di Pierangelo Colombo

martedì 7 marzo 2023

Aspettando lo Strega, tutti i libri candidati

 Ecco riassunti tutti i libri proposti titoli proposti dagli Amici della domenica per la LXXVII edizione del Premio Strega:

 

▪ Nicoletta Bortolotti, «Un giorno e una donna» (HarperCollins), presentato da Maria Rosa Cutrufelli.
▪ Maria Grazia Calandrone, «Dove non mi hai portata» (Einaudi), presentato da Franco Buffoni .
▪ Gaja Cenciarelli, «Domani interrogo» (Marsilio), presentato da Lorenzo Pavolini.
▪ Gianfranco Di Fiore, «L’amore inutile» (Wojtek Edizioni), presentato da Valeria Parrella. 
▪ Roberto Ferrucci, «Storie che accadono» (People), presentato da Tiziano Scarpa.
▪ Patrick Fogli, «Così in terra» (Mondadori), presentato da Antonella Cilento.
▪ Daniela Gambino, «Due fuori luogo» (Jack edizioni), presentato da Fulvio Abbate. 
▪ Irene Graziosi, «Il profilo dell’altra» (E/O), presentato da Simonetta Fiori. 
▪ Gian Marco Griffi, «Ferrovie del Messico» (Laurana Editore), presentato da Alessandro Barbero.
▪ Sapo Matteucci, «Per futili motivi» (La Nave di Teseo), presentato da Filippo Bologna.
▪ Renato Minore e Francesca Pansa, «Ennio l’alieno. I giorni di Flaiano» (Mondadori), presentato da Raffaele Manica. 
▪ Tommaso Pincio, «Diario di un’estate marziana» (Perrone), presentato da Nadia Terranova.
▪ Lodovica San Guedoro, «Sacro Amor Profano» (Les Flâneurs Edizioni), presentato da Franco Cardini.
▪ Ezio Sinigaglia, «Sillabario all’incontrario» (TerraRossa), presentato da Lorenza Foschini.
▪ Michele Zatta, «Forse un altro» (Arkadia editore), presentato da Maria Pia Ammirati.
▪ Matteo B. Bianchi, «La vita di chi resta» (Mondadori), presentato da Paolo Cognetti. ▪ Olga Campofreda, «Ragazze perbene» (NN Editore), presentato da Gaia Manzini. ▪ Maria Castellitto, «Menodramma» (Marsilio), presentato da Serena Vitale. ▪ Alessandra Fagioli, «Mistero allo specchio» (Robin Edizioni), presentato da Paolo Ferruzzi. ▪ Sara Gamberini, «Infinito Moonlit» (NN Editore), presentato da Chiara Gamberale. ▪ Giovanni Greco, «Bruciare da sola. Una notte di Nadja Mandel'stam con i suoi fantasmi» (Ponte alle Grazie), presentato da Francesco Maselli. ▪ Maria Malucelli, «L’amore nascosto» (Armando Editore), presentato da Antonio Augenti. ▪ Flaminia Marinaro, «L’ultima diva» (Fazi Editore), presentato da Ignazio Marino. ▪ Sebastiano Martini, «Il mare delle illusioni» (Arkadia Editore), presentato da Giovanni Pacchiano. ▪ Paolo Mazzarello, «Il mulino di Leibniz» (Neri Pozza), presentato da Gian Arturo Ferrari. ▪ Matteo Melchiorre, «Il Duca» (Einaudi editore), presentato da Marco Balzano. ▪ Sacha Naspini, «Villa del seminario» (Edizioni E/O), presentato da Paolo Petroni. ▪ Romana Petri, «Rubare la notte» (Mondadori), presentato da Teresa Ciabatti. ▪ Rosella Postorino, «Mi limitavo ad amare te» (Giangiacomo Feltrinelli Editore), presentato da Nicola Lagioia. ▪ Stefano Redaelli, «Ombra mai più» (Neo Edizioni), presentato da Daniele Mencarelli. ▪ Carmela Scotti, «Del nostro meglio» (Garzanti Libri), presentato da Chiara Sbarigia. ▪ Andrea Tarabbia, «Il continente bianco» (Bollati Boringhieri editore), presentato da Daria Bignardi. ▪ Maddalena Vaglio Tanet, «Tornare dal bosco» (Marsilio), presentato da Lia Levi. ▪ Carmen Verde, «Una minima infelicità» (Neri Pozza), presentato da Leonardo Colombati. ▪ Roberta Zanzonico, «La bellezza rimasta» (Morellini Editore), presentato da Giulia Ciarapica.

▪ Silvia Ballestra, «La Sibilla. Vita di Joyce Lussu» (Laterza), presentato da Giuseppe Antonelli. 
▪ Iacopo Barison, «Autoficiton» (Fandango libri), presentato da Giuseppe Catozzella. 
▪ Silvia Bottani, «Un altro finale per la nostra storia» (SEM), presentato da Riccardo Cavallero.  
▪ Davide Buzzi, «L’estate di Achille» (Morellini), presentato da Marcello Ciccaglioni. 
▪ Andrea Canobbio, «La traversata notturna» (La nave di Teseo), presentato da Elisabetta Rasy.
▪ Carlo Cavicchi, «Vendeva anacardi» (Minerva Edizioni), presentato da Valerio Berruti. 
▪ Massimo Cecchini, «Il Bambino» (Neri Pozza), presentato da Cesare Milanese.
▪ Ada D’Adamo, «Come d’aria» (Elliot), presentato da Elena Stancanelli. 
▪ Silvia Dai Pra’, «I giudizi sospesi» (Mondadori), presentato da Sergio De Santis. 
▪ Raffaele Donnarumma, «La vita nascosta» (Il ramo e la foglia), presentato da Paolo Ruffilli. 
▪ Marcello Fois, «La mia Babele» (Solferino), presentato da Elisabetta Mondello. ▪ Ermal Meta, «Domani e per sempre» (La Nave di Teseo), presentato da Furio Colombo. ▪ Giorgio Nisini, «Aurora» (HarperCollins), presentato da Massimo Onofri. ▪ Igiaba Scego, «Cassandra a Mogadiscio» (Bompiani), presentato da Jhumpa Lahiri. ▪ Andreea Simionel, «Male a est» (Italo Svevo), presentato da Gioacchino De Chirico. ▪ Simonetta Tassinari, «Donna Fortuna e i suoi amori» (Corbaccio), presentato da Marcello Rotili. ▪ Domenico Tomassetti, «Una vita come la tua» (Bertoni Editore), presentato da Giulio Marcon. ▪ Piero Trellini, «L’Affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus» (Bompiani), presentato da Massimo Raffaeli. ▪ Valeria Tron, «L’equilibrio delle lucciole» (Salani), presentato da Vivian Lamarque. ▪ Francesca Veltri, «Malapace» (Miraggi Edizioni), presentato da Laura Massacra.
▪ Piero Balzoni, «Vita degli anfibi» (Alter Ego), presentato da Paolo Di Paolo. ▪ Maura Chiulli, «Ho amato anche la terra» (Hacca), presentato da Raffaele Nigro. ▪ Marianna Crasto, «Il senso della fine» (effequ), presentato da Laura Pugno. ▪ Elisa Fuksas, «Non fiori ma opere di bene» (Marsilio), presentato da Francesco Rutelli. ▪ Camilla Ghiotto, «Tempesta» (Salani), presentato da Alberto Galla. ▪ Michele Greco, «In buone mani» (Scalpendi), presentato da Luca De Gennaro. ▪ Sandro Gros-Pietro, «Totocælo» (Genesi), presentato da Corrado Calabrò. ▪ Francesca Guercio, «Distopia pop» (Alessandro Polidoro Editore), presentato da Angelo Piero Cappello. ▪ Laura Imai Messina, «L’isola dei battiti del cuore» (Piemme), presentato da Antonio Pascale. ▪ Vincenzo Latronico, «Le perfezioni» (Bompiani), presentato da Simonetta Sciandivasci. ▪ Laura Marzi, «La materia alternativa» (Mondadori), presentato da Veronica Raimo. ▪ Elena Mearini, «Corpo a corpo» (Arkadia), presentato da Ilaria Catastini.
▪ Elvira Mujčić, «La buona condotta» (Crocetti), presentato da Gad Lerner. ▪ Francesco Musolino, «Mare mosso» (E/O), presentato da Luca Ricci. ▪ Ilaria Palomba, «Vuoto» (Les Flâneurs Edizioni), presentato da Maria Cristina Donnarumma. ▪ Monica Perosino, «La neve di Mariupol» (Paesi Edizioni), presentato da Vito Bruschini. ▪ Anna Luisa Pignatelli, «Il campo di Gosto» (Fazi), presentato da Alessandro Masi. ▪ Sofia Pirandello, «Bestie» (Round Robin Editrice), presentato da Umberto Croppi. ▪ Rossella Pretto, «La vita incauta» (Editoriale Scientifica), presentato da Wanda Marasco. ▪ Alessandro Riello, «Delitto in contropiede» (Pellegrini), presentato da Clemente Mastella. ▪ Sandra Rizza, «Nessuno escluso» (Ianieri), presentato da Alfonso Celotto. ▪ Luisa Ruggio, «Le confidenze» (Besa muci), presentato da Diego Guida. ▪ Giacomo Sartori, «Fisica delle separazioni in otto movimenti» (Exòrma), presentato da Filippo La Porta. ▪ Alberto Schiavone, «Non esisto» (Edizioni Clichy), presentato da Annalena Benini. ▪ Ada Sirente, «Dura mater» (Miraggi Edizioni), presentato da Maria Teresa Carbone.

lunedì 6 marzo 2023

29^ edizione del Festival Dedica

 Dal 18 al 25 marzo la 29^ edizione del Festival Dedica. Focus su Maylis de Kerangal



È stata presentata presso il Comune di Pordenone la 29ª edizione del festival Dedica organizzato dall’associazione culturale Thesis, sostenuto dallo stesso Comune, da Regione Friuli-Venezia Giulia, da Promo Turismo FVG e dalla Fondazione Friuli, che si terrà in città dal 18 al 25 marzo e che apre la stagione dei festival in regione. L’edizione 2023 gode del patrocinio del Ministero della Cultura, dell’Ambasciata di Francia in Italia, delle università Ca’ Foscari di Venezia, di Udine e di Klagenfurt.

Sono 12 gli appuntamenti, in otto giorni, fra libri, conversazioni, musica, teatro, letteratura, per una immersione a 360 gradi nell'immaginario dell'opera di una delle maggiori scrittrici contemporanee, Maylis de Kerangal, francese, autrice nel 2015 del romanzo "Riparare i viventi", forse il libro più duro e struggente mai scritto sul tema del trapianto di organi e che l'ha resa popolare, facendole vincere ben 12 premi. È questa la struttura del 29/o Dedica Festival 2023, atteso a Pordenone dal 18 al 25 marzo, organizzato dall'associazione culturale Thesis e curato da Claudio Cattaruzza.

CALENDARIO

sabato 18 marzo – ore 16.30 

Pordenone – Teatro Giuseppe Verdi 

DEDICA A MAYLIS DE KERANGAL 

apertura del festival con Maylis de Kerangal

conduce Federica Manzon

CONSEGNA DEL SIGILLO DELLA CITTÀ 

A MAYLIS DE KERANGAL

domenica 19 marzo – ore 10.30 

Pordenone – Sala Esposizioni Biblioteca Civica

AMURI DI PETRA. Lampedusa, l’isola che c’è

mostra fotografica di Mara Fella 

presentazione di Angelo Bertani

presso la Sala Conferenze “T. Degan” 

con la partecipazione di Maylis de Kerangal e Mara Fella

lunedì 20 marzo – ore 20.45 

Pordenone – Convento San Francesco

A CHE PUNTO È LA NOTTE

lettura teatrale dal libro Lampedusa di Maylis de Kerangal

con Lucilla Giagnoni

musiche di Paolo Pizzimenti

martedì 21 marzo – ore 10.30

Udine – Università degli Studi di Udine

CONVERSAZIONE CON MAYLIS DE KERANGAL

conduce Alessandra Ferraro

martedì 21 marzo – ore 20.45

Pordenone – Cinemazero 

RIPARARE I VIVENTI

proiezione del film di Katell Quillévéré

con Tahar Rahim, Emmanuelle Seigner, Anne Dorval, 

Bouli Lanners, Kool Shen

Francia/2016

commento e considerazioni di Paolo Di Paolo 

e Maylis de Kerangal

mercoledì 22 marzo – ore 11.30 

Venezia – Università Ca’ Foscari

CONVERSAZIONE CON MAYLIS DE KERANGAL

conduce Marie-Christine Jamet

mercoledì 22 marzo – ore 20.45

Pordenone – Convento San Francesco

FUGA A EST

presentazione in prima nazionale 

del libro di Maylis de Kerangal 

con Maylis de Kerangal e Paolo Di Paolo

giovedì 23 marzo – ore 14.30

Klagenfurt (Austria) – Alpen-Adria-Universität 

CONVERSAZIONE CON MAYLIS DE KERANGAL

conducono Martina Meidl e Virginie Leclerc

giovedì 23 marzo – ore 20.45

Pordenone – Convento San Francesco

VOCI

lettura teatrale dal libro Canoe di Maylis de Kerangal

con Simonetta Solder

musiche e sonorizzazioni di Lorenzo Danesin

venerdì 24 marzo – ore 15.00 

Pordenone – Convento San Francesco

MAYLIS DE KERANGAL INCONTRA LA SCUOLA

premiazione degli studenti vincitori del Concorso 

PAROLE E IMMAGINI PER MAYLIS DE KERANGAL 

e incontro con gli studenti del progetto 

LA SCENA DELLA PAROLA 

venerdì 24 marzo – ore 20.45 

Pordenone – Cinemazero 

CORNICHE KENNEDY

proiezione del film di Dominique Cabrera

con Lola Créton, Kamel Kadri, Aïssa Maïga, 

Moussa Maaskri, Cyril Brunet, Hamza Baggour, 

Mama Bouras, Alain Demaria, Agnès Regolo 

Francia/2016

in lingua originale con sottotitoli in italiano

commento e considerazioni di Riccardo Costantini 

e Maylis de Kerangal

sabato 25 marzo – ore 20.45

Pordenone – Sala Capitol 

per la prima volta in Italia

CASCADEUR 

in concerto 



venerdì 3 marzo 2023

incontro con l'autrice: Sabrina Galli

 Ho avuto il piacere di intervistare la poetessa Sabrina Galli, Educatrice di professione, ha da poco pubblicato La rivelazione del gelso, Masciulli edizioni.

Sabrina Galli, poetessa nata a Busto Arsizio (Va) nel 1964, risiede a San Benedetto del Tronto (AP). Educatrice, da diversi anni è impegnata nel mondo del volontariato, occupandosi dei bambini e degli adolescenti. Da sempre amante della poesia e della letteratura, è socia dell’Ass.ne Culturale “I Luoghi della Scrittura” di San Benedetto del Tronto (AP), con la quale collabora, e dell’Ass.ne Culturale “Euterpe” di Jesi (AN). La Galli fa anche parte del “Movimento letterario e artistico, libero e indipendente, chiamato “Creazionismo per una nuova era”, costituito da poeti, scrittori e pittori provenienti da tutta Italia.



Sabrina Galli

 Sabrina Galli è stata inserita nel sito ufficiale della poesia italiana “Italian Poetry” dove sono presenti illustri poeti, dal Novecento ad oggi.

Molti suoi componimenti sono stati inseriti in diverse antologie poetiche e letterarie, tra le quali: “La giovane poesia marchigiana (2019, a cura di Lorenzo Spurio), Marche d’Autore – Le Marche e i suoi personaggi (2020, a cura di Jonathan Arpetti e David Miliozzi), Oltre il silenzio - La parola al tempo della pandemia (2020, a cura di Massimo Pasqualone).

Nel 2019 ha frequentato “La bottega del racconto” laboratorio di scrittura della Scuola Holden Contemporary Humanities.

Per la poesia ha pubblicato Liberi orizzonti (2014), Emozioni tra Fiori e Pietre (2016) e I volti del cielo Aletti Editore (2018). Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo “La rivelazione del gelso” Masciulli Edizioni. Attualmente sta lavorando ad un nuovo libro di componimenti poetici.

 Numerosi i premi letterari a livello nazionale e internazionale che può annoverare nel proprio palmares.


Innanzitutto ringrazio Sabrina per la gentile disponibilità.
Iniziarei, se sei d'accordo, con qualche domanda per conoscerti meglio.

Quello con la poesia è un amore profondo. A che età hai iniziato a lasciarti rapire dall’arte dell’introspezione?
 
Fin dai tempi della scuola primaria ho sempre, mio malgrado, odiato la matematica e amato l’italiano. La lettura mi accompagna da sempre. Da bambina mi piacevano tantissimo le filastrocche di Gianni Rodari. Da adolescente ho iniziato a scrivere poesie molto semplici, ma erano un modo per leggere me stessa. A quei tempi suonavo la chitarra classica e per diversi anni ho continuato a dedicarmi alla musica. Il potere benefico della musica è immenso. Per me è stata un modo per confrontarmi con me stessa, per socializzare con gli altri. Nel 2013 ho frequentato un corso di scrittura creativa e, da lì in poi, mi sono dedicata alla poesia in modo approfondito. Quindi è nato il mio primo libro. Ne sono seguiti altri due, sempre di poesia, e infine nel 2021 il mio primo romanzo. Non posso fare a meno di scrivere, scrivere è il mio “inno alla vita”. La poesia mi ha dato tante soddisfazioni e spero seguiti a darmene.
 

 Quali sono i poeti a cui fai riferimento?
 
Direi il grande Giacomo Leopardi ma anche Eugenio Montale che è uno tra i più importanti poeti del novecento. Aggiungo Alda Merini, la poetessa dei Navigli, che credo abbia caratterizzato il 900 italiano e non solo. La sua poesia ha un sottofondo inquieto, un misto di genialità e follia. Come è stato detto, il suo stile poetico è limpido e graffiante. Cito anche Pablo Neruda, i suoi componimenti sono vicini alla natura, all’impegno politico e sociale e naturalmente all’amore. Non a caso è considerato il più grande “cantore dell’amore”. Vicino a questi grandissimi poeti mi sento una scolaretta che non finisce mai di attingere alla conoscenza per migliorare il proprio mondo creativo. Devi sapere che sono molto severa con me stessa, riguardo a ciò che scrivo, nutro estremo rispetto per il lettore.
 

Come definiresti le tue liriche?

Le definirei “tele di parole”. “Dipinti” appesi alla vita, che si offrono al lettore, che si lasciano interpretare per diventare una visione collettiva.
 

La capacità di sintetizzazione ti è stata d’aiuto nello scrivere il romanzo?
 
Diciamo che mi è stata utile ma solo in parte. Ciò che mi è servito, scrivendo prosa, è stato usare uno stile poetico fluido alternato ad una scrittura più incisiva, e in qualche passaggio cruenta. Di proposito ho preferito questa alternanza di stile, all’interno della storia, per creare un contrasto che accattivasse il lettore.
Credo che chi narra, oltre che raccontare, debba anche mostrare, per cercare di catturare chi legge e trascinarlo dentro il testo. Per questo motivo ho curato le varie ambientazioni e i vari personaggi, cercando di usare i cinque sensi attraverso le parole. Di sicuro scrivere il romanzo è stato molto diverso rispetto alla poesia che è spontanea e non si scrive a tavolino, anche se poi va revisionata. Il romanzo è più ragionato.
 


Veniamo quindi al tuo ultimo libro. La rivelazione del gelso, è un romanzo di
formazione. Ce ne vuoi parlare?
 
Nel 2019 ho frequentato un corso di scrittura creativa della scuola Holden, che ha contribuito a realizzare l’idea che da un po’ avevo in mente. Dopo i libri di poesie, mi era sorto il desiderio di raccontare una storia che non fosse autobiografica ma ispirata alla realtà. Un romanzo che fosse un messaggio contro l’intolleranza e la discriminazione e così, nel 2021, è nato “La rivelazione del gelso” edito da Masciulli Edizioni. Il libro è stato apprezzato e di questo ne sono contenta. È un romanzo breve, una storia familiare. Un giovane uomo omosessuale è costretto a tornare nel paese in cui è nato, perché il padre sta male. Un genitore che non ha mai accettato l’orientamento sessuale del figlio, il quale proprio al capezzale del padre ricorda episodi sgradevoli della propria infanzia, dell’adolescenza e di quando è ormai maggiorenne. Ho utilizzato tre flashback per riportare nel passato Raffaello, per mostrare tutti i disagi del protagonista che è in continua evoluzione fino al termine del libro, quando un colpo di scena, una rivelazione, lo costringerà a rivalutare determinati aspetti del passato.
Figura importante è l’albero del gelso. Adoro gli alberi e quindi volevo che una pianta avesse un ruolo fondamentale nella narrazione, un ruolo indispensabile per lo svolgersi dei fatti. Anche in copertina, oltre al volto del protagonista, c’è il gelso stilizzato. La copertina è stata realizzata da Francesco Santomo, un ragazzo che frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Macerata.
Sul volto del protagonista si notano tre lacrime tatuate. Un tatuaggio semplice ma, come tutti i tatuaggi, vuole essere una forma di comunicazione e quindi per il protagonista ha un particolare significato che si scoprirà leggendo il libro.
 

A quale pubblico è dedicato?
 
Penso che sia un libro per tutti, partendo dai ragazzi della terza media in poi.
Ho presentato il libro in diverse location e già ho in programma nuovi appuntamenti, ma non nelle scuole. Se mi fosse data l’opportunità ci andrei volentieri, perché la tematica è trattata in modo delicato e all’interno ci sono altri temi che coinvolgono in particolare il mondo degli adolescenti e portano a diverse riflessioni.
 

Chi sono i protagonisti?
 
Raffaello, il protagonista, ha una sorella gemella Aurora e un fratello maggiore sacerdote Fulgenzio. C’è la madre Rachele, il padre Evaldo, c’è Valentina la tatuatrice e poi altri personaggi minori che sono ugualmente importanti per arricchire i punti di vista che offro a chi legge. Ho cercato di curare in modo attento le caratteristiche fisiche e psicologiche di tutti i personaggi, per renderli credibili, per evidenziare quanto ognuno di esso sia differente dall’altro. Era come se fossero lì, accanto a me, e io avevo la possibilità di farli muovere e parlare come un regista di un film. È stata una bella esperienza che mi ha richiesto del tempo, ma ogni libro ha un proprio percorso che ti porti dentro per sempre.
 

Dov’è ambientato? In una metropoli o nella provincia?
 
In provincia. Sono nata in pianura, ma amo tantissimo il mare e perciò mi sono ispirata alla città in cui vivo da trentatré anni. La distesa marina è molto presente nel romanzo, lo stesso protagonista ha un forte legame con il mare.

 
Tanti i temi trattati senza l’uso abusato di una retorica stucchevole, ma con una
cognizione di causa che palesano una conoscenza in prima persona della tematica.
Hai attinto dalla tua esperienza di educatrice?
 
Il romanzo non è autobiografico e neppure racconto la storia di personaggi che esistono nella realtà, tutta la vicenda è frutto della mia fantasia. Logicamente, per trattare la tematica, era necessaria una conoscenza dell’argomento, quindi ho attinto dalla lunga esperienza nel volontariato accanto ai bambini e ai ragazzi che mi ha portato all’ascolto di situazioni problematiche.
 
 
Temi che toccano particolarmente gli adolescenti, come l’omosessualità, il
bullismo, la violenza domestica. Per chi ne cade vittima è importante trovare una figura che possa farsi di riferimento, una persona di cui fidarsi. Nel caso di Raffaello questa guida arriva proprio dal fratello maggiore, un sacerdote.
 
Quando pensai a come strutturare il romanzo, decisi di inserire dei contenuti che si legassero bene insieme. Purtroppo i fatti di cronaca molto spesso ci parlano di bullismo tra gli adolescenti e di violenza domestica che, come la gramigna, sono difficili da estirpare. Temi che si sono agganciati senza fatica alle vicende di Raffaello.   
Fulgenzio, il fratello sacerdote, è maggiore di dieci anni a Raffaello e ad Aurora. È lui il punto di riferimento del protagonista, sin da quando Raffaello è un bambino. Evaldo, il padre, non accetta un figlio che, già dall’infanzia, rivela una particolare sensibilità e un modo di porsi differente da come lui vorrebbe. Invece di supportarlo, di accompagnarlo nella crescita, ha un perenne atteggiamento di condanna nei suoi confronti. Fulgenzio è l’unico che tiene testa al padre, un uomo autoritario con tutti i membri della famiglia, ma in particolare con Raffaello. Rachele, la madre, è una donna che ama i propri figli ma non riesce a contrastare il marito e quindi ne diventa succube; compie l’errore di credere che prima o poi il coniuge cambi e lo assolve. Raffaello ha un buon rapporto con la sorella Aurora, ma lei non è in grado di essere il porto sicuro del gemello. Lo è invece Fulgenzio che con la sua Fede coraggiosa è sempre pronto ad ascoltarlo, senza giudicarlo. Gli è accanto anche quando il protagonista adolescente subirà un grave atto di bullismo. Quando in età adulta i due avranno qualche contrasto, l’affetto profondo che li lega li porterà ad un rispettoso confronto e ad una reciproca comprensione, pur mantenendo il proprio punto di vista.
 
 

L’ascolto è la parola chiave che lega i due fratelli, l’aprirsi all’altro nel dialogo senza pregiudizi o l’assurgersi a giudice. Una ricetta che sembra semplice, ma che il più delle volte non è così.
 
Vero, spesso non è così. A volte restiamo barricati nelle nostre convinzioni senza ascoltare chi abbiamo di fronte. Ad esempio nel mio romanzo quando Raffaello subisce l’atto di bullismo, si scatenano diverse reazioni da parte dei familiari e si nota quanto siano differenti tra esse. Da una parte c’è don Fulgenzio, uomo di chiesa, con una Fede sincera e non ipocrita, dall’altra c’è il perbenismo di Evaldo che, fermo nelle proprie convinzioni, anche in quell’occasione condanna Raffaello e si rifiuta di capirlo. A volte, o per paura o per pigrizia mentale o per le nostre convinzioni, respingiamo ciò che non capiamo, senza sapere che invece potrebbe essere un arricchimento per renderci migliori.
 

La violenza che il padre riserva al figlio omosessuale non è fisica quanto verbale.
Due tipi di violenza che, purtroppo, a volte non vengono messe sullo stesso piano, eppure, coniugate anche alla violenza psicologica, possono causare danni profondi in una personalità già resa fragile dall’insicurezza. Attraverso La rivelazione del gelso, vuoi porre l’attenzione su questa tematica?
 
Sì, effettivamente ci tenevo a far riflettere su questa tematica. Evaldo usa di più la violenza verbale, anche se in qualche occasione non disdegna quella fisica.
Io credo che la violenza fisica e quella verbale possano essere considerate alla pari in termini di conseguenze psicologiche. Nella violenza verbale le parole sanno essere come lame di coltelli, capaci di ferire l’autostima di colui che le riceve, rendendolo ancora più fragile di quanto già non lo sia. Evaldo, con la violenza verbale, vuole mostrarsi superiore al resto della famiglia e cerca di mantenere il controllo su Raffaello ma leggendo il libro pagina dopo pagina, si comprende appieno la personalità complessa di questo padre despota e cosa lo spinga a restare sulle proprie posizioni.
 
 

Raffaello deve fare i conti anche con il passato. Quanto i traumi non risolti
influenzano la sua personalità?
 
La influenzano moltissimo. Raffaello, nonostante le vicissitudini del passato, è riuscito ad essere se stesso e a realizzarsi nella vita. Ha un lavoro che gli piace, un compagno al quale vuole bene, ma il rapporto con il padre è una cicatrice mai sanata. Raffaello è inquieto, soffre di crisi di panico. Un uomo che crede in Dio, che ha una propria spiritualità, ma nutre un sordo rancore per il genitore e non riesce a perdonarlo. Non a caso inserisco nel romanzo il tema del perdono. Nella vita accadono situazioni talmente terribili che perdonare è quasi impossibile, ma io credo che il perdono sia necessario non solo a chi lo riceve ma anche a chi lo concede. Il perdono ci rende liberi dall’odio, dalla vendetta e ci conduce verso “la vetta” dell’amore. La strada è ripida e faticosa ma vale la pena percorrerla, almeno provarci.
 

 
Un padre violento e autoritario e una madre troppo debole per tenergli testa. La
famiglia, quando non è di supporto, può diventare un luogo tossico?
 
Quando penso alla mia infanzia, alla mia adolescenza, alla mia attuale famiglia che ho costruito, mi rendo conto di essere stata fortunata nell’emisfero affettivo. Non sempre è così. La famiglia può essere luce ma anche oscurità. Sì…  può diventare un luogo tossico. Ho ascoltato testimonianze dove le famiglie erano diventate delle prigioni per ragazzi e ragazze non compresi, che volevano essere accettati per quello che erano. Essere genitore è il più difficile dei lavori. Capisco un genitore che inizialmente resta spiazzato quando comprende che il proprio figlio o figlia hanno un orientamento sessuale diverso da ciò che si aspetta. Tuttavia la cosa più importante è la serenità dei figli e quindi bisogna supportarli, accettarli e, se da soli non si riesce, si può chiedere aiuto a figure competenti. L’amore è il sentimento più forte che va oltre la paura e l’ignoranza.
 


Progetti per il futuro?
 
Attualmente mi sto dedicando alla poesia. Il prossimo libro sarà di componimenti poetici. Sono a buon punto con il nuovo lavoro ma ho i miei tempi. La fretta è una cattiva consigliera. Tengo tantissimo a questa nuova silloge poetica, la sto curando in modo scrupoloso.
Ti ringrazio veramente tanto per questa intervista e in futuro avrei tanto piacere di chiacchierare di nuovo con te… magari del nuovo libro che prima o poi pubblicherò. Grazie ancora.

 

 Grazie a te per la gentile disponibilità, ci diamo quindi l'appuntamento per il tuo prossimo progetto.


Link dove acquistare il libro



PREFAZIONE

La narrazione è un “patto d’amore” tra chi narra e chi accoglie la narrazione.

È una forma particolare d’incontro sul piano ideale che induce cambiamento sia nell’autore che nel lettore. Chi narra, apre il suo mondo interiore, ne scopre più o meno chiaramente i molteplici aspetti, ampliando la conoscenza di sé. Chi legge, interagisce con l’autore sul piano logico ed emozionale, entrando spesso in sintonia con lui e con la sua creazione. Per il lettore si tratta sempre di una forma di arricchimento che non è dato solo dalla acutezza delle idee e dei valori presenti nella narrazione, ma dall’onda del coinvolgimento emotivo che ne deriva e che suscita adesione o rifiuto della logica della vicenda o dei personaggi, siano pure lontani o immaginari. Di certo, dopo che è stata accolta, una narrazione non lascia mai indifferenti, né identici al prima. Sabrina Galli non è alla sua prima esperienza narrativa ma dopo una raccolta di brevi racconti, “La rivelazione del gelso” è la prima opera organica che nasce dalla sua sensibilità nei confronti della complessità dell’animo umano spesso depositario di segreti insondabili e inconfessabili. Esperienze, conoscenze, informazioni, situazioni problematiche sedimentate nella sua memoria e opportunamente rielaborate sono alla base di questa vicenda fortemente coinvolgente. Vi si intrecciano scelte di vita contraddittorie e percorsi di crescita difficili che, da uno stato di perenne insoddisfazione, portano all’espiazione di colpe mai confessate e alla pacificazione interiore. Solo la sofferenza riscatta dal male compiuto e rende meritevoli di perdono, apportando pace a vittime e carnefici. La confusa fragilità di un adolescente che scopre la sua omosessualità, la salda determinazione di un giovane che intraprende il percorso sacerdotale sembrano, all’apparenza, in opposizione.

Raffaello ha tre lacrime tatuate sul viso…tre gocce scure di rugiada. Una vaga tristezza inonda le sue iridi così mutevoli che a volte sembrano ancore, altre volte bussole inaffidabili…”

La voce di Fulgenzio è carezzevole mentre parla al fratello: -… mi arrampico sulle buone emozioni, cerco il senso dell’esistere che in parte mi è ignoto e la mia Fede non è mai abbastanza grande rispetto a ciò che dovrebbe essere…” In realtà, le diversità ideologiche e comportamentali dei due personaggi-chiave sono sfaccettature di una umanità tesa alla ricerca della propria realizzazione, accomunata da una esperienza famigliare drammatica per la presenza di un padre arrogante e dispotico. Ed è proprio nelle difficoltà che i caratteri si riconoscono e si temprano e che diventano capaci di comprendere, aiutare ed amare, ognuno nella sua specificità. Sabrina Galli con sensibilità ed attenzione delinea i tratti psicologici dei suoi personaggi fino a farceli amare, odiare o commiserare: in ogni caso li fa entrare a far parte del nostro immaginario: un padre che, nell’atteggiamento sprezzante verso il figlio, nasconde l’angoscia di riconoscerlo simile a sé, una madre che, nell’ossequio verso il marito, soffoca l’amore per il figlio, un rapporto tra fratelli che si rinnova e si consolida nel momento della sofferenza. Un altro elemento di particolare interesse è lo stile narrativo dell’autrice. La produzione poetica a cui si è dedicata negli ultimi anni ha lasciato segni profondi nella sua narrazione: la scelta accurata dei termini sempre ricchi di rimandi immaginifici, le similitudini articolate ed originali, le descrizioni accurate connesse alle situazioni interiori, la delicatezza nel trattare tematiche scabrose nella temperie ideologica ed etica di qualche decennio fa. Per di più, in momenti di particolare intensità emotiva, la narrazione si arricchisce e si condensa in veri e propri testi poetici.

La vicenda, il pensiero, i personaggi, le parole di Sabrina Galli non potranno che rimanere nel cuore dei suoi lettori come semi di un nuovo “patto d’amore”.

Mimma Tranquilli

giovedì 2 marzo 2023

Aspettando lo Strega: il quarto gruppo proposto

 Ecco il quarto gruppo di venti titoli proposti dagli Amici della domenica per la LXXXVII edizione del Premio Strega



Piero Balzoni

Vita degli anfibi

Alter Ego


Presentato da

Paolo Di Paolo

Come ogni autentico scrittore sa, un romanzo si gioca tutto sulla voce. Quella che prende possesso della pagina in Vita degli anfibi di Piero Balzoni non è solo persuasiva e avvolgente, ma è anche portatrice di una speciale intelligenza narrativa. È insieme la voce di una bambina, di una ragazza, di una donna; condensa tempi diversi di una stessa vita (come, d’altra parte, è per una voce umana reale) facendo avvertire lo scarto fra l’uno e l’altro, come un’intermittenza o un singhiozzo. Questa voce racconta un’assenza, la interroga, la analizza: un padre che all’improvviso scompare, si sottrae, e non lascia traccia. La figlia cresce in una orfanezza che suppone e pretende che sia transitoria: insistendo a cercare indizi, segni, nei giornali e dappertutto. Aspetta, e in quell’attesa il tempo passa, e produce memoria. La vera sostanza di queste pagine, e di ogni impresa letteraria. Il paesaggio lacustre interviene, parla, ma con una sua lingua indecifrabile. È affascinante come Balzoni – per via di stile – riesca a impedire al suo stesso romanzo di farsi risoluzione di un enigma. Perché la posta in gioco è più alta, e più emozionante; la sfida è raccontare in modo inusuale come si cresce, o si comincia a invecchiare, nell’epoca prolungata di una perdita, nell’essere e restare senza qualcuno. Monchi, spezzati. La verità non riguarda solo i personaggi: rimanda ai lettori la sensazione di essersi visti allo specchio – nell’attendere (futuro o già in corso) chi non può tornare. E misteriosamente, quasi inspiegabilmente, seguitando a vivere.


Maura Chiulli

Ho amato anche la terra

Hacca


Presentato da

Raffaele Nigro

Seguo da tempo l’esperienza narrativa di Maura Chiulli, una delle voci più interessanti dell’Abruzzo, una regione che ci ha mostrato con la Di Pietrantonio come sia fondamentale nella nostra letteratura ascoltare l’espressione creativa della provincia. E suggerisco con convinzione la lettura di questo romanzo – monologo venato di poesia, costruito sullo struggente conflitto tra la voce narrante e il proprio corpo. Due soggetti che non riescono a trovare un punto d’incontro tra loro e che danno luogo in questa dissonanza a un dramma espressionistico di grande attualità.

Allargarsi al punto vita è un disastro, in un tempo in cui tutti sognano di essere magri, e vedersi crescere la pancia, il petto e le cosce è insopportabile. Questo è il dramma dei drammi nel tempo in cui viviamo, abitato da creature efebiche e smagrite, da indossatrici filiformi e Maura Chiulli sa dare voce al corpo deformato della sua protagonista. Originaria di Pescara come l’autrice di questo romanzo, quarantacinque anni, l’io narrante di Ho amato anche la terra desidera sparire, perché vorrebbe essere amata ma si sente al contrario solo un corpo pesante e inguardabile che tutti rifiutano. Così quando il gruppo nel quale si ritrova a trascorrere momenti di allegria la bolla con sgraziato divertimento come “porco”, un gioco anche banale si trasforma in dramma. Il compagno, Marco si è allontanato proprio perché è disgustato dai chili di troppo che la compagna sparge nel letto e persino Martina, l’amica del cuore, non può fare a meno di ridere quando sono davanti allo specchio. Così lei si ritrova afflitta da profonda solitudine nella sua casa rifugio e prigione di Centocelle, a Roma, dove è venuta ad abitare dopo la laurea in Economia e nella piccola banca di periferia dove ha trovato lavoro. La lotta di questa donna si scatena dunque contro il proprio corpo, con il quale non riesce a trovare un punto di accordo. Eppure c’è stato un tempo, in età adolescenziale, quando quel corpo ha seguito docilmente il desiderio di chi lo possedeva, si è assoggettato a dimagrire e a darle conforto. Allora anche mamma e papà si sono mostrati più dolci con lei, hanno mostrato di sentirsi fieri e felici per la sua presenza. Poi quel momento di magia è tramontato, man mano che i chili crescevano e il grasso debordava.

Chiulli riesce con un monologo incalzante e in un linguaggio quotidiano a far parlare il corpo stesso, assegnandogli un vocabolario e una voce propri, costruendo attraverso i gesti una geografia emotiva che sorprende il lettore, pur mostrandogli ciò che gli è già noto. È dunque proprio la scrittura a esaltare la narrazione, in una continua alternanza di tensione e grazia, ferocia e delicatezza, gioia e malinconia.



Marianna Crasto

Il senso della fine

effequ


Presentato da

Laura Pugno

Può la fine del mondo, una fine del mondo a bassa intensità – not with a bang but with a whimper, non con uno schianto ma con un lamento, come per il T.S. Eliot di The Hollow Men –, renderci, finalmente, capaci di amare?

Al suo primo romanzo, Marianna Crasto – già giovane finalista del Premio Italo Calvino per l’inedito, che negli ultimi anni ci ha dedicato molte intense sorprese e non ultima questa – firma una climate fiction dei sentimenti, dove la degradazione terrestre, di cielo, suolo e acque, improvvisamente diventata e dichiarata irreversibile, trasforma ogni gesto, compiuto o non compiuto, in una incessante linea d’ombra, in una domanda sul destino: come vuoi vivere? come vuoi morire? chi vuoi essere quando manca poco, davvero poco, prima che tutto non esista più?

Proprio la domanda che la protagonista, che vive una vita minima – la vita di ognuno di noi? – e giovane, al Sud, in provincia, in un perimetro di gesti rassicuranti nella loro ripetitività, in non-luoghi commerciali dove tutto non-accade e proprio in questo non accadere trova senso, ha sempre cercato di evitare, fino a rendersi conto che a volte la migliore protezione contro un pericolo è andargli dritto incontro. Se l’attaccamento evitante, ansioso o sicuro come da teorie di John Bowlby – attaccamento non solo all’amore, ma alla vita nel senso più ampio o al nostro danneggiato pianeta – fosse un romanzo, sarebbe Il senso della fine di Marianna Crasto.




Elisa Fuksas

Non fiori ma opere di bene

Marsilio


Presentato da

Francesco Rutelli

Non fiori ma opere di bene è un viaggio reale e metafisico in una città, che è Roma, e in un suo quartiere che è anche il suo storico cimitero, e che diviene campo di una battaglia contro lo spazio, il passato, la morte.


Elisa Fuksas gioca abilmente con il tempo, nemico e amico, che trasforma tutto e sembra rendere impossibili anche le cose più semplici: cercare la tomba di un misterioso nonno lituano morto nel 1950 e sepolto appunto al Verano.

Trovare e capire le nostre origini è esercizio difficile e riappropriarsene richiede lavoro e immaginazione. Per farlo la protagonista si perde nella città dei morti, molto simile a quella dei vivi, cerca una tomba che è metafora di tutte le sparizioni e degli spariti di qualsiasi vita, per poi capire che in fondo non è così importante arrivare a una soluzione. Grazie a una lingua cristallina e lucida il romanzo apre a interpretazioni e riflessioni sulla paura della fine, certo, ma di contro e inevitabilmente sulla vita e i suoi continui cambi di stato: i ricordi, le verità, un amore che invecchia, le idee che scadono.

Non fiori ma opere di bene fonde con ritmo, intelligenza e ironia tempo e assenza, perché è un libro sull’assenza di tempo, sull’anti-nostalgia; così facendo ci obbliga al presente, pur non parlandone mai.


Camilla Ghiotto

Tempesta

Salani


Presentato da

Alberto Galla

Si tratta di un sorprendente esordio letterario.

Camilla Ghiotto unisce ad una scrittura di altissimo livello un plot narrativo estremamente innovativo.

Non si tratta di un semplice memoir o di un romanzo di formazione, come ce ne sono tanti, ma di un vero e proprio percorso alla ricerca della propria identità attraverso una scansione dei capitoli che alterna le vicende del padre ventenne partigiano, attingendo a documenti originali, a quelle della protagonista ventenne del XXI secolo.


Michele Greco

In buone mani

Scalpendi


Presentato da

Luca De Gennaro

L’autore, partendo da una traccia autobiografica, racconta della malattia del figlio e della morte del padre, esperienze improvvise e concomitanti che determinano uno stravolgimento della vita del protagonista e di chi gli sta vicino; a partire da questi eventi e dallo smarrimento che ne deriva viene offerta al lettore una riflessione su temi universali come il lutto, la paura, la compassione e l’amore in uno stile lucido e misurato, privo di retorica, che coinvolge senza cercare facili scorciatoie.




Sandro Gros-Pietro

Totocælo

Genesi


Presentato da

Corrado Calabrò

La vertiginosa ascesa sociale ed economica di una ragazza tailandese, costretta a prostituirsi giovanissima, dalla Tailandia a Torino, a Londra. Il racconto transfigura, in una progressione della fantasia, vicende della nostra realtà. Rimane impressa, in particolare, la palpitante descrizione della durissima vita a Bangkok nel periodo di transizione della seconda metà degli anni ′60.



Francesca Guercio

Distopia pop

Alessandro Polidoro Editore


Presentato da

Angelo Piero Cappello

La materia narrativa risulta distribuita su tre livelli diegetici: il primo livello, Cronografia, i cui capitoli sono ambientati sul pianeta Terra, in cui Clotilde, una geniale giovane storica dell’arte, impegnata a lottare con il precariato della sua esistenza, in una società in cui è sempre più difficile trovare una stabilità lavorativa ed emotiva, ma che trova un suo modo per salvarsi, un salvagente in questo mare di incertezze: la certezza della cultura, dell’arte, della poesia.

Parallelamente, su Un altro piano, veniamo catapultati nella BASE FATO della «commissione di osservazione artistica istituita dal consiglio superiore per la valutazione e la selezione delle razze cosmiche». Gli extraterrestri, per comprendere il genere umano, hanno il compito di analizzare le canzoni pop che hanno segnato la storia della musica umana, dai Beatles a De André.

Tra questi due mondi paralleli si insinuano, come una sorta di coro nelle tragedie greche, i commenti del Corsivo ortogonale, affilati e taglienti lacerti in cui la punteggiatura svanisce per lasciare spazio a un breve flusso di coscienza descrittivo e disordinato, spesso ermetico e nebuloso. Che è poi quello che, in genere, passa confusamente nella testa di una persona e che, se trascritto senza correzioni, faticheremmo a comprendere.

Un libro che riesce a unire con la genialità ideativa dell’autrice e la maestria compositiva di un linguaggio sempre in bilico tra ironia e tragedia la ragione e i sentimenti, la precarietà e la stabilità, il doloroso incedere della quotidianità con una speranza sempre presente, anche se a volte lontana. La rivelazione di un talento narrativo.


Laura Imai Messina

L’isola dei battiti del cuore

Piemme


Presentato da

Antonio Pascale

Propongo L’isola dei battiti del cuore di Laura Imai Messina, pubblicato da Piemme, per tre motivi. È un racconto originale e profondo, non ovvio, nemmeno scontato di un incontro, tra un illustratore di quaranta anni e un bambino di otto. Ognuno lavora con i suoi strumenti, l’adulto con l’immaginazione e la fantasia, e il bambino col gioco, l’illogicità e una certa malinconia. L’incontro è proficuo per i personaggi del libro e per i lettori. Il secondo motivo è il tema della memoria, tema ignorato da tanti, ma fondamentale perché se non riflettiamo su cos’è e come funziona la memoria non possiamo riflettere su chi siamo e dunque non possiamo raccontarci. Questo libro lo fa, è infatti anche un’indagine sulla memoria e dunque sulle possibilità della narrativa. Il terzo motivo è l’isola di Teshima nel sud-ovest del Giappone, dove si trova l’Archivio dei Battiti del Cuore, meta dell’emozionante viaggio finale dei due protagonisti. Un archivio che raccoglie le pulsazioni di persone di tutto il mondo, l’archivio dei nostri cuori e delle differenze tra le varie pulsazioni, ogni pulsazione è un racconto, l’insieme è una memoria, l’archivio altro non è la fantasia e la bravura di Laura Imai Messina che ha scritto questo bellissimo romanzo che merita un riconoscimento.




Vincenzo Latronico

Le perfezioni

Bompiani


Presentato da

Simonetta Sciandivasci

Anna e Tom sono due nomadi congiunti. Italiani emigrati a Berlino, abitano e lavorano in un appartamento fotogenico, integrati nella comunità urbana di berlinesi adottivi, fatta di adulti esordienti, operosi e progressisti. Tutti molto simili a loro. Non c’è neanche un parvenu (e che sollievo).

Si sono trasferiti perché volevano di meglio: volevano stare bene. E stanno bene. Un bene placido e stabile, che contiene e dà forma al loro amore, e che a un certo punto comincia a impensierirli. Si stanno accontentando? Perché tutto li lambisce e niente li segna? La libertà è la scomparsa della tensione? Dalla casa ai ruoli alle relazioni, tutto quello che hanno costruito li rispecchia: non hanno obbedito che a loro stessi. Eppure, anche quella loro realtà si rivela insoddisfacente, estranea, forse persino inautentica, come se, nel crearla, avessero usato le mani e i sogni di qualcun’altro. Qui risiede la ragione profonda per cui siamo migranti e nomadi: non aderiamo mai fino in fondo, mai per sempre, alla vita che facciamo, e non c’è modo di confezionarne una che prima o poi non ci si rivolti contro, che non ci risulti artefatta, e allora dobbiamo poterci spostare. Finiamo sempre con il prosciugare i territori, le case, gli affetti, le soddisfazioni.

Latronico è questo che indaga, e lo fa attraverso una storia d’amore perché indaga anche l’amore, e cosa in questo tempo lo alimenta e lo struttura.

Lo propongo perché non conosco altri romanzi che raccontino la migrazione come spinta, inquietudine, e natura dell’uomo, arcaica e futura. Non conosco altri romanzi interessati, in questo modo, al presente. Non conosco altri scrittori capaci di farmi dire che Sally Rooney si è sbagliata, sul conto della sua generazione, che poi è la stessa di Latronico, e anche la mia: la nostra ambizione non è essere persone normali. L’ambizione di Anna e Tom è potersi definire nel cambiamento, riconoscersi senza doversi identificare e avere «un cuore che batte più rapido e più lento, insieme». Lo propongo per la scrittura, così precisa da mettere in comunicazione e a nudo i protagonisti senza mai farli dialogare: non una parola tra virgolette. Lo propongo perché dà un contorno solido e luminoso alla dimensione morale della mia generazione. E perché è un romanzo senza intenzioni: a Latronico interessa lo sguardo, e basta.


Laura Marzi

La materia alternativa

Mondadori


Presentato da

Veronica Raimo

Ho partecipato a un incontro in un carcere femminile insieme a Laura Marzi ed ero ammirata dal rigore, dalla complessità e dalla dolcezza delle sue riflessioni e delle sue risposte alle detenute.

Sono tre cose che ho ritrovato nel suo romanzo d’esordio, La materia alternativa, ed è per questo che sono felice di presentarlo al Premio Strega di quest’anno. La materia alternativa è un libro che segue due piani paralleli e irrimediabilmente intrecciati, quello dell’insegnamento in un istituto superiore e quello della vita personale di una giovane insegnante precaria. È un romanzo che affronta due temi sempre a rischio di retorica: la scuola e il desiderio femminile, e lo fa nel modo più intelligente possibile, attraverso una dimensione privata che diventa politica. Al determinismo sociale di una scuola classista e di una vita sentimentale che si può risolvere solo nel coronamento di una vita di coppia, Marzi ci ricorda costantemente che esiste un’alternativa. Per me il senso della letteratura è questo: non la ricerca di una catarsi, ma della possibilità di un’altra via, anche se non abbiamo alcuna certezza che sia quella giusta.


Elena Mearini

Corpo a corpo

Arkadia


Presentato da

Ilaria Catastini

Corpo a corpo, di Elena Mearini, è un noir psicologico costruito come una sequenza di round, quasi fosse un incontro di boxe, sport che fa da sfondo e da elemento strutturale del romanzo e che lega l’allenatore di pugilato Mario, il protagonista Stefano e le due figure femminili, centrali nella trama ma di sfondo nel chiaroscuro della narrazione.

Il ring che rappresenta la vita, con l’attacco e la difesa, lo stare in guardia, lo studio dell’avversario. Catturare il momento giusto per assestare il colpo, non fermarsi mai. Nel ring della vita si sfidano anche l’amore e la volontà di controllare l’altro; si sfidano il fato e la capacità di governare il proprio destino.

È in questo ring simbolico della vita che Marta sfida in un corpo a corpo la sorella Ada, la ragazza perfetta e inarrivabile, andata incontro a un tragico destino.

E un ring diventa il rifugio di Stefano dopo aver ucciso Marta; su quel ring altrettanto simbolico Stefano lotta con se stesso svelando al lettore, attraverso le pagine di un diario, il colpo di scena inquietante che metterà in luce la mente psicologicamente disturbata di Marta e il gesto sconsiderato e irreversibile di Stefano.

Gli incidenti che cambiano il destino delle persone, individui che si crede di conoscere e che si rivelano diversi da come pensavamo: Corpo a corpo è un romanzo che riesce a cogliere una quantità di sfumature che non comprendono solo il noir, attraversando diversi generi letterari e che tiene il lettore sospeso in una condizione psicologica nella quale ognuno di noi potrebbe ritrovarsi.




Elvira Mujčić

La buona condotta

Crocetti


Presentato da

Gad Lerner

Il rinforzarsi dei nazionalismi etnici o di altre identità armate le une contro le altre. La velocità micidiale con cui i messaggi d’odio viaggiano sui social media. La frustrazione di chi, invece, spendendosi per la convivenza pacifica rischia di finire tra due fuochi. Questi problemi, ovunque terribilmente attuali, in certi angoli del mondo ci paiono endemici. Tra questi i Balcani, dove si svolge La buona condotta di Elvira Mujčić. Un romanzo che si divora con grande ammirazione per il piglio sicuro da vera narratrice con cui Mujčić è riuscita a trattare questi temi ingombranti. Un intreccio pieno di suspence e di sorprese. Personaggi dotati tutti quanti delle loro ragioni e di spessore caratteriale. Ironica intelligenza delle cose umane, troppo umane.

Dopo aver letto questo libro, anche il piccolo paesino del Kosovo conteso da due sindaci farà parte dei microcosmi destinati a restare nel cuore e nella mente dei lettori. E così pure la consapevolezza che per i nazionalismi beceri l’entrata in scena di una scrittrice come Mujčić rappresenta una sconfitta sul campo della letteratura italiana.


Francesco Musolino

Mare mosso

Edizioni E/O


Presentato da

Luca Ricci

A volte ci dimentichiamo che l’Italia è una penisola: del mare non scrive quasi più nessuno. Forse perché, a differenza delle montagne con il loro carico di retorica ascensionale e filosofale, il mare è un elemento dei primordi che ci atterrisce e ci spaventa. Più che insegnarci qualcosa sembra un agente indomabile, selvaggio. Questo tratto poco rassicurante e direi noir del mare è colto perfettamente da Francesco Musolino che in Mare mosso ci consegna un romanzo d’avventura come non ne leggevo da tempo, in grado di tenere insieme un intreccio serrato e abissali immersioni. La prosa sciaborda, pronta a incresparsi in onde altissime o a vorticare in mulinelli vertiginosi. Vengono in mente le efferatezze narrative di Jack London (ma qui siamo di fronte a foreste liquide), senza dimenticare Izzo e Corto Maltese. Nelle pagine di Musolino, per fortuna, raramente si tocca.


Ilaria Palomba

Vuoto

Les Flàneurs Edizioni


Presentato da

Maria Cristina Donnarumma

Emblematico è sicuramente il titolo del tormentato e durissimo romanzo di Ilaria Palomba “Vuoto” perché è il vuoto il filo conduttore di tutte le vicende vissute dalla protagonista, Iris Palmieri, raffigurata sulla bellissima ed esplicativa copertina del libro: una giovane donna bionda in un elegantissimo abito da sera nero, immersa in pensieri dolorosi, anzi in un atteggiamento decisamente disperato, è seduta sul davanzale di una finestra che si affaccia su una notte nera, senza luci, senza stelle…sul pavimento fogli appallottolati e libri aperti vogliono alludere al suo tormentato lavoro di scrittrice.

Impegnativo seguire le vicende narrate, che si svolgono in un solo anno tra la Puglia, la Lucania e Roma da un’estate all’altra, perché si susseguono in modo caotico, con frequenti flussi di coscienza, monologhi interiori, incubi premonitori che slittano costantemente tra presente, passato e futuro. Le paure della protagonista sono da ricollegare sicuramente ad uno stupro subito nella sua prima adolescenza, ad abusi vari subiti anche da familiari sin dalla fanciullezza e ai rapporti conflittuali e, a tratti, fallimentari con i suoi genitori, con suo marito, con i suoi amici, con i suoi studi e con il suo lavoro. Iris, autolesionista, vive sempre in bilico e si va convincendo che i suoi fallimenti sono frutto delle sue fragilità, della sua inadeguatezza e della sua esistenza instabile; pertanto, è ossessionata dall’abbandono e da un profondo senso di vuoto che cerca di riempire con le droghe, con il sesso sfrenato e promiscuo, con l’amicizia con Giulio, più giovane di lei, ma come lei sensibile, disilluso e problematico e che come lei e con lei accarezza l’idea del suicidio. Giulio improvvisamente si toglierà la vita lasciando Iris nella più grande prostrazione e con il rimorso di non aver fatto nulla per salvarlo… allora non le resterà che la Letteratura, ma i suoi autori preferiti sono poetesse e scrittori che si sono tolti la vita: S. Plath, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi, Guido Morselli, Carlo Michelstaedter, … che sono anche i modelli della sua scrittura che si basa su una continua ricerca spirituale e filosofica che, però, non riesce ad appagarla.

Nel libro non mancano, dunque, significativi riferimenti filosofici e alcune interessanti e appropriate citazioni cinematografiche che sono funzionali alla narrazione stessa. Il linguaggio usato è ricco e articolato, a tratti scarno, elegante e raffinato, descrittivo e pacato, ma sempre tagliente come un bisturi che incide, scava perché vuole impressionare, devastare, gridare un malessere, sconvolgere, scandalizzare ma non vuole che si giudichi.

Alla fine, inaspettatamente, Iris/Ilaria lancerà un messaggio di speranza a se stessa e ai lettori “Prendete questo delirio, questo macello, e fatelo fiorire”.




 Monica Perosino

La neve di Mariupol

Paesi Edizioni


Presentato da

Vito Bruschini

Monica Perosino è una inviata di guerra della «Stampa» di Torino e nel momento in cui sto scrivendo queste note, è tornata nuovamente sul fronte ucraino. Questo suo romanzo d’esordio non è un romanzo sulla guerra, bensì un romanzo sugli esseri umani. I suoi incontri con una popolazione sfinita e martoriata non soltanto dalle bombe, ma anche dal freddo, dalla fame, dalla disperazione, dalla paura, commuovono fino alle lacrime. È un romanzo dove le donne ci spiegano fino a che punto possa arrivare il dolore.

Leggiamo sui giornali le cronache della guerra, ma Monica Perosino con questo romanzo si spinge più in là e riesce a farci entrare nelle piaghe sanguinanti della popolazione. Gli orrori che ci descrive non sono i morti carbonizzati, i cadaveri senza braccia, i piedi nelle scarpe abbandonati in mezzo alla strada, ma quelli che ti fanno stringere davvero il cuore e comprendere fino in fondo gli effetti raccapriccianti di questo conflitto, come quello della bambina con i capelli precocemente ingrigiti, per la paura, o il pianto dissennato della donna che disperata abbraccia il troncone senza testa, braccia e gambe del marito. Ma la guerra è anche solidarietà da parte di questa gente fatta di anonimi eroi la cui generosità ti sbalordisce, come quando un perfetto sconosciuto le dona, senza pretendere nulla, due preziosissime taniche di benzina. La neve di Mariupol è un affresco sulla follia degli uomini come non se ne leggeva dai tempi della nostra prima inviata di guerra, l’indimenticabile Oriana Fallaci. Monica Perosino ci prende per mano e ci accompagna fin dentro l’inferno in cui lei stessa è stata, facendoci sentire persino la puzza della paura. Alla fine della lettura sei così lacerato nell’anima che hai una sola una speranza: che la guerra finisca al più presto.



Anna Luisa Pignatelli

Il campo di Gosto

Fazi Editore


Presentato da

Alessandro Masi

Autrice già nota al pubblico per i precedenti lavori, conferma anche in questo romanzo una straordinaria capacità narrativa costruita secondo un piano di sequenze di forte spessore introspettivo ma al tempo stesso in grado di dare al racconto un carattere contestuale agli ambienti descritti. Con Il campo di Gosto si trova a pieno il gusto di una lettura asciutta, lirica e tagliente, come già ebbe a scrivere Antonio Tabucchi.


Sofia Pirandello

Bestie

Round Robin Editrice


Presentato da

Umberto Croppi

Bestie è un romanzo che non lascia scampo: ti percuote e ti attraversa come la vita di Lucia, la protagonista bambina che in questa storia familiare diventa donna. Il male è essere una «fimmina», un danno, un problema insuperabile su cui la madre poggerà la sua educazione di donna sola con due figli da crescere, e un marito che diventa assente, colpevole di esser morto troppo presto. Bestie, della giovane Sofia Pirandello, è un racconto di un Sud indolente e lento. Il racconto poetico di un viaggio che attraversa il tempo, tra la Sicilia in cui la bambina è cresciuta e un Nord in cui si troverà intrappolata. L’incontro con un macellaio, la seduzione e l’abbandono, la forza del tornare a casa e il talento nell’uso dei coltelli. Già dalle prime pagine si entra in quel mondo fatto di mancanze che diventano ricchezza e capacità del sopravvivere alla povertà con leggerezza e voglia di evasione. Un fratello come compagno di giochi e una fiera di paese per incontrare un’idea di futuro che forse non sarà mai. Una scrittura che coinvolge nella sua opportuna e minuziosa descrizione del contesto è la forza di questo romanzo. L’autrice non banalizza l’immagine della protagonista relegandola nel ruolo di vittima, ma ne enfatizza forza, riscatto e rinascita regalandole un momento di violenza e liberazione inaspettato che trasforma il finale in una rivincita da tutto e tutti. Una rivincita dall’educazione ineducante di una madre e della sua costante negatività. Diceva Hölderlin che dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva e, Bestie, che in siciliano lo si dice degli stupidi, si riferisce anche a chi nutre un’indole malvagia. E Lucia sa che bestie sono coloro che la crescono e la trattano con violenza nel corso della sua vita. Bestia è lei, inadeguata in ogni contesto, spaventosa perché alle volte feroce, incomprensibile perché incapace di ridursi al ruolo di moglie e madre. E bestie sono quelle su cui usa sapientemente i coltelli nel retrobottega di quella macelleria che probabilmente la renderanno la donna che voleva essere: dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva.




Rosella Pretto

La vita incauta

Editoriale Scientifica


Presentato da

Wanda Marasco

La vita incauta è un libro che non assomiglia a nessun altro, che sfugge a qualsiasi definizione di genere, e questo è già un primo motivo di notevole interesse, che lo distingue dalla maggioranza della produzione narrativa corrente. È prima di tutto, certo, il reportage di un viaggio compiuto sulle tracce della tomba di Macbeth, in Scozia. Pretto – poetessa traduttrice e scrittrice – ci descrive infatti il suo pellegrinaggio da Glasgow all’isola di lona, nelle Ebridi, a Inverness, porta delle Highlands, tra paesaggi brumosi, verdi distese e rovine archeologiche. A guidarla è una sorta di ossessione che la tragedia di Shakespeare da sempre esercita sulla sua vita, e che ha motivazioni personali e radici familiari. Il nonno è Elio Chinol, il grande anglista, critico e traduttore shakespeariano, ma anche lo studioso di T.S. Eliot. E proprio il nonno Elio e il poeta Eliot sono tra le figure tutelari che prendono più corpo accompagnando la viaggiatrice. Questa commistione tra reportage storico-letterario e romanzo familiare dà vita a una scrittura ibrida di notevole forza espressiva, un personal essay dove le pagine in corsivo che si alternano al diario di bordo sembrano provenire da un misterioso Altrove, quasi una voce da suggeritore per un monologo intessuto di squarci lirici. Sono questi momenti a materializzare un passato segnato da una ferita non rimarginata, ovvero una forma di maternità «alternativa», che, come ogni genitorialità, porta con sé una colpa capace di uccidere il sonno. Pretto dimostra una sorprendente maturità di scrittura nell’affrontare questa originale esplorazione «del male e dell’oscurità in cui si viene gettati dalla scelta sbagliata», con la consapevolezza che, a conti fatti, solo se «incauta» la vita val la pena di essere vissuta.


Alessandro Riello

Delitto in contropiede

Pellegrini


Presentato da

Clemente Mastella

Intendo presentare al Premio Strega Delitto in contropiede, romanzo di esordio di un giovane magistrato, pubblico ministero dell’Antimafia in Calabria.

Si tratta di un noir decisamente originale per stile narrativo e ambientazione: come scrive Maurizio De Giovanni nella prefazione, la storia ha luogo in «una Sila appartata e centripeta, un mondo chiuso e quasi impenetrabile all’interno di una natura mozzafiato. Dinamiche peculiari, rapporti e relazioni che sanno di provincia italiana, di meridione e di mafia, ma anche di sentimenti e di passioni pronti a esplodere, perennemente sul confine dell’abisso».

Sin dall’inizio il romanzo si presenta come un qualcosa di più di un classico poliziesco. L’introspezione dei personaggi principali, l’evoluzione del loro modo di essere, anche in conseguenza delle vicende che si trovano a vivere, appaiono da subito agli occhi del lettore importanti almeno quanto la storia narrata, per comprendere il messaggio che, a mio avviso, l’autore ha inteso lanciare.

Lo scrittore, un addetto ai lavori, ha trasfuso nell’intreccio narrativo le proprie competenze tecniche, descrivendo una storia al tempo stesso avvincente e giuridicamente lineare. Tuttavia, ciò che appassiona, prima ancora di scoprire il colpevole, è il limpido e consapevole uso della lingua, che rapisce sin dalle prime pagine.

Uno stile narrativo mai banale, con un’ironia sottile e spietata che emerge dalle azioni dei due protagonisti, il pm Sergio Scarani e il maresciallo Luigi Pandolfi. I due riescono in modo naturale a trovare una perfetta sintonia con il mondo esterno grazie al proprio travagliato vissuto interiore: come sottolinea sempre De Giovanni, le loro inquietudini personali, morali e sentimentali sono le stesse di chi legge, e consentono quella immediata immedesimazione, che è il passaporto per una lettura coinvolta e partecipata.



Sandra Rizza

Nessuno escluso

Ianieri


Presentato da

Alfonso Celotto

Il romanzo di Sandra Rizza è un’opera particolare e a mio avviso nuova nel panorama letterario. L’autrice è una cronista giudiziaria che dopo oltre 30 anni di inchieste si cimenta con un romanzo che affronta il tema della mafia da un punto di vista diverso: la borghesia apatica, acquiescente, accondiscendente, collusa al punto da potersi definire mafiosa, che è al centro della degenerazione morale del Paese.

Il racconto analizza gli effetti della collusione dell’intelligenza borghese con la cultura mafiosa nella quotidianità di una normale famiglia italiana, apparentemente colta, benestante e illuminata, e misura la tolleranza di ciascuno dei suoi componenti nei confronti dell’idea di collusione e di compromesso morale.

Magistrati, medici, avvocati, bella gente, gente “perbene” che vive accanto ai fenomeni malavitosi, ma li osserva stancamente, li lascia scorrere.

Il percorso di consapevolezza che i personaggi del romanzo sono costretti a compiere, di fatto, riflette l’esperienza di interi pezzi della società posti davanti al bivio della scelta etica, nonché il dramma di insospettabili colletti bianchi che per paura, pigrizia o più semplicemente per conquistare vantaggi concreti, si trasformano in indolenti spettatori dello scontro tra mafia e antimafia, se non in fiancheggiatori silenti. In un racconto giallo che vi si avvolge attorno.

A mio avviso è un romanzo avvincente, di vita, di parole che colpiscono, che fa riflettere su un aspetto diverso del fenomeno mafioso e della questione meridionale. Un bel romanzo, che trasuda di sud, di vita, di problemi irrisolti.

Penso che segnalarlo al Premio sia anche il modo per sollecitare la coscienza critica dei lettori, per far riflettere e discutere, ed è utile per incoraggiare una cultura aperta in cui i dilemmi etici, le preoccupazioni per l’integrità pubblica e gli errori commessi possano essere discussi e analizzati liberamente.




Luisa Ruggio

Le confidenze

Besa muci


Presentato da

Diego Guida

La forza del romanzo-mondo creato da Luisa Ruggio sta nella ricerca travolgente della verità intesa come conquista di una innocenza indispensabile al riscatto della libertà. E questo imprescindibile diritto è l’urlo dei personaggi che abitano il romanzo Le confidenze con tutta la sontuosa bellezza delle vite sospese dentro infinite variazioni sul tema della punizione e della condanna.

Questo viaggio letterario guidato da tre adolescenti orfani, riuniti da un profondo e salvifico istinto di sopravvivenza, diventa fino all’ultima pagina lo specchio attraverso il quale si precipita in quelle omissioni che costituiscono il cantiere di ogni prigione.

C’è l’invenzione del padre e lo smascheramento dei falsi maestri, c’è il viaggio iniziatico di ogni bambino che scopre il lato oscuro della famiglia e il viaggio della speranza di chi ha attraversato gli anni degli sbarchi clandestini con tutto il silenzio delle infanzie interrotte dai gesti violenti degli adulti.

Colpisce la storia narrata con un respiro lungo, un ritmo spiralico, che abbraccia il mito greco, la letteratura, la Storia e un sentimento transadriatico innescato dall’esodo che spezzò le vite di intere famiglie partite dall’Albania in cerca di una vita migliore nell’Italia degli anni Novanta. Dentro la struttura di questo affresco attraversato da molte linee del tempo – che coesistono magicamente insieme ad un altrove onirico ricco di rimandi e suggestioni, giocatori d’azzardo e bari professionisti, ladri e personaggi belli come divinità greche e latenti come sirene – trova spazio l’atmosfera di Matrico, un luogo rimasto l’unico altrove possibile per chi si è portato via dalla traumatica manomissione della propria identità e perciò tenta la difficile arte di crescere senza lasciarsi pervertire il cuore da chi lo ha perduto.

A fare del romanzo un’avventura appassionante sono le tante storie inconfessabili innescate dalle conseguenze di ogni abbandono. In queste pagine chi è lasciato a sé stesso dai propri genitori, come avviene a molti eroi di fiaba chiamati a spezzare incantesimi affidati al linguaggio, costruisce la regola violandole tutte sino a forgiare una mistica della sensualità, l’erotismo estremo e sontuoso che permea sia il ritmo che lo stile di questo romanzo.

Violante è il nome della protagonista che intreccia tutta la sinfonia dei destini intrecciati al suo viaggio e che in molti passaggi ricorda la vocazione di Chiara d’Assisi nell’atto sovversivo di consegnarsi a Francesco disobbedendo per vocazione e ispirazione.

Con una scrittura tagliente che fa vivere e vibrare una terra madre rimasta volutamente fuori dal tempo, come il paradiso degli amanti che sanno evadere da ogni inconsolabile memoria per farvi ritorno non più da soli bensì insieme, come l’inferno di ogni falsa accoglienza che si rivela ostile e letale per chi è in cerca di una tregua e almeno una possibilità, questa storia alza il volume alle voci di tutti i figli chiamati a superare la pericolosa cecità dei padri, a spezzare la linea di sangue con la verità dell’amore che rende finalmente valicabili i confini di qualsiasi prigione.


Giacomo Sartori

Fisica della separazione in otto movimenti

Exòrma


Presentato da

Filippo La Porta

Quando finisce un amore non c’è mai un motivo, ci hanno mostrato – tra gli altri – Tolstoj e Cocciante. Nel romanzo/memoir Fisica delle separazioni in otto movimenti Giacomo Sartori descrive da un punto divista onestamente, drammaticamente maschile la fine di una relazione, che è sempre la fine di un tempo e di un mondo, di un paesaggio e di un pezzo di vita quotidiana, in otto affilati movimenti di una sonata da camera. Non è vero che viviamo nell’età della fine dei traumi: perfino nel digitale l’esistenza vive un continuo trauma quotidiano, una interminabile micro-tragedia ordinaria. Si comincia, come è giusto per un romanziere, dal dettaglio più insignificante, ossessivo, minuscolo, che però racchiude il macrocosmo: «Quando si è vissuti tanto tempo assieme ci sono moltissime cose da dimenticare. Bisogna dimenticare i piedi, con i loro vezzi da piedi timidi, ma anche fieri, e insomma struggenti». Si tratta di una “fisica” perché la letteratura è quella scienza singolare di tutto ciò di cui non si può avere scienza. Siamo fatti di una materia anzitutto verbale, anche i nostri sentimenti: «Siamo esseri dotati di parola, e nelle relazioni d’amore le parole hanno un ruolo primordiale, forse anche un po’ magico». Nel sesto movimento affiora la verità stessa della letteratura, che non è altro che mettere in un ordine le parole di cui siamo composti, siano esse magiche o banali: parole che odorano, che danzano, che nascondono, che desiderano, dalle quali siamo agiti. Non c’è altro: parole che si affollano e che sempre si sporgono quasi impotenti su tutto ciò che non è parola.




Alberto Schiavone

Non esisto

Edizioni Clichy


Presentato da

Annalena Benini

Propongo il romanzo di Alberto Schiavone, Non esisto (edizioni Clichy) perché con una lingua tesa e poetica, scarna e precisa, si prende cura del precipizio del vivere. Non è un romanzo sul carcere, perché inizia nel momento in cui Maria esce dal carcere e non c’è nessuno ad aspettarla: è un’elegia della libertà. E della fatica di ricominciare a esistere quando nessuno ti guarda e nessuno ti vuole. Alberto Schiavone si mette accanto a Maria, dentro Maria, e ci consegna la fatica della seconda possibilità. Questo è il romanzo di chi non sa dove andare, di chi trova solo porte chiuse e a un certo punto potrebbe dire: mi manca la prigione. È il romanzo di chi non si ricorda più come si fa a vivere, ma vuole tantissimo vivere ancora, esserci, esistere, lavorare e amare. È il libro di chi si è perso o potrebbe perdersi: è il libro di tutti. Di chi è la colpa? Non lo sappiamo, non lo sapremo mai, ma adesso finalmente c’è una donna, Maria, che racchiude tutti i nostri precipizi e tutte le nostre indifferenze, e ci chiede di non lasciarla sola.


Ada Sirente

Dura mater

Miraggi Edizioni


Presentato da

Maria Teresa Carbone

Il titolo del romanzo di Ada Sirente – Dura mater, o in italiano «dura madre» – è un termine scientifico: indica la più spessa delle membrane che rivestono il tessuto nervoso centrale, una sorta di guscio all’interno del quale, in certo senso a nostra insaputa, si formano i pensieri, le sensazioni, i desideri.

Stesa in un letto d’ospedale, in coma farmacologico in seguito a un intervento al cervello, Mariella ci parla da questo luogo interno e inaccessibile, dove il confine tra i viventi e i morti si assottiglia fino ad annullarsi, e le figure familiari della sua infanzia in un piccolo paese dell’Abruzzo si muovono in mezzo alle sagome anonime e misteriose dei medici. Il suo è, o potrebbe essere, una sorta di lungo sogno ultracosciente; sicuramente dei sogni possiede la vividezza dei particolari e la sonorità nitida di una lingua in cui non c’è soluzione di continuità fra l’eco del dialetto e il lessico della scienza. Nella capacità di governare senza sforzo questo contrasto, nel mettere in scena una contemporaneità stratificata sulla memoria, sta la forza del libro, che presento con piacere al Premio Strega.