle discriminazioni fra figli maschi e femmine; ridere sguaiatamente quando nel branco l’ignorante di turno se ne esce con una battuta sessista; considerare mascolino saper installare una app nello smartphone e svilente saper programmare un ciclo di lavaggio di capi delicati ci si rende colpevoli. Colpevoli d’ingiustizia.
Facciamo, quindi, in modo che domani non sia solo il 26 novembre, che tutto venga relegato alla memoria volgendo lo sguardo alle compere natalizie e ai panettoni. Facciamo in modo che da domani ognuno, perché nessuno si senta escluso, faccia la propria parte, iniziamo con il rispetto, verso le donne, ma anche verso l’umanità. Perché il vero traguardo è quello di arrivare tutti assieme, tutti uniti in una vera uguaglianza universale.

25 novembre, per dire BASTA!

25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne; "mai come in questo periodo si sente il dovere..." frase che, ogni anno si ripropone riferendosi ai fatti di cronaca che indirizzano l'attenzione a una problematica che, in realtà, affligge la nostra società ogni giorno. Facciamo che ogni giorno sia un 25 novembre finché non festeggeremo la giornata dell'uguaglianza universale.
Ora, però, è nostro dovere riflettere e pretendere che tutti si sentano coinvolti in questa lotta all'ignoranza. 
Vorrei dare un mio contributo, seppur piccolo, dedicando questo racconto breve a chi, con tenacia, lotta per ritrovare una propria indipendenza, perché la libertà è un diritto inalienabile.  


 Il volo dell’aquila

 

  Il movimento è essenziale, l’universo stesso è un’esplosione in costante espansione; la materia, la vita è in continuo mutamento. Il calore è prodotto dalle vibrazioni delle molecole; i cadaveri sono freddi. 
  Un lungo cammino inizia da un primo piccolo passo recita l’adagio, vincere l’immobilismo è quindi il principio. Lara ne è consapevole, è abbastanza intelligente da capire che nessuno recapita a domicilio successi ed esperienze. Sa che la vita, quella vera, pullula al di fuori delle solide mura domestiche. Ogni giorno il fato getta nell’aria i semi delle opportunità; a volte granelli minuscoli, quasi impercettibili, ma se afferrati e adagiati su di un semenzaio fertile, germoglieranno radicandosi nel terreno. Saranno, tuttavia, le cure riservategli a permettere alla pianta di dare frutti.
  Lara, però, teme il mondo, anche se odia la vita che conduce; un bruco che desidera farsi farfalla, ma prova terrore al pensiero di rompere il bozzolo dove si è rifugiata. Un guscio che la ripara, ma non le permette più di respirare. Le pareti di casa sembrano stringersi come l’interno di un palloncino che va sgonfiandosi. Il sofà non è più placebo, ora le rimane soltanto il letto: quell’istante in cui, spegnendo la luce, tutto svanisce lasciando la sola sensazione di lenzuola pulite e tepore. Un battito di ciglia che la riconcilia con il vivere. Più duraturo, invece, un bel bagno caldo: immergersi nel surrogato del liquido amniotico, rievocando il battito materno.  
  Immersa nell’acqua ne assorbe il calore, ascoltando il ritmico gocciolio del rubinetto. Inspira profondamente lasciandosi pervadere dal profumo di mandorla del bagnoschiuma. Lo stato d’ansia pare assopirsi, i pensieri stemperarsi nel vapore che aleggia nell’aria, smorzando la cognizione del tempo. Sgravata dal peso corporeo resta immersa finché le dita avvizziscono.
  Sedutasi sul bordo della vasca si stringe nell’accappatoio; una goccia, addensandosi, scivola verso il basso percorrendo lo specchio appannato. Non sopporta la visione opaca, l’immagine sfocata che vi si riflette. Presa una salvietta asciuga la superficie spaventandosi del proprio pallore; gli occhi rifuggono la realtà, cercando l’unico elemento del corpo accettato: i lunghi capelli ricci.
  Sfilandosi l’accappatoio si volta mettendosi di profilo, non sopporta la vista frontale; eppure, gli occhi non si staccano dal riflesso, lo sguardo scivola via dai capelli, sfiorando il collo segue la sinuosità della spalla soffermandosi sulla scapola.
  «Cos’è questa?» chiese un giorno, ancora bambina, alla madre.
 «Questa?» rispose la donna, sfiorando la lieve protuberanza che la bimba indicava contorcendo il braccio.
   È l’attaccatura per le ali» rispose la donna.
  «Ali?»
  «Sì, le ali. Se avrai coraggio e crederai in te stessa, un giorno avrai delle ali con cui volare.»
  «Perché tu non le hai? E nemmeno papà?»
  «Tutti le abbiamo, ma non sono visibili. Le mie, ad esempio, mi hanno permesso di raggiungere la vetta più alta del mondo.»
  «Sei stata sull’Everest?» chiese sbalordita.
  «Molto più su.»
  «Ma è l’Everest il monte più alto» ribadì la bimba.
  «Da dove ero io, L’Everest pareva una piccola cunetta.»
  «Mi prendi in giro» ribatté la piccola, imbronciata.
  «Quando sei nata tu» spiegò la madre, «ho raggiunto il punto più alto del cielo: il culmine della felicità. E sono state le ali, che mi sono costruita, a portarmi fin lassù. Ali tessute di sogni, ma soprattutto fatica e amore.»
  «Anch’io avrò delle ali?» chiese la bimba, perplessa.
  «Certo. Ma non basta avere delle ali, anche la gallina le ha, ma non può che fare dei piccoli balzi. Per imparare a volare occorre credere in sé stessi e non perdersi mai d’animo. Tentare e ritentare, e ogni volta che si precipita a terra rialzarsi per riprendere il volo. E se vuoi librarti in alto come l’aquila, devi farti delle ali grandi e potenti come le sue, con sacrificio e volontà, perché, l’aquila, per spiccare il volo ha bisogno di spazio e forza.»
  Lara ripensa a quella vita, così diversa e lontana nel tempo da sentirsi la protagonista di due film diametralmente opposti.
  Aveva provato a volare, ma le sue ali erano delicate e, come Icaro, avvicinatasi troppo al sole si erano bruciate: l’uomo che avrebbe dovuta proteggerla ne aveva sbiadito ogni splendore, riducendola a dolore. Una storia lunga, dal finale liberatorio, ma è difficile cancellare il passato che, se non immunizzato, diviene un vortice di depressione.
  Ora, seppur libera, prova il peso della solitudine, un senso che, come un vuoto d’aria, toglie portanza alle ali facendola precipitare. La terapeuta le ha fornito un paracadute, certo, ma questo rallenta solamente la discesa. È consapevole del compito che l’attende: saper attutire il contatto con il suolo, riprendere fiato e, spiegando le ali, riprendere il volo. Ma avere i piedi per terra la disarma: uscire da casa, lasciare il sofà per affrontare nuovamente il mondo le incute una paura folle. Come potrà ritrovare la fiducia verso l’umanità? Abbandonarsi a un altro uomo o confidarsi con delle donne che, svestiti i panni dell’amicizia, le hanno voltato le spalle? Ritrovare quel senso di protezione tradito da chi, sminuendo, non ha teso la mano a trarla dalle spire del mostro? 
  Non sopporta più, tuttavia, la solitudine; la bolla in cui si è rifugiata sa di stantio. Sente il bisogno di spazi aperti, di socialità, anche se il solo pensiero le mette i brividi. Per mesi è stata una mosca che, attratta dalla luce, batteva continuamente la testa sul vetro, quella barriera interposta fra lei e la vita. Ora è il tempo di spalancare la finestra e librarsi nell’aria.
  Trema come una foglia dinanzi all’uscio di casa, l’uscita non ha come meta il rassicurante studio della terapia, è un volo senza paracadute, senza destinazione prefissata se non tornare a vivere. Nessun attacco di panico, ma l’ansia d’incappare in un nuovo mostro, l’ennesima delusione.
  Gira la maniglia scostando di poco l’uscio, con il rumore della città entra un refolo d’aria. Inspira profondamente controllando un principio di vertigini. Il bagaglio del passato, che non potrà mai abbandonare, non le schiaccia più le spalle. Si sente vestita, protetta dagli sguardi della gente. Lei è la vittima non la colpevole, ha il diritto di pretendere nuovamente la felicità, ha le forze per ritrovare sé stessa. Vuole tornare a volare come sua madre, regale come un’aquila, ma come tale necessita di un potente slancio per decollare, di spazio e coraggio.
  Scende gli scalini senza aggrapparsi al corrimano, la fronte alta, il passo deciso. Si sofferma sul marciapiede, osserva la gente che cammina spedita verso i propri obiettivi. Inspira nuovamente e, puntando verso il proprio, spicca il volo.    



Racconto edito di Pierangelo Colombo, classificatosi terzo nel Premio Città di Verona.

Condividete pure, ma non scordatevi di citare l'autore. 😀

sabato 18 novembre 2023

La penna o la spada?

 



  In momenti come questi mi chiedo se veramente la penna sia più forte della spada: la rabbia è tale che metterla per iscritto non è semplice, oltre che sembrare inutile. Il desiderio, a caldo, è quello della vendetta. Ma a chi gioverebbe? A placare la rabbia, certo, ma non a creare un futuro migliore; e allora, riflettendoci, forse è vero che con la penna si può fare qualcosa: educare e creare consapevolezza. E a tutti propongo di chiedere a gran voce una presa di coscienza, chiedere, pretendere, che i governanti, rinunciando al populismo d’occasione, pensino a introdurre nell’insegnamento scolastico quello che nelle famiglie latita: l’educazione affettiva. L'educazione all'affettività ha l'obiettivo di sviluppare l'intelligenza emotiva a partire dalla consapevolezza delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti e di accrescere le abilità affettive con l'obiettivo di favorire una buona relazione interpersonale.

venerdì 13 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; la mattanza

 


Brennu fece un cenno ad Artal che, appoggiato a un tronco, aspettava con l’arco in posizione di tiro. Al segnale, estrasse una freccia dalla faretra, soppesandola, ne portò la punta a contatto del Torque che portava al collo, ne inserì la cocca al centro della corda e tese l’arco per tre quarti, avvertendo nelle braccia tutta la resistenza del legno incurvato. Puntò la cuspide verso il petto della bestia scelta per aprire la caccia. Il giovane cervo stava brucando a una ventina di passi da lui. Dominando l’ansia, l’arciere prese la mira, conscio che un tiro ben assestato avrebbe sorpreso la vittima, concedendogli l’opportunità di un secondo tiro. Un movimento deciso e le dita mollarono la cocca.

mercoledì 11 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; il sogno di Artal

  


La mente volò lontana in terre straniere, fantasticando sulla maestosità dei paesi descritti da vecchi mercanti nomadi. Ricordava le meraviglie di Genua, la città che sorgeva sul confine fra terra, cielo e mare, e che aveva visitato assieme a suo padre quando vi era stato inviato come ambasciatore. Rammentava i palazzi, le stoffe, le spezie, i metalli e le pietre preziose commerciate al porto. Le lingue straniere udite fra i mercanti. 

Sognante, ripensò ai racconti di quel vecchio marinaio fenicio dal nome impronunciabile che, proveniente dalle terre dove sorge il sole, narrava di capitali tanto fantastiche quanto remote. Città fortificate, i cui giardini, stupefacenti, crescevano su terrazzi costruiti nel bel mezzo di un deserto, dove l’acqua era un bene più prezioso dell’oro. Città sulle cui torri altissime svettavano templi ricoperti d’oro, in cui gli dèi potevano albergare mostrando la propria potenza. Immaginava quel porto dominato da una statua colossale, dalla cui fiaccola s’alzava un rogo visibile per miglia e miglia. Ricchezze nascoste nelle tombe di re; tesori così grandi da non poter essere descritti. Mausolei dalle dimensioni inimmaginabili. Templi in cui l’aria profumava d’incenso, mentre giovani vestali, dalla bellezza sopraffina, accoglievano i pellegrini onorando la dea Afrodite.

lunedì 9 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; la caccia

 


In breve tempo, tutti furono pronti. Galvanizzati, fecero attenzione a evitare il minimo rumore, aggirandosi come ombre furtive nella boscaglia per accerchiare il branco. La pioggia finalmente giocava a loro favore, smorzando lo scricchiolio di foglie e rametti secchi e, soprattutto, diluendo nell’aria il loro odore. 

Ognuno occupò il posto assegnatogli, così d’essere in postazione quando, alle prime luci dell’alba, sarebbe iniziata la caccia. Fu una nottata lunga: la pioggia cadde a intermittenza e con varia intensità, intervallata da folate di vento che, mulinando fra le fronde, producevano suoni sinistri. Appoggiati chi al tronco di un albero, chi a un masso, dormirono con il bug stretto fra le mani.

venerdì 6 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; il branco

 


La luce del giorno stava ormai calando d’intensità quando giunsero al bivacco degli esploratori. Il cielo plumbeo prefigurava una nottata priva del ben che minimo spiraglio di luce. Neppure il tenue sfavillio delle stelle avrebbe offerto sostegno al manipolo di uomini.

Trovarono i compagni seduti, sparpagliati in una piccola radura quasi pianeggiante; inermi sotto la pioggia battente, avvolti nei mantelli scuri con il cappuccio a coprirne la testa e le mani a conca dinanzi la bocca a trattenere il calore del fiato. Grigi e silenziosi, parevano spiriti dei boschi.

mercoledì 4 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; il lupo

 


Un rumore poco distante gli fece schizzare il cuore in gola. Gli parve di riconoscere il fiato stanco del vecchio lupo. Respiri ravvicinati, spezzati da un mesto uggiolio.

La pioggia sembrò concedere una tregua, trasformandosi in acquerugiola: piccole gocce d’acqua accompagnate da un leggero nevischio.

Con passi lenti, rientrò nella caverna dove i compagni dormivano della grossa. Presa una torcia, ne immerse il capo nelle fiamme che ancora danzavano sopra il mucchio di brace. La benda di lino s’incendiò facilmente, producendo un fumo denso e nero. Tenendo la fiaccola alta dinanzi a sé, tornò all’esterno per illuminare un tratto della radura.

lunedì 2 ottobre 2023

Hirpu, il cacciatore; le tracce

 


«Cerchiamo di non lasciare tracce» intimò Hirpu. «Risaliremo il ruscello per tutta la foresta; nella radura c’è una grotta dove ripararci: non è molto grande, ma per noi può bastare». Dato uno strattone all’asino, si mise in marcia seguito dai compagni.

La pioggia parve concedere una breve pausa; il loro passo, tuttavia, era appesantito dal terreno fangoso: avanzavano lentamente, con estrema fatica. Hirpu non disse una parola, la febbre sembrava essere scesa lasciandogli i muscoli indolenziti e le giunture ossee doloranti; camminava claudicante, e più volte dovette aggrapparsi all’asino per non cadere a causa dei frequenti capogiri.

venerdì 29 settembre 2023

Hirpu, il cacciatore; l'attesa

 


Nei ragazzi la tensione andava aumentando con il trascorrere delle ore. Erano consapevoli di trovarsi in un territorio infestato da bande di briganti di cui sarebbero stati facili prede. Ognuno cercava di mandare via l’inquietudine in modi differenti: chi parlottando a bassa voce, chi affilando il pugnale con una pietra, chi spuntando un ramoscello. Artal rovistava nella bisaccia lasciatagli dal padre, mentre Hirpu se ne stava rannicchiato nel mantello sperando di scacciare la febbre, così da poter partecipare alla battuta di caccia.

L’improvviso latrato di un lupo ruppe l’attesa. Hirpu scrutò perplesso la macchia. Il rumore di foglie e rami secchi calpestati allarmò il gruppo di giovani che, fulminei, balzarono in piedi impugnando le armi. Uscendo allo scoperto, si misero a semicerchio per affrontare il pericolo e coprirsi le spalle a vicenda.

mercoledì 30 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Terre di pace

 


Hirpu non rispose; limitandosi a osservare negli occhi dell’amico una forza dirompente che ne esaltava la voce. «Tempo fa, un mercante mi raccontò del paese sconfinato che c’è oltre le montagne. Il terreno prima si trasforma in dolci colline dove scorrono placidi ruscelli; poi, le foreste si diradano lasciando il passo a immense praterie. Lì la terra non è piena di pietre come la nostra, gli uomini non faticano per dissodarne la superficie. Soffice e fertile, lascia crescere grano in abbondanza. Il mercante dice che basta piantare un pugno di semi per averne cento volte tanto a fine stagione.»

«Se è vero quello che dice il mercante, allora dimmi: perché i popoli che vivono in quel paradiso sono sempre in guerra? Gli Insubri e i Boi sono nemici dei Taurini e quindi anche nostri, mentre i Latini non fanno altro che conquistare nuove terre in cerca di schiavi.»

«Gli uomini non si contentano mai di ciò che hanno» rispose Artal. «Bramano sempre nuove terre, ricchezze, conquiste. Sono smaniosi d’emergere sugli altri per ricchezza, valore, coraggio. Mai domata è la fame di potere e prevaricazione dell’uomo.»

lunedì 28 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Brannoviro

 


«Abbi fiducia in te stesso» lo rassicurò Brannoviro, poggiandogli una mano sulla spalla. «Sei un ragazzo in gamba, non lasciarti abbattere dalle prime difficoltà. Gli dèi hanno modi differenti di comunicare con noi; forse sei destinato a grandi imprese e questo è solo l’inizio del cammino, oppure stai diventando pazzo, questo non lo so, ma di una cosa sono più che sicuro: nelle tue vene scorre il sangue di tuo padre. Il valore e la saggezza non sono misurabili dalle dimensioni del corpo, ma dalla grandezza dello spirito». Detto questo, si congedò dandogli una pacca sul braccio.

venerdì 25 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il lupo

 


Tornò verso il bivacco quando, con la coda dell’occhio, scorse un luccichio sullo sfondo di un cespuglio. Messa a fuoco l’immagine, sbalordito riconobbe la sagoma di un vecchio lupo che, seduto, osservava incuriosito ogni sua mossa. Occhi brillanti come oro fuso. 

Istintivamente, Hirpu alzò il braccio portando il bug in posizione di lancio. Cosciente che a quella distanza non poteva mancare il bersaglio, sentì montare una collera cieca: il desiderio di scaricare sulla bestia inerme tutto l’odio, la rabbia e la frustrazione accumulati. 

Calibrò bene il peso della lancia, e un leggero fremito attraversò il braccio, tanta era la forza che intendeva imprimere al colpo. L’energia della rabbia percorse l’avambraccio, il polso e la mano confluendo nella punta metallica. Il tempo parve sospendere la propria marcia, l’universo si concentrò nella distanza interposta fra la punta della lancia e il petto indifeso del lupo, fra i suoi occhi e quelli dell’animale; dove scorse una solitudine così profonda da lasciarlo senza respiro.

mercoledì 23 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il padre di Hirpu

 


Sbigottito, aveva dimenticato cosa stesse cercando e si era messo a correre fra i cadaveri, le armi e i corvi che già razziavano i resti. Inciampando in uno scudo di legno era caduto, finendo con il volto vicino a quello di un guerriero che giaceva con la bocca spalancata in un ultimo tremendo grido di battaglia. Si era rialzato inebetito; ovunque volgeva lo sguardo vedeva soltanto morte e dolore.

lunedì 21 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il campo di battaglia

 



Nitide e cruenti tornavano le immagini di quel giorno, quando, ancora fanciullo, camminava esausto accanto alla madre, facendo ritorno al villaggio dopo essere stati avvisati della vittoria dei loro guerrieri. Gli Allobrogi, sconfitti, avevano abbandonato il campo di battaglia battendo in ritirata. Ricordava quando, risalendo il pendio fra l’ansare dei profughi, la sua fantasia immaginava battaglie epiche, il grandioso trionfo da eroe di suo padre assieme agli altri guerrieri.

Avvicinandosi al villaggio aveva udito i loro canti vittoriosi elevati a ringraziare Toutatis dell’esito. Rammentava il senso d’onnipotenza e fierezza provato nell’udirli, il desiderio d’imitarne un giorno le gesta.

venerdì 18 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. La vendetta


 «Arrenditi all’evidenza, lupo» proseguì Brennu. «Forse gli dèi, non avendoti dato un corpo da guerriero e nemmeno da cacciatore, hanno voluto offrirti il dono delle visioni, così ‘da grande’ potrai occupare il posto di Ariobrigo.» 

Furente di collera, Hirpu balzò in piedi a pugni serrati. Deciso a regolare i conti una volta per tutte, si stava per stagliare sull’avversario, ma una fitta alle costole gli impedì il movimento facendolo piegare sulle ginocchia e cadere faccia a terra.

«Cosa ti succede, lupo? Oggi non ti riesce proprio di reggerti in piedi?» lo schernì Brennu.

Brannoviro, che assisteva alla scena poco distante, si alzò rabbioso ammonendoli severamente. Il riverbero delle fiamme ne ispessiva lo sguardo irato, evidenziando la lunga cicatrice che attraversava la guancia destra.

mercoledì 16 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. La saggezza di Brannoviro


 «Con il tempo figliolo, con il tempo» rispose Brannoviro. «Non aver fretta di bruciare le tappe, ognuno ha un proprio destino e anche il tuo è tracciato. Quella che oggi ti pare una bruciante sconfitta, domani può rivelarsi il segno da cui hai iniziato un nuovo tragitto. Non sempre l’albero caduto, sbarrandoti il sentiero, è solo una perdita di tempo; spingendoti a cambiare direzione ti può portare là dove non ti saresti mai incamminato.»

lunedì 14 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il volere degli dèi.


 Brannoviro si fece serio. «I disegni degli dèi non sono scrutabili dagli uomini. Prendi me: sono nato privo di respiro, strangolato dal cordone attorno al collo. A salvarmi è stato l’intervento del vecchio druvid: richiamato nella notte da strani presagi, mi ha portato così com’ero, nudo e livido, ai piedi della roccia sacra. Nessuno vide cosa fece o quale spirito evocò. Mia madre disse che, ancora stesa sulla stuoia del parto, investita da una vampata di calore, cadde in un sonno profondo. Al risveglio, vide il druvid incappucciato rientrare nella capanna tenendomi in braccio, vivo e affamato.»

sabato 12 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il branco

 

«Gli esploratori hanno visto il branco ai pascoli alti solo due giorni fa, qualcosa deve averli pur spinti a scendere in così poco tempo. Hai visto un orso?»

«No, è stato il verso di quegli animali.»

«Quelli del sogno?»

«Non è stato un sogno!» tuonò il giovane. «Li ho visti per davvero… devi credermi» terminò implorante. «Il loro verso è qualcosa di inquietante, mai sentito prima. Forse i cervi, sentendolo, si sono impauriti e…» Scoraggiato e deluso, non trovava le parole per proseguire percependo lo scetticismo di Brannoviro. 

«È impossibile che delle bestie così grosse e senza pelliccia possano sopravvivere su quelle cime. Questo periodo, lassù, porta notti gelide.»

giovedì 10 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Malinconia

 



  Era malinconico: riassaporava le emozioni provate da fanciullo in situazioni simili. Rammentava lo sguardo indagatore del padre, che sapeva leggerne l’animo quando il coraggio non bastava per confessare le colpe. Vindonno era venuto a mancare troppo presto, lasciando un vuoto incolmabile nonostante gli sforzi di Brannoviro, che aveva cercato d’occuparne il posto prendendosi carico di lui e della madre. Premuroso e severo al tempo stesso, mai aveva fatto distinzione fra lui e il figlio Artal.

martedì 8 agosto 2023

Hirpu, il cacciatore. Il conflitto



 «Chi è il comandante della spedizione? Tu o io? Chi dà gli ordini?» ruggì Brennu. I due ristettero con i volti a poca distanza l’uno dall’altro, mentre sul resto della squadra calò il silenzio. «Un’altra parola da parte tua e ti rispedisco al villaggio a fare la guardia alle capre per il resto della tua miserabile vita. Chiaro?» Gli occhi scuri del comandante mandavano bagliori; rigidi, fissavano arroganti quelli di Hirpu che, tuttavia, non si lasciò intimidire. Nessuno dei due abbassò lo sguardo per primo.

lunedì 31 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Hirpu, ormai fuori pericolo, lasciò il rifugio per scorgere meglio il gruppo di donne dalla carnagione bruna e i lunghi capelli corvini. Alcune di loro viaggiavano sedute sui bordi dei carri, mostrando delle vistose fasciature ai piedi, segno dell’estenuante marcia su terreni scoscesi e sassosi. Una, in particolare, colpì la sua attenzione: teneva il ventre gravido fra le braccia. Poco oltre, un’altra donna reggeva un fagotto da cui provenivano dei sonori vagiti. Meravigliato, Hirpu pensò alla forgia di cui madre e figlioletto dovevano essere temprati per aver superato il valico con le sue notti alpine, sferzate dai venti del nord che, in quel periodo dell’anno, portavano gelo e la prima neve in quota.

venerdì 28 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Lasciato il nascondiglio fece per voltarsi, ma il sangue gli si raggelò nelle vene: lungo il sentiero del grande colle stava calando il più grande esercito mai visto. Un lungo serpentone umano che, seguendo il sentiero, scendeva verso valle; le armature, le spade e le cuspidi delle lance risplendevano ai raggi del sole. A precederli, il clangore dei calzari chiodati che, nel loro passo cadenzato, battevano il terreno come il maglio di un fabbro. In sella a splendidi destrieri, maestosi cavalieri dai lunghi mantelli e cimieri di fogge differenti aprivano la via alla colonna, mentre altri, disposti sui lati di essa, ne scortavano il possente incedere. Guerrieri schierati in plotoni ordinati e compatti, mentre un nugolo di bandiere e stendardi circondavano quello che, con tutta probabilità, doveva esserne il comandante.

mercoledì 26 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Riacquistata la lucidità, sbirciò attraverso un cespuglio cresciuto fra le rocce: a trenta passi verso la foresta, due armigeri avanzavano in sella a maestosi destrieri. L’armatura brillava al sole; bronzea la carnagione, mentre gli occhi, neri e profondi quanto una caverna, scrutavano il terreno attraverso la celata dell’elmo, da cui lunghi crini di cavallo fluttuavano nell’aria scendendo a lambirne le spalle. Mai aveva visto dei soldati così bardati. Le loro spade, rilucenti, pendevano dai cinturoni, mentre le lance, tenute in pugno, ondeggiavano appena al soffio del vento. I cavalli parevano stranamente quieti, come se non avessero appena udito quel verso riecheggiare nella valle.

lunedì 24 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto



 Il sole era già alto sull’orizzonte quando riprese i sensi. Immerso nel nulla, percepì un forte ronzio nelle orecchie. Fece per respirare dal naso, ma l’aria era bloccata da un tappo di sangue raffermo. S’impose di non muovere nemmeno un muscolo, finché non avesse ripreso le forze per sopportare il dolore lancinante; strinse i denti per non urlare. Le fitte sembrarono calare d’intensità, come riassorbite dalle stesse membra. Anche la vista, inizialmente sfocata, riacquistò nitidezza. Si accorse, però, di non riuscire ad aprire del tutto l’occhio destro. Ispezionò il viso con la punta delle dita, sfiorando il gonfiore dolente che dal sopracciglio scendeva sino allo zigomo. Rivoli grumosi di sangue ormai seccato attraversavano il volto in più parti.

venerdì 21 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Il cervo, immobile, gli offriva le spalle, mentre la testa, leggermente inclinata di lato, pareva invitarlo alla sfida. Il solo modo per catturarlo era quello di balzargli in groppa e recidergli la vena giugulare; in questo modo l’eventuale fuga da parte dell’animale sarebbe stata vana: seguendone le tracce, Hirpu lo avrebbe trovato sfiancato e agonizzante, e l’avrebbe finito facilmente. Doveva, però, agire velocemente e senza alcuna esitazione: un solo errore e il cervo, incornandolo, l’avrebbe certamente scaraventato giù dal dirupo.

mercoledì 19 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Acquattandosi sul terreno come un felino, il giovane si avvicinò al gruppo di rocce cercando di non tradire la propria presenza. L’adrenalina pompata nei muscoli lo fece avvampare; controllava a fatica l’ansia. Con movimenti cauti, portò la mano verso il pugnale di suo padre, infilato nella cinta. Le dita tremolanti cinsero il manico d’osso, mentre la mente inseguiva l’ignoto celato dietro le rocce: forse un animale, il mostro di cui aveva sentito il verso o, peggio, un guerriero armato di lancia.

lunedì 17 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 



Quel pensiero, assieme ai raggi abbacinanti del sole, gli infuse nuovo vigore esortandolo a rimettersi in cammino. Le membra sfinite, che poco prima avevano rifiutato ogni ordine, ripresero a obbedire nonostante l’indolenzimento. Avviandosi verso la foresta scorse con la coda dell’occhio il balzo di un leprotto, mentre nella valle riecheggiava un suono mai udito prima: quasi certamente il verso di un animale, difficile da classificare; sicuramente ben lontano da un ululato o dal bramito dell’orso, ma capace, tuttavia, d’infondere angoscia.

mercoledì 12 luglio 2023

Hirpu. Estratto

 


Un falco planava disegnando cerchi nel cielo; la sua ombra sfiorò il ragazzo mentre saggiava la roccia con le dita, cercandovi degli appigli. Il silenzio era rotto soltanto dal suo ansare e dai ciottoli che, staccandosi, precipitavano alla base del dirupo. Proteso nello sforzo, Hirpu non badava al vuoto cha andava aumentando sotto di sé. Spettava all’udito valutare, tramite il tempo di caduta delle pietre, l’eventuale volo che l’attendeva nel caso di un passo falso. Serrando i denti, trattenne i gemiti generati dai muscoli tesi. Conquistava a fatica ogni centimetro della parete, che si faceva sempre più aspra. Le dita doloranti lasciavano sulla roccia tracce di sangue: ferite provocate dalla ruvida pietra che, gelida, pareva in alcuni tratti aguzza e tagliente quanto una lama.

lunedì 10 luglio 2023

Hirpu. Estratto

 



Camminavano spediti; occhi aperti, bocche cucite e orecchie tese. Crescendo avevano conosciuto, senza assuefarsene, la presenza assidua di Dispater, dio degli hinferi che, impietoso, aleggiava sotto forme differenti: fame, malattie, guerre, ma anche belve feroci o banali avventatezze. Viaggiare disarmati in un territorio infestato da lupi o predoni equivaleva a correre lungo la cresta di un monte: un’imprudenza poteva costare la vita.

venerdì 7 luglio 2023

Hirpu. Estratto

 


Volgendo lo sguardo verso la macchia, vide l’amico montare di guardia. Non era la prima volta che subiva una punizione a causa sua. Le ore trascorrevano lentamente, intervallate da un sonno agitato e privo di sogni. La foresta assorbiva ogni rumore nell’inerzia dell’aria. I piccoli animali stavano nascosti, turbati dalla presenza dei cacciatori; persino i lupi sembravano aver abbandonato il proprio territorio.

mercoledì 5 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. Estratto

 


Hirpu faticava a distogliere le idee da quella che ormai era divenuta un’ossessione: catturare un cervo degno del rix. Conosceva le difficoltà di un’impresa simile: i capi migliori erano i più vigorosi, impensabile competere in velocità e forza. Doveva quindi giocare d’astuzia, usare la tattica dell’aquila: scegliere la preda e spingerla in un dirupo. Azione fattibile, specie se avesse chiesto l’aiuto di Artal, un fratello più che un amico. Sapeva, però, che proprio in nome dell’amicizia questi avrebbe cercato di dissuaderlo.

lunedì 3 luglio 2023

Hirpu, il cacciatore. IL RIX


IL RIX



Il sistema sociale celtico prevedeva l’elezione del proprio condottiero, Rix, non per diritto divino o di discendenza, ma solo per acclamazione unanime, e dopo che quest’ultimo avesse dato dimostrazione concreta del proprio valore in battaglia e della propria saggezza e lungimiranza nell’amministrazione della tribù.

martedì 30 maggio 2023

QUARANTOTTO MINUTI AL SUONO DELLA SVEGLIA

Quarantotto minuti al suono della sveglia



  Vi sono necessità che non ammettono indugi. Si può rinviare un pasto nonostante i morsi della fame, persino procrastinare il sonno, ma quando la vescica è sul punto di traboccare, beh, non c’è volontà che tenga. E Max non fa eccezione; vorrebbe starsene tranquillo, accucciato sul proprio materassino in corridoio senza interrompere il sonno del proprio umano, ma il fastidio è ormai insostenibile. Un espediente potrebbe essere quello di sollevarsi e, raggiunto un angolo strategico, alleggerire la pressione di quel poco sufficiente ad attendere, per il saldo, il risveglio del tutore. Idea balzana che il quadrupede scaccia con un colpo di coda: l’umano non approverebbe. Max non vuole contrariare il maschio alfa che, certo, impartisce regole ferree, ma che amministra l’ordine con saggezza, premiando le cose ben fatte e limitando i castighi a dei richiami verbali. Così, pungolato dall’impellenza, varca la soglia della camera da cui proviene un nitido ronfare. Raggiunge con passo felpato il dormiente. Gli è precluso di balzare sul letto e quindi, poggiando il petto al materasso, allunga il collo protraendo il proprio tartufo umido fino a sfiorare il volto dell’uomo. Nell’intervallo fra una russata e l’altra, Max sbuffa due volte attraverso le narici, stratagemma che, tuttavia, non produce l’esito auspicato, così, leccandogli velocemente la punta del naso, lo desta.
  «A nanna Max, a nanna!» mugugna l’uomo, scacciando la seccatura come fosse una mosca. Ordine che, solitamente, riporta nei ranghi il fido compagno respingendolo alla propria cuccia. Questa volta, però, anziché retrocedere, Max palesa insubordinazione e, posate le zampe anteriori sul letto, inizia a mugolare; azione che costringe l’uomo al totale risveglio. Dev’essere questo il trauma della nascita pensa: lasciare una bolla calda, rassicurante, colma di vibrazioni famigliari per ritrovarsi sommersi da luce, freddo e suoni acuti, dove non si può fare a meno di piangere. 
  «Cos’è che vuoi?» domanda allungando una carezza. Lo sguardo cerca la radiosveglia: i led indicano le cinque e tre minuti. Ora antelucana confermata dal profondo silenzio che amplifica il ritmico scodinzolio sopra lo scendiletto.
  «Non avrai già fame?». Anche se raramente, capitava che Max si svegliasse prima dell’alba in preda a una crisi famelica di portata biblica. 
  L’uomo, appellandosi alla disciplina, vorrebbe imporsi rammentando alla bestiola il ruolo subalterno nella scala gerarchica. Il pensiero di smuovere le coperte, rinunciando all’avvolgente tepore del letto, lo getta nello sconforto, come un bimbo costretto a interrompere una poppata. Max, tuttavia, sull’orlo del travaso, insiste aumentando la frequenza dei mugolii. 
  «Allora se’ proprio bischero», lo zittisce.
  Sospira l’uomo, conscio che l’insistenza dell’amico non sia parto di un capriccio: è un buon cane le cui richieste hanno di norma motivazioni serie. Accompagnato dal fruscio delle lenzuola si mette a sedere; nel calzare le pantofole il piede destro sfiora il pavimento gelido, come la pinzetta dell’allegro chirurgo che tocca il bordo del paziente, dall’arto parte un brivido che spazza ogni residuo di sonno. Il cane, vedendo finalmente l’eroe entrare in azione per salvarlo, si agita: scodinzola, gira su sé stesso, ne cerca le mani per leccarle, chiedendo indulgenza e mostrando riconoscenza al tempo stesso. 
  «Buono Max, buono», sussurra. Sollevandosi allunga la mano alla parete, per non perdere l’equilibrio. 
  Percorso il corridoio, l’uomo si dirige verso la ciotola, posta nell’angolo della cucina, ma quando la raggiunge si accorge di non essere seguito. Tornato sui propri passi scova Max seduto all’ingresso a fissare l’uscio.
  «Ti avevo detto di non bere come un cammello!» lo rimbrotta. «Così t’impari a rubare il cibo».    Riferendosi alle due acciughe sotto sale che il quadrupede, con mossa lesta, aveva razziato dal cartoccio lasciato incustodito sul tavolo divorandole.
  Compresa l’emergenza, l’uomo indossa frettolosamente l’impermeabile, le scarpe, sciarpa, cappello, mentre Max, come una bomba in procinto di esplodere, controlla a fatica la pressione urinaria mettendosi a gironzolare. Agganciato il guinzaglio al collare, l’uomo apre l’uscio. Uscito sul pianerottolo le luci si accendono automaticamente. L’aria fredda che risale la tromba delle scale lo investe, facendogli rimpiangere ancor di più il letto e il tepore dell’appartamento. Appena scesi i primi scalini deve aggrapparsi al corrimano, mentre con l’altra mano trattiene la foga del cane che tende il guinzaglio.  
  «Vai bello, annaffia pure», bisbiglia, indicando lo zerbino dell’inquilina del piano di sotto. Proposito che metterebbe volentieri in atto a risarcimento dei petulanti lamenti della bisbetica, elargiti copiosamente a ogni incontro.
  Il silenzio che aleggia su ogni pianerottolo è rotto dal ronzare dell’immortale lampada al neon che rischiara l’androne. Poggiata la mano sul maniglione del portone, l’uomo saggia l’intensità dell’inverno che lo attende oltre. Appena fuori, infatti, è investito dall’aria gelata che ne condensa il fiato in una nuvola di vapore. Poco distante c’è un’aiuola e Max, trascinandosi dietro l’uomo, vi si fionda e, alzata la posteriore destra, lascia sgorgare lo zampillo.
  L’uomo osserva divertito l’amico rilasciarsi; in pieno godimento gli occhi dell’animale si socchiudono su di uno sguardo appagato, mentre calano anche le orecchie come le guance e persino la gamba, prima tesa verso l’alto, si abbassa lentamente. Sembra un palloncino che, svuotandosi, stia per afflosciarsi sul terreno trasformandosi in una frittella.
  Prima di allontanarsi dall’aiuola, il cane raspa il terreno con le zampe posteriori, scagliando del terriccio in strada. Tanta è la foga profusa nell’operazione che, quando una zampa trova l’asfalto anziché la terra, l’improvvisa aderenza dei polpastrelli lo proiettano, a molla, verso il muretto antistante.
  «Sei imbarazzante per tutta la tua specie», lo canzona l’uomo. «Visto che ormai siamo fuori completiamo l’opera; abbiamo fatto trenta…» dice, proponendo il proseguo della passeggiata, almeno sino all’angolo dove Max, abitualmente, espleta le proprie deiezioni.
  «Cagare dove capita? No, vero? Devi trovare la giusta ispirazione».
  Si stringe nell’impermeabile, respirando l’aria gelida rimpiange la canicola estiva, una delle ultime rinviene nei ricordi: la vacanza in riviera con la compagna, da sposini, come non capitava da anni. Loro due immersi nell’Adriatico ridendo a crepapelle per delle scemenze, come una pernacchia farebbe scompisciare un bimbo. Ridevano sino alle lacrime, tanto da non trattenere nemmeno la vescica che si liberava in mare. Abbracciati come fidanzatini, lasciandosi cullare dal moto ondoso. Le labbra salate di lei così invitanti, la voce allegra. I pensieri cancellati dalla voglia di vivere, di godere. 
  Ripensando a quella vacanza percorre il marciapiede dribblando sacchi dell’indifferenziata e auto. Giunto vicino a una Golf color argento, parcheggiata lungo il viale, l’uomo vi indirizza uno sguardo malevolo: vorrebbe vederla avvolta dalle fiamme o, perlomeno, convincere Max a liberare gli intestini sul cofano motore, sarebbe disposto a tenerlo in equilibrio per prendere bene la mira. Astio, quello nei confronti del proprietario, che ha ragioni profonde: all’infame, infatti, imputa la decisione della propria figlia di emigrare a Londra. In quattro anni di fidanzamento, è acclarato, il bastardo aveva reso una ragazza innamorata in una donna tradita; l’adultero aveva adornato la testa della compagna di una quantità di corna tali da far impallidire il più maestoso dei cervi. Tante le bugie, gli inganni e le ferite da rendere il quartiere, la città stessa invivibile per una amazzone disarcionata. Disorientata è fuggita per ritrovare la bussola. 
  Un’assenza che prende peso ogni giorno di più, specie in inverno, quando la ‘piccola’ rientrava la sera imbardata da capo a piedi per il freddo, decidendo di restare a casa, o la domenica a pranzo, quando il suo posto a tavola è più desolato di un cimitero a Ferragosto. La sua camera è intatta, una macchina del tempo sospesa all’orario di partenza, pronta a riprendere il proprio ticchettio al rientro della proprietaria. Lontananza che ha esposto chiaramente la metafora della farfalla nella teoria del caos: la figlia invia un messaggio WhatsApp da Londra dicendo d’essere raffreddata e in casa Ricci esplode un ciclone d’angosce, immaginandola in preda a convulsioni. L’uomo benedice la tecnologia che permette loro di comunicare quasi giornalmente. Udirne la voce, vederne il viso attraverso lo schermo del cellulare è un palliativo ma, seppur benefico, non basta a colmare il vuoto lasciato in quella casa, desolata come una scuola in estate. Momenti in cui, assediato dalla malinconia, si domanda dove sarebbe la figlia se non avesse incontrato il bastardo; lui che, in trentasette anni di matrimonio non aveva mai tradito la sua compagna. Non che fossero mancate le occasioni o le tentazioni, anzi, ma il timore di rovinare il loro rapporto, seppur umanamente imperfetto, aveva sempre domato gli istinti. Una convivenza traballante, certo, come un vecchio tavolo, ma l’amore aveva sempre prodotto un tassello, un pezzo di cartone in grado di puntellarlo. Una vita intrecciata, a volte talmente ingarbugliata da formare dei nodi che la pazienza, tuttavia, aveva sempre risolto. Un ardore iniziale, il loro, che il tempo aveva raffreddato trasformandolo in un amore simbiotico, dove l’esistenza dell’uno si fonde in quella dell’altra. Era nato, più di una volta, il dubbio di entrare in porto, ormeggiare la barca per riprendere una via solitaria, ritrovare il proprio tempo, l’indipendenza giovanile, ma alla fine, calata la tramontana di rabbia, ritrovavano la voglia di proseguire il viaggio assieme, curiosi su dove il destino li avrebbe fatti approdare.   
  Sospirando, l’uomo riprende la passeggiata. L’umidità è densa, tanto da assorbire in una foschia lattiginosa il lume degli ultimi lampioni lungo la via. Una barriera che pare isolare il quartiere dal resto della città, proiettando ancor più lontana Londra, quasi fosse sul lato oscuro della Luna. Il freddo è pungente e sembra accanirsi sul naso e sulle orecchie rendendole insensibilmente doloranti; un clima rigido che risveglia il desiderio di tornarsene a letto, accanto alla sua compagna. Cosa vi è al mondo pensa, che possa eguagliare la dolce sensazione nell’infilarsi sotto le lenzuola? Ritrovare il tepore mantenuto dal corpo di lei, come fosse un focolare in una tempesta di neve. Pregusta il godimento di abbandonarsi al benessere ascoltandone il respiro lieve; lasciarsi stringere dal suo abbraccio avvolgente, caldo, morbido e sensuale; colmare le narici del profumo della pelle e lasciarsi solleticare il naso dai suoi capelli.
  Pensiero che ha sempre alleviato le gelide uscite mattutine, specie quelle domenicali, come la ricompensa divina che spetta ai santi che subiscono il martirio. L’estasi di ritrovare un letto dove godere di un altro po’ di felicità, un abbraccio da assaporare oppure, se l’ora è già tarda, trovare l’avvolgente aroma del caffè ancora borbottante nella moka, la tavola apparecchiata per la colazione e il sorriso di lei: il migliore dei croissant.
  Aspettativa che sollecita l’uomo a rincasare appena Max ha soddisfatto i propri bisogni. Avvicinandosi a casa i due allungano il passo. Un’auto, svoltato un angolo, illumina i due con il proprio fascio di luce. Max, distratto nel fiutare una pista sul selciato, scorge improvvisamente la propria ombra, ingigantita, proiettata sul muro di recinzione. Il balzo di terrore della bestiola fa scoppiare nell’uomo una risata. «Avrei dovuto chiamarti Cuor di Leone» lo canzona.
  Il tepore dell’androne rinfranca i due mattinieri. Infilate le scale, l’uomo fatica a trattenere nuovamente la foga dell’amico, ora affamato. Inserite le chiavi nella serratura si sospende tentennando per un istante, fissa l’uscio quasi volesse sincerarsi sia quello giusto. L’affanno, figlio della salita, ricolma il pianerottolo altrimenti muto. Aperta la porta scorge la luce accesa nella cucina. “Amore?” vorrebbe chiamare, ma nessun profumo di caffè lo avvolge. Attende un istante prima di varcare la soglia, il silenzio è profondo, quasi solido, tanto che può udire il ticchettio delle unghie di Max che zampetta lungo il corridoio; abitualmente, appena rincasato, corre scodinzolante dalla sua umana per una carezza, saluto ricambiato con una leccata alla mano. L’amico, invece, sedutosi dinanzi alla ciotola, attende l’uomo, ma non scodinzola, la sua è una felicità mesta, mutilata. La malinconia si legge nello sguardo del cane che fissa l’umano in una preghiera silente di cibo. Gli occhi dell’uomo si fanno liquidi, tanto che fatica a trovare il sacchetto delle crocchette. Chinandosi sulla ciotola per colmarla, dà una carezza a Max, senza dire una parola. Mestamente getta un’occhiata al calendario appeso in corridoio: mancano tre settimane a Natale, diciannove giorni al ritorno della figlia.
  Svestitosi si dirige nella camera da letto. Il silenzio che lo attende lo respinge in corridoio. Il letto è deserto, freddo e immenso. La camera è ricolma all’inverosimile di un’imponente mancanza. Quel talamo senza un’anima è l’incubo che risveglia l’uomo dal sogno, balzandolo in una straziante realtà. Un’assenza gelida come le lenzuola in cui si infila. Gli occhi di Max lo seguono dal corridoio, sguardo mesto, orfano di una persona amata, venerata, rimpianta. L’uomo ricambia la malinconia liquida dello sguardo. Max pare comprendere e, abbassando la testa, si dirige alla propria cuccia.
  «Max!», lo richiama l’uomo, «vieni!» lo invita a salire sul lettone. Il cane esita, teme di non aver compreso l’invito. «Dai, sali!» ripete l’uomo, battendo la mano sul materasso. Senza farselo ripetere, il quadrupede balza sul letto e, acciambellandosi, si appoggia al suo fianco. 
  Serra le palpebre l’uomo: per non vedere, nella speranza di rigettarsi nel sogno lasciato in sospeso. Mancano quarantotto minuti al suono della sveglia, quarantotto minuti di sospensione fra un passato caldo e un futuro gelido, secondi lunghissimi di una veglia mesta, tempo in cui, se intende continuare a vivere, deve trovare un solo motivo per cui valga ancora la pena alzarsi per recarsi al lavoro, per continuare a respirare e sopportare la solitudine. Come un fiore reciso deve imparare a suggere l’acqua consapevole che senza radici la sua non sarà più esistenza, ma sopravvivenza. Quarantotto minuti per racimolare le forze necessarie ad affrontare la luce del giorno che, scacciando i sogni, palesa in maniera lampante l’assenza di lei. Quarantotto minuti per scovare una valida ragione per continuare a vivere senza più udirne la voce. 


mercoledì 24 maggio 2023

HIRPU, IL CACCIATORE

 


Non era mai corso buon sangue fra lui e Brennu, fin da ragazzini, ogni pretesto era buono per scatenare la rivalità. Il carattere non era la sola differenza fra di loro: mole imponente quella di Brennu, i cui muscoli, forgiati da faticosi allenamenti, ostentavano una forza impressionante. Alto e dal portamento fiero, incarnava l’immagine di Toutatis, dio della guerra. Fierezza che traspariva dallo sguardo arcigno. Al contrario, Hirpu, segaligno e di statura decisamente inferiore al resto dei compagni, pareva un ragazzino cui era stata preclusa la crescita. Tuttavia, il fisico asciutto e leggero gli permetteva una straordinaria rapidità. “Destrezza utile a fuggire” lo punzecchiava Brennu. In realtà, Hirpu faceva sfoggio della sua agilità con arrampicate fulminee su alberi e pareti rocciose, mettendo a frutto gli insegnamenti di Vindonno, suo padre, abile scalatore oltre che irriducibile guerriero.

martedì 23 maggio 2023

Hirpu, il cacciatore; la battaglia

 HIRPU, IL CACCIATORE


 La Battaglia:

Dalle testimonianze tramandati dai Latini sappiamo che i Liguri affrontavano il nemico in battaglia seminudi o nudi per mostrarsi il più possibile vicino allo stato animale selvaggio per incutere timore ai Romani molto meno robusti.


Si mostravano dipinti su tutto il corpo, portavano lunghe chiome impastate con argilla. Spesso tutto ciò che indossavano era dei calzari di cuoio, un cinturone e un collare di metallo ritorto, detto Torque che serviva loro per catalizzare l’energia nella testa.

Erano armati con lunghe lance, dette Bug, uno scudo bisogno, una spada scadente perché forgiata con metalli dolci e molto raramente, con arco e frecce che venivano considerate disonorevoli perché non adatte allo scontro fisico.

venerdì 19 maggio 2023

Hirpu, il cacciatore

 


Il gruppo di cacciatori ostentava visi tesi e fieri, traditi soltanto dagli occhi lucidi; un'emozione esaltata dal rito d’investitura: da loro sarebbe dipeso l’andamento dell’inverno.

Fra essi, in prima fila, v’era Hirpu, il 'lupo' nel suo idioma. Indossava la veste di lana appositamente tessuta da sua madre. Orgoglioso, impugnava saldamente il bug, la cui punta di metallo riverberava le fiamme sacre. Il giovane sosteneva stoicamente l’ondata di calore, che ne bruciava le ciglia e la punta dei capelli color rame. Esaltato, Hirpu ne respirava l’aria rovente, cercando uno spiraglio fra le fiamme da cui scrutare la bella Abala.

giovedì 18 maggio 2023

Hirpu, il cacciatore; l'incipit

 Incipit


  Il mondo degli uomini era ancora giovane, la natura selvaggia temprava i loro corpi, mentre gli dèi ne governavano il destino, elargendo gloria o sventura, assecondando i propri capricci.
Nel primo plenilunio d’autunno la luna splendeva come una regina, argentando la foresta di faggi, le cui foglie ingiallite annunciavano il finire della stagione dei mesi luminosi. 
Nel villaggio abbarbicato sulle pendici del monte, fervevano i preparativi per la grande caccia. L’intero pagu, clan, appartenente al popolo dei Graioceli, era adunato nel bosco sacro, per assistere alla cerimonia officiata da Ariobrigo, lo sciamano che, dinanzi a un monolite, il Mezunemusu, invocava la benevolenza di Belanu, dio della luce. Avvolto nel lungo mantello grigio, il cerimoniere intonava canti e preghiere per chiedere una caccia doviziosa: da essa, infatti, sarebbe dipeso l’approvvigionamento per i mesi neri dell’inverno; carne e pelli pregiate, da barattare con cereali e legumi coltivati dai popoli della pianura che, a levante, si estendeva lungo il corso del grande fiume. 
Lingua sacra e arcana quella del druvid; parole sospinte verso il cielo dalla forza divoratrice del fuoco. L’odore di resina bruciata s’espandeva per la radura, assieme al profumo di erbe aromatiche e polveri magiche che il sacerdote gettava nelle fiamme, provocando bagliori accecanti. Schierati su due file, i cacciatori formavano un semicerchio dinanzi al falò. I più giovani e inesperti erano disposti in prima linea, così che, inondati dal riverbero del fuoco, assorbissero l’energia sacra dispensata dagli dèi. Alle loro spalle s’ergevano, fieri e marziali, i veterani del villaggio.

mercoledì 17 maggio 2023

Hirpu, il cacciatore; la prefazione

 Prefazione


  Preceduto dalle proprie insegne, un giovane generale guidò la propria armata in un’impresa leggendaria. 
Assoggettata gran parte della penisola iberica, il generale Annibale Barca, detto il “leone” di Cartagine, aveva progettato la più grande azione militare mai intrapresa prima, con l’intento di aggirare Roma, l’acerrima nemica, per poi affrontarla in battaglia nel proprio territorio. 
Partito con novantamila fanti, dodicimila cavalieri e trentasette elefanti da Carthago Nova, valicò i Pirenei, attraversò la Gallia e risalì il Rodano, guadandone le acque con enormi zatteroni. Da lì iniziò la risalita per valicare le Alpi. 
Celtiberi della Spagna, frombolieri delle Baleari, Cavalleria della Mauritania, fanteria da Cartagine, Libici, Galli della Francia ed elefanti da battaglia, pagarono un duro prezzo con la perdita di uomini e animali per il freddo e gli stenti.
Oltrepassato il culmine estremo della catena montuosa, calò a valle in assetto da battaglia, con l’intento d’impressionare le tribù locali scoraggiandone eventuali scontri.

HIRPU, IL CACCIATORE: IL RIX

 


Il sistema sociale celtico prevedeva l’elezione del proprio condottiero, Rix, non per diritto divino o di discendenza, ma solo per acclamazione unanime, e dopo che quest’ultimo avesse dato dimostrazione concreta del proprio valore in battaglia e della propria saggezza e lungimiranza nell’amministrazione della tribù.

martedì 16 maggio 2023

HIRPU, IL CACCIATORE: la battaglia

 La Battaglia:

Dalle testimonianze tramandati dai Latini sappiamo che i Liguri affrontavano il nemico in battaglia seminudi o nudi per mostrarsi il più possibile vicino allo stato animale selvaggio per incutere timore ai Romani molto meno robusti.

Si mostravano dipinti su tutto il corpo, portavano lunghe chiome impastate con argilla. Spesso tutto ciò che indossavano era dei calzari di cuoio, un cinturone e un collare di metallo ritorto, detto Torque che serviva loro per catalizzare l’energia nella testa.

Erano armati con lunghe lance, dette Bug, uno scudo bisogno, una spada scadente perché forgiata con metalli dolci e molto raramente, con arco e frecce che venivano considerate disonorevoli perché non adatte allo scontro fisico.

lunedì 15 maggio 2023

HIRPU, IL CACCIATORE: abbigliamento Taurini

Come vestivano i Taurini 

Abbigliamento:

Sappiamo che, almeno nella prima età del ferro, le tecniche e le decorazioni dovevano essere molto simili a quelle golasecchiane. Quindi, i materiali erano lino, canapa e lana. Le tinture vegetali erano gialla, molto diffusa in Piemonte, rossa (robbia), blu (guado).



I mantelli erano di spessa lana infeltrita e idrorepellente, a volte decorati a scacchi. In genere erano corti, avvolti sulle spalle come delle stole e fermati con figure in bronzo. I mantelli spesso erano usati come cappucci.

La veste femminile era formata da un lungo pezzo di stoffa a telaio manuale nel quale, durante la tessitura, veniva ricavato il buco per la testa. Non c’erano cuciture perché simbolo di povertà. Aperta sui lati veniva trattenuta in vita da una cintura di cuoio con fibbia in bronzo.  Più la veste era lunga e larga più era considerata elegante. La sottoveste era in lino o canapa. Spesso la veste elegante era ricamata con fili rossi o blu, con motivi a spirali, triskel o simboli solari.

I calzari erano perlopiù dei mocassini in cuoio.

I gioielli consistevano in una collana di grani d’ambra, bracciale in bronzo o pasta di vetro.

domenica 14 maggio 2023

HIRPU, IL CACCIATORE; LA RELIGIONE

LE POPOLAZIONI LIGURI, GRAZIE AL LUNGO CONTATTO CON LE POPOLAZIONI CELTICHE, HANNO ACQUISITO CREDENZE E MITI PROVENIENTI DA QUEL MONDO. A PARTIRE DAL VII SECOLO A.C. I CORREDI FUNEBRI SONO SIMILI A QUELLI RISCONTRABILI PRESSO LE POPOLAZIONI DI CULTURA CELTICA.



Gli dèi di Hirpu:

Belanu, è una divinità protoceltica della luce, uno dei maggiori e più influenti tra gli antichi dèi europei per il quale si eseguivano sacrifici e riti collegati ai solstizi e perciò ai cicli solari dell'anno. Il teonimo Belanu è stato ritrovato su alcune iscrizioni scoperte nei pressi di Oulx e a Bardonecchia. Alcuni lo hanno accostato al dio Apollo della cultura mediterranea. La sua compagna era Belisma, dea del fuoco. Adorato dai LiguriIberiCelti continentali e insulari era noto per la sua influenza sulla luce solare e di conseguenza sull'agricoltura, sulla stagionalità, sulla temperatura, sull'allevamento e in pratica su ogni attività umana dell'epoca protostorica europea, sovrintendeva persino sull'illuminazione della psiche nell'accezione spirituale e mentale come guida alle innovazioni e invenzioni.

 

Tuotatis, era nella mitologia celtica il dio della guerra, della fertilità e della ricchezza, identificato secondo alcuni come l'equivalente del dio Marte romano. Il suo nome significa "padre della tribù", dal touta celtico che significa "tribù" o "gente". A Toutatis, che è anche conosciuto con i nomi di Albiorix (re del mondo) e Caturix (re della battaglia), erano offerti sacrifici umani per placare la sua ira.

 

Alator, protettore dei cacciatori, sembra che il suo nome significhi “colui che nutre il popolo”.

 

Bergusia era una dea celtica, consorte del dio Ucuetis, lei venerata come la dea della prosperità, mentre Ucuetis era un dio patrono degli artigiani.

 

Dispater, Antica divinità latina corrispondente al greco Πλούτων quale attributo di Ade in quanto «ricco» (Dis da Dives); come Dispater si configura quale il rovescio infero di Iuppiter. Nell’ambito del collegamento con le genealogie della mitologia greca, D. fu detto figlio di Saturno e di Ops e fatto signore, insieme con Proserpina, del mondo sotterraneo e dei tesori che la Terra cela. In suo onore si celebravano in Roma i giochi secolari.