Presentazione di "Dodici semi di senape"
Una raccolta di raconti, dove si alternano
dosi di comicità, stile cavalleresco, azione, malinconia e un affresco
sul lavoro minorile. Un quadro d'insieme dove emerge una riflessione sul
disagio della solitudine e dei rapporti umani.
"Magari un giorno smetterò di scrivere e formatterò l'hard disk, troncando questa vita virtuale, ma per questa notte proverò ancora una volta a gettare dei semi neri, su di un terreno vergine e bianco. Sentendomi una vecchia quercia nodosa che lascia cadere le proprie ghiande, spargerò queste parole lasciandole sospese nel tempo, nella speranza che, anche una sola di esse, possa attecchire".
Dodici semi di senape, ha ottenuto il
premio della giuria nel concorso Letterario Nazionale: ‘Città di Parole 2015’.
Titoli racconti:
- Elucubrazioni di un esordiente (Primo class. VI ed. Premio: “Il Trebbo” )
- La sete (Secondo class. XXXII ed. Premio “A. Bargagna”)
- La pensione
- La vera storia di Adamo ed Eva (Secondo class. IV ed. Premio “Città di Grottammare”)
- Il primo come l'ultimo ( Secondo class. VI ed. Premio “Letterando Berbenno”)
- La bricolla (Secondo class. II ed. Premio bilingue “Tracce per la meta”)
- Stregata dalla musica ( Primo class. XVI ed. Premio “Tre Ville”/ Primo Class. con medaglia Presidenza della Camera dei Deputati nella XI ed. Premio San Maurelio)
- Un caffè amaro (Primo class. V ed. Premio “Avis Capannoli”)
- Il sogno di Srey (Terzo class. II ed. Premio “Teatro Aurelio”)
- Insegnami a giocare con le bambole (Primo class. IV ed. Premio “Il Fuoco”)
- Il giullare disarmato ( Secondo class. II ed. Premio “Giovane Holden”)
- Italo ( Secondo class. VIII ed. Premio “Città di San Marcello”)
Per un assaggio:
Elucubrazioni di un esordiente
Pagina centosettantadue.
Sono quindici minuti che il cursore
palpita impietoso accostato all’ultima sillaba battuta; sembra scrutarmi come
un professore austero che, spazientito, tamburella con le dita la cattedra
sottolineando il mio silenzio.
Do un'occhiata all'orologio: le due e
quarantuno. Il mio sguardo si perde nel deserto della pagina elettronica. La
ragnatela tesa a sagomare la trama del romanzo si va aggrovigliando,
avviluppandomi in un bozzolo asfissiante.
La luce della lampada da tavolo s’espande, diluendosi nel buio
della mansarda; sfiora appena il dorso dei libri disordinatamente poggiati su
scaffali affaticati dal tempo. Nella penombra del locale il letto m’invita a
lasciarmi sprofondare nelle calde e avviluppanti braccia di Morfeo. Non talamo,
bensì campo di battaglia nella quotidiana lotta contro l’insonnia.
Il fumo sprigionato
dal sigaro, malamente abbandonato nel posacenere, sale lento e sinuoso come una
danzatrice del ventre, scindendosi in fili sottili modellati da impercettibili
correnti d’aria.
In un angolo, posata su di un tavolino, la vecchia Olivetti pare
scrutare compiaciuta questa mia battuta d’arresto. La bandella rossa e nera
giace inerme e inaridita, con il solo scopo di rammentarmi quelle notti lontane
in cui fungeva da catalizzatore fra la mia mente e il resto del mondo,
imprimendo sul foglio vergine quel fiume impetuoso e inarrestabile che erano i
miei pensieri. In quell’età in cui ero certo d’aver scovato la chiave segreta
del mondo, quando nulla sembrava poter fermare l’irruenza dettata dall’orgoglio
e dall’arroganza. Accanto alla macchina, la risma di fogli bianchi in attesa e,
ai piedi del tavolino, l’immancabile cestino, tumulo di errori e ripensamenti.
Allora, il ticchettio dei martelletti s’espandeva nell’aria assieme all’aroma
del caffè e al fumo delle sigarette, mentre, dal piano di sotto, s’udivano gli
improperi dell’inquilino disturbato dal fastidioso picchiettio.
Immagini simili a quelle di un film
neorealista che, riaffiorando, mi spingono ora a chiedermi se la finzione
rispecchia la realtà o se, piuttosto, la condizioni. Ore notturne sostenute da
litri di caffè pagato a colpi di gastrite, come se l’ispirazione non avesse
potere alla luce del giorno. Al quadretto manca soltanto un bicchiere di
bourbon o di gin (perché una grappa fa troppo nostrano) e lo stereotipo dello
scrittore è servito. E pensare che detesto l’odore di nicotina, così come non
sopporto svegliarmi con la bocca impastata dal sapore di alcol.
Mi chiedo quale differenza passi fra un
pescatore che racconti d’aver preso all’amo la madre di tutte le trote e uno
come me, pozzo inaridito nell’oasi dei sentimenti, che scrive di travolgenti
passioni, amori e tradimenti senza averne saggiati di propri.
Scrittori: eterni pizzicagnoli dediti a offrire sempre nuovi
sapori a menti affamate d’emozioni. Sapori aspri, a volte insipidi, dolci,
saporiti. Barman pronti a sperimentare nuovi cocktail, shakerando parole,
sentimenti, emozioni e, forse, anche banalità. Spinti da mille ragioni
differenti, chi in cerca di gloria o sfogo, chi per autoanalisi o per
comunicare, ma tutti accomunati dalla ricerca di un pensiero che sappia sopravvivere
a se stessi, lasciando una traccia della propria esistenza. Il complesso di
Erostrato vissuto nel modo più etico e costruttivo forse, ma assai meno
efficace. A volte mi chiedo se sia meno doloroso dare alle fiamme un tempio
oppure ardere lentamente dalla passione e soffocare per le cocenti delusioni,
mentre, disincantati, si osservano i propri sogni sgretolarsi sotto il peso
della realtà.
Esordiente ormai veterano, vago frustrato in librerie che
somigliano sempre più a supermercati: dove l’odore di pizza e Coca Cola copre
il profumo di carta, colla e petrolio dei libri freschi di stampa. Copertine
accattivanti in cui spesso il nome dell’autore sovrasta di gran lunga il
carattere del titolo, equiparando i romanzi a scatole di biscotti colorate il cui
'nome' è sinonimo di bontà. Scaffali colmi di sapere, antico e moderno, mentre
in vetrina campeggiano i prodotti pubblicizzati, griffati, alla moda, relegando
le novità, gli esordienti, ad agonizzare nel sottoscala.
Mi chiedo se valga ancora la pena dar vita a storie per poi
confinarle in una clausura forzata nella memoria di un computer. Personaggi con
un volto, un cuore, una storia; figli della propria anima, partoriti mettendosi
a nudo e liberando le paure e i sentimenti più intimi.
Nei caffè letterari mi sento impacciato come un leone marino in un
campo di calcio; preferisco di gran lunga la vita di strada, dove posso
rovistare fra i discorsi della gente assaporandone le vite, le esperienze.
Storie che mi cucio addosso come un vestito di Arlecchino, mimando caricature
di me stesso; raccolgo ogni esile pensiero svolazzante nell’aria per
distillarlo, goccia dopo goccia, in esperienze vissute attraverso i miei
personaggi. Un universo parallelo a due dimensioni in cui posso gioire,
ansimare, piangere e persino pregare.
Forse sto solo
farfugliando parole senza senso. Probabilmente, qualche mattina, mi sveglierò e
andrò sul pianerottolo nudo come un verme a cantare l’inno alla gioia,
palesando tutto il disagio e la rabbia repressa, soffocata a stento dalle illusioni.
Per il momento, però, torno a fissare il cursore: immobile nel suo lampeggiare
come una sentinella in attesa di nuovi ordini. Magari un giorno smetterò di
scrivere e formatterò l’hard disk, troncando con questa vita virtuale, ma per
questa notte proverò ancora una volta a gettare dei semi neri su di un terreno
vergine e bianco. Sentendomi una vecchia quercia nodosa e curva che lascia
cadere le proprie ghiande, spargerò queste parole lasciandole sospese nel
tempo, nella speranza che, anche una sola di esse, possa attecchire. Sarà il
vento a portare lontano le mie emozioni, nel miraggio che, un giorno lontano,
anche un solo uomo legga il mio nome, così che un briciolo della mia anima
possa ancora palpitare attraverso di lui su questa terra.
Informazione del libro
SBN : 9788891084934
Edizione : 1a
Anno pubblicazione : 2014
Formato : 15x23
Foliazione : 52 pagine
Copertina : morbida
Recensioni
Dodici semi di senape
Scritto da si-pi il 19 dicembre 2014
Una serie di racconti brevi che toccano l'Animo e lasciano il segno.
Colpisce, commuove e affascina. Sapientemente dosate, si alternano
storie di vita vissuta, solitudine, diritti sull'infanzia e anche
dell'umorismo.
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