di Pierangelo Colombo

sabato 11 aprile 2020

Buona Pasqua.

La fuga; chi, oggi più che mai, non desidera fuggire via lasciandosi alle spalle tutta questa sporca storia? Riprendersi quella libertà tanto amata quanto bistrattata; portare a termine i progetti, i sogni rimandati, convinti che il tempo a nostra disposizione sia infinito. Vivere la vita.
Un giorno torneremo a farlo, ma non ora, questi sono i giorni della responsabilità: restiamo a casa per il bene nostro e dei nostri cari.
Per questa Pasqua voglio regalarvi questo racconto, che parla di fuga, di libertà. Una storia che vorrei dedicare in particolar modo a chi, più di tutti, sta pagando il conto di questa pandemia.
Buona Pasqua a tutti. E buona lettura.


La fuga


  «Ascolta! Ho parlato con Matteo» bisbiglia Franco «Ci darà una mano per mercoledì; non ha fatto domande, ma gli ho promesso una cassa di Merlot».
 «E dove andrai a prenderla?» domanda Maddalena, perplessa.
 «Stai tranquilla, ho pensato a tutto: domani telefono a mio figlio Mario, il più ingenuo dei tre, lo convincerò che sarebbe il caso di fare un presente al dottore, così da avere un occhio di riguardo nei miei confronti».
 «So che hai pensato a ogni cosa, ma ho paura» confessa Maddalena. «Se ci scoprono…»
 «Ci hanno già scoperti» replica lui, prendendole le mani. Maddalena arrossisce d’imbarazzo, come fossero trascorse ore e non settimane, da quando, sbalordita, l’infermiera di notte li aveva colti in fragrante, come due adolescenti, nello stesso letto. La vicenda aveva fatto scandalo: la reputazione del pio istituto era stata messa in serio pericolo dalla lascivia di due degenerati.
 «Questa volta non ci perdoneranno» commenta lei. «Mia figlia mi farà trasferire. Forse, dovremmo accontentarci di incontri fugaci, nella sala comune…»
 «Stai cambiando idea?» domanda Franco. La voce tremula di timore. «È normale aver paura, ti capisco. Ma dovremmo riprendere le briglie delle nostre vite. Cristo ho…»
 «Shhhh!» lo zittisce Maddalena, indicando con il capo l’infermiera che, arcigna, li sorveglia con fare sdegnoso sapendoli amanti.
 «Appunto!» replica Franco, sbirciando da sopra gli occhiali. «Quella megera; a confronto Erodiade era una santa donna. Comunque, stavo dicendo che tu sei ancora una ragazzina, ma io ho ottantatrè anni, non è possibile che debba dar conto a questi…» si controlla a stento, «repressi bigotti. Ho poco da campare, perché non posso amarti? Siamo autosufficienti, cosa ci facciamo qua dentro? Non siamo ancora così rimbambiti da essere trattati come dei bambini».
  «Forza, signor Franco… è venerdì: giorno di bagnetto». Irrompe la voce dell’inserviente.
  «Appunto» conclude sdegnato.
 Il fine settimana, a Villa frondosa, è caratterizzato dalle visite dei parenti. Franco attende con ansia il figlio che, presentatosi con una magnifica raccolta di Merlot d’annata, non lo delude.
 «Il dottor Revizzi è nello studio?» chiede Mario, trattenendo la scatola.
 «È di riposo» risponde Franco. «Mettila pure nel mio armadio».
 «E se le lascio all’infermiera?» ribatte Mario. Per nulla convinto dal tono del padre.
 «Bravo! Così se lo tracannano quelli del turno di notte. Lascia perdere; martedì mi deve visitare, ci penserò io. Puoi sempre telefonargli se non ti fidi».
 «Che centra, non è che non mi fido, è che… lo sai che ti fa male».
 «Mettila nell’armadio, dammi retta» conclude Franco, perentorio.
 Maddalena, invece, è nel salone in compagnia della nipote. «Prima di andar via, passa dalla mia camera, c’è quel foulard di seta che mi hanno regalato, mi piacerebbe che lo tenessi in mio ricordo».
 «Ma nonna, è un tuo regalo. E poi, perché questi pensieri?» domanda la nipote.
 «No. È che, stavo riordinando e… l’ho visto e ho pensato che…»
 «La mia nonnina». La trae d'impaccio abbracciandola. «Se ti fa piacere, lo prendo volentieri».
 «Ho anche un favore da chiederti» riprende Maddalena, titubante. «Ci pensi tu a spedire gli auguri per il prossimo Natale? Lo sai che ci tengo e che preferisco i biglietti a quei cosi con il telefonino, ma qui non ho tutti gli indirizzi e poi non saprei dove prendere i…»
 «Tranquilla nonna» la interrompe. «Ci penso io». Richiesta, però, che instilla nella giovane il dubbio di un’alzheimer conclamato, essendo appena gli inizi di settembre. Fra le due, tuttavia, vi è un buon rapporto, una complicità fatta di parole non dette e sguardi espliciti.
 Franco, congedato il figlio, mette in atto il piano: approfittando della confusione nel salone, sgattaiola in camere preparando la borsa da viaggio, lasciando intendere agli inservienti che stia riassettando della biancheria pulita. Maddalena avrebbe dovuto seguirne l’esempio, ma proprio non le riesce d’accomiatarsi dalla nipote.
 L’inizio settimana è critico per ambedue: difficile dissimulare l’ansia crescente. Agendo con nonchalance, simulano incontri formali: privi di gesti galanti o smancerie che trattengono a stento. L'attrazione fra i due va oltre l'aspetto fisico, il loro è un rapporto di simbiosi: due caratteri diversi che si completano, come il latte e il caffè. Eppure quasi non si sfiorano nel salone; Maddalena rilegge sette volte lo stesso capitolo de I pilastri della terra, senza memorizzarne nemmeno una riga, mentre Franco gioca a tresette. Dopo cena ognuno si ritira nella propria camera, predisponendo gli ultimi dettagli; lei medita sulla scelta degli abiti da portare, mentre Franco, mettendo a frutto il corso informatico tenuto da volontari, consulta nuovamente lo smartphone assicurandosi su orari, coincidenze, previsioni meteorologiche e possibili inghippi, senza lasciare nulla al caso. Persino la scelta del giorno è studiata: non ci sono mai scioperi di mercoledì.
 Il fatidico giorno è preceduto da una notte agitata. L’ansia si mescola alla preoccupazione per un possibile inghippo; sono consapevoli che la loro storia non avrà un'altra possibilità, non possono permettersi un fallimento: i figli mal digeriscono quello che considerano una infatuazizone guidata dalla solitudine mischiata alla demenza senile.
  L'ansia, tuttavia, viene spazzata dall’adrenalina quando, a metà mattina, Franco entra in azione.
 «Infermiera!» strilla, uscendo dalla camera dell’amico. «Infermiera. Presto, Matteo si sente male».
 Urla che accendono lo scompiglio nell’istituto; l’infermiera corre svelta al richiamo, seguita dagli ospiti incuriositi, nessuno si cura delle gerbere che Franco getta nel cestino dei rifiuti.
 «Oddio! Sta morendo per davvero» esclama Maddalena, che, avvicinatasi a Franco, avverte i rantoli e i sibili della crisi acuta d’asma del povero Matteo. «Ma cosa…?» chiede lumi a Franco.
 «Non preoccuparti, gli passerà presto» la rassicura lui. «Per renderlo più credibile gli ho soffiato in faccia del polline. Ma adesso sbrighiamoci!» La incita con un gesto della mano, mentre lui corre dall’inserviente di guardia.
 «C’è un’emergenza!» urla Franco. «Serve il suo aiuto».
 Appena la via è libera, il fuggiasco richiama con un cenno Maddalena e, insieme, sgattaiolano verso l’uscita tenendosi stretti al petto le proprie borse.
 «Adesso dobbiamo stare calmi» sussurra Franco, appena fuori. «Qualcuno può vederci dalla finestra». Indica con il capo la facciata della palazzina. «Camminiamo con calma, senza voltarci».
  Maddalena trema come una foglia, istupidita nel trovarsi, a settantanove anni, a fuggire da “casa” come una sedicenne innamorata. Inspira profondamente stringendo la mano dell'uomo traendone coraggio, ammirandone la fredda determinazione. È spaventata, ma anche eccitata per l’evasione sentendosi come Bonnie e Clyde.
  Percorrono il viale con passo noncurante; il sole splende inondando il giardino appena rasato; i loro occhi, però, sono fissi sul cancello spalancato. Le auto sfrecciano lungo il viale; dei passanti camminano sul marciapiede rasente la recinzione. Pochi metri ancora e saranno fuori, braccati dai parenti, ma liberi.
 «A destra!» ordina Franco, oltrepassata la soglia.
 «Ma la fermata del tram è a sinistra!» ribatte lei, pensando a una disattenzione.
 «La siepe ci coprirà dalla vista» spiega lui, rassicurandola con un sorriso. «Percorriamo la via fino alla prossima fermata. Sei stanca?» chiede premuroso.
 «Possiamo fermarci per un caffè?» domanda Maddalena, mordendosi il labbro per l’imbarazzo, temendo di scombussolare i tempi d’evasione. «Devo andare in bagno» confessa. «Però mi sono ricordata di non prendere la pastiglia della pressione. È che sono agitata».
 «Ma certo» la tranquillizza. «Qui avanti c’è un bar, se ricordo bene».
 «Non ci farà male un’altro caffè?» domanda Maddalena. Lui le sorride, trovandone adorabile l’ingenuità; commosso nel sentirsi in grado, nonostante gli acciacchi, di prendersi cura di lei.
 «Si saranno già accorti che siamo usciti?» domanda la donna.
 «Non lo so, ma sarà meglio sbrigarci. Prima di chiamare la polizia verranno a cercarci».
 Tornata dalla toilet, Maddalena trova Franco che, pagata la consumazione, le porge un cioccolatino. Gesto che spazza ogni residuo di paura o reticenza: guardandolo dritto negli occhi lucidi d’emozione, vede l’uomo con cui ha deciso di vivere gli ultimi giorni della propria vita.
 Usciti dal locale sbirciano lungo la via in direzione dell’istituto: nessun movimento sospetto. Si avviano verso la fermata del tram.
 Sballottati dal movimento del mezzo, si tengono per mano sostenendosi a vicenda. Sono estasiati quanto due giovani fidanzatini al primo incontro. Franco è felice, senza pensieri, ha voglia di ridere, mentre Maddalena guarda, scorrere oltre i finestrini, quello che fu il suo quartiere.
 «La sai quella dell’apparecchio acustico?» domanda lui, per distrarla. «Due anziani si incontrano dopo molto tempo. Il primo dice all’altro di sentirsi molto meglio, ora che ha messo un apparecchio acustico. “Di ultima generazione” dice. “Mi è costato mille euro, ma è il meglio del meglio. Praticamente perfetto”. “Davvero?” risponde l’amico. “Di che marca è?”, “Le dodici e trenta!”»
 Se la ride compiaciuto Franco, mentre Maddalena finge ilarità conoscendo la barzelletta sentita chissà quanto tempo prima, ma non vuole deludere l'uomo, apprezzandone l'intenzione di sollevarla dall'ansia. I due si guardano negli occhi teneramente, mentre il tram si ferma davanti la stazione ferroviaria.
 Giunti alla biglietteria, Maddalena affida a Franco i suoi euro per fare cassa comune; non sono molti, soldi risparmiati nelle ultime settimane, è stato straziante, salutando la nipote, fingere di scordarsi d’allungarle la consueta mancia.
  Franco, raccolto il gruzzolo, acquista il biglietto: Milano Savona, solo andata. Avrebbe potuto farlo on-line, con la carta di credito, ma avrebbe lasciato una traccia: a volte servono i polizieschi alla tivù, devono quindi usare il contante, anche se questo decurterà il misero capitale.
 Il treno è già al binario, le porte spalancate attendono i passeggeri, mentre dai megafoni ne viene annunciato l’imminente partenza. Franco guarda l’orologio impaziente, mentre Maddalena si gode l’emozione di partire, un’esperienza che credeva persa, assieme alla libertà, il giorno in cui la figlia l’aveva condotta all’istituto. Vedendo richiudere la porta, ricorda, pensò che non ne sarebbe uscita che per l'ultimo viaggio. Trattenendo il magone, per non far soffrire la figlia, salutò il mondo conosciuto e amato che non avrebbe rivisto che in tivù. Invece ora, provando un brivido riconquistava quello che era suo: il diritto alla felicità.
 Saliti sul convoglio, i due ne restano delusi vedendo la lunga fila di sedili messi a sostituire i più intimi scompartimenti di una volta.
  Si seggono al centro del vagone; Franco le cede il posto vicino al finestrino, consapevole di quanto gli occhi di Maddalena bramino campi sterminati.
 Udendo le porte chiudersi con un sibilo, si stringono forte le mani.
  «Buon viaggio amore mio» sussurra lui.
 «Grazie. Davvero, grazie di tutto, amore» risponde lei, con gli occhi tremuli d’emozione.
  Il treno corre veloce; il paesaggio che sfreccia oltre il finestrino colma Maddalena come un respiro profondo; piccoli casolari circondati da risaie, le cui acque rimandano scintille di sole, mentre degli aironi guardano incuriositi il convoglio.
 Abbandonando la testa sul finestrino, Maddalena ne assorbe il calore del sole. Scorgendone il riflesso nel cristallo, si volge verso il suo uomo, che si è addormentato; il respiro leggero di un bimbo che riposa, il sonno dei giusti. Si sente protetta vicino a lui, amata, desiderata. Sentimenti quasi dimenticati dalla perdita del marito, convincendola che non avrebbe mai provato amore per un altro uomo. Il destino, invece, le aveva fatto conoscere Franco, una persona  speciale, del tutto differente da suo marito, così come era differente l'amore che provava per lui. Con Franco ha imparato che ci sono diversi tipi di sentimenti, che cambiano con l'età, l'ambiente in cui si vive e mille altre variabili, ma è pur sempre amore, quindi una sensazione meramigliosa. Emozioni che, un’ottusa mentalità bigotta, vorrebbe ora precluderle a causa dell’età. Ed è con emozione che, sfiorandone la guancia per non svegliarlo, accarezza Franco. Dorme come un bambino, con la bocca aperta, la testa mollemente reclinata sul sedile seguendo le oscillazioni del vagone.
 «Buongiorno, biglietto prego» domanda il controllore. Maddalena si prodiga a cercare i documenti di viaggio nella tasca della giacca di Franco, non vuole svegliarlo, ha passato le ultime notti insonni.
  «Ecco» esclama, porgendo i biglietti.
 Il controllore provvede a vidimarli, sta per restituirli quando, bloccandosi, mostra uno strano interesse scrutando prima i loro visi e poi i biglietti. Maddalena prova un tonfo al cuore, forse la polizia li sta cercando? Le loro foto già segnalate? Si stringe le mani celandone il tremore.
  «Mi scusi, vedo che sono a tariffa piena; voi avete diritto alla riduzione senior» spiega l’ufficiale.
  «Grazie» risponde la donna. «Molto gentile; sa com’è… la fretta…» Ricomincia a respirare.
  Scendono alla stazione di Savona nel tardo pomeriggio. Ripartito il convoglio, i due restano attoniti a fissare il mare sfavillante. Tenendosi per mano, sincronizzano i cuori in un battito unisono; scoppiano a ridere quando, guardandosi, vedono delle lacrime di gioia l’uno negli occhi dell’altra. Si baciano teneramente; Maddalena avvampa di pudore.
  «Senti il profumo?» domanda lei, inspirando l’aria che sa di salsedine e oleandro.
  «Veramente no. Sai, la sinusite…»
  «Dovrei andare in bagno».
  «Se resisti, ci sediamo in uno di quei locali davanti al mare. Sei ancora agitata?»
  «No. Questa volta è la pastiglia».
  Sorseggiano un tè deteinato, godendosi la pace e il tepore marino. Si raccontano aneddoti di vacanze lontane nel tempo, bagni di sole, conquiste amorose che accendono in entrambi un pizzico di gelosia, smorzata da sguardi dolci.
 «Sono passati più di dieci anni dall’ultima uscita in mare» confessa Franco. «Ero ancora un giovanotto» sogghigna. «C’era anche Massimino, un fratello più che amico; quante ne abbiamo fatte. Eravamo inseparabili, sognavamo di circumnavigare l’Italia, da Ventimiglia a Trieste, noi due soli, come lupi di mare. Mancava il tempo allora, tempo e denaro. E poi, chi le avrebbe sentite le nostri mogli? Però, siamo riusciti a fare il giro della Sardegna, proprio in quell’ultimo viaggio. Sei mai stata in barca?»
  «Ho preso il traghetto» risponde Maddalena, timidamente.
  «Vedrai che meraviglia la notte stellata».
 Maddalena ascolta rapita il racconto della crociera lungo le coste dalla Sardegna, la meraviglia dell’Asinara, la costa Smeralda, «…e poi c’è la Maddalena» esclama Franco, fissandole gli occhi. «Stesso nome, eguale bellezza». Maddalena accetta il complimento imbarazzata.
 «Andiamo!» esclama lei; vedendolo entusiasta capisce che non vede l’ora di salpare.
 Passano da un minimarket a far provviste: poca roba, il necessario per l’immediato. Avvicinandosi al porto, Maddalena lo vede caricarsi di un’euforia baldanzosa. Come potevano i figli, pensa, pretendere che un’anima così libera, potesse starsene rinchiusa in un ospizio senza ammazzarne il morale. Il suo posto è questo, senza porte o finestre.
 «Eccola!» esclama Franco, indicando la barca ormeggiata. La voce incrinata dall’emozione, come rientrare in una casa colma di ricordi. Lo scafo è bianco, mentre il ponte è in radica. Sullo specchio di poppa campeggia, in un blu genziana, il nome: Cyrano. La barca oscilla quando, allungando il passo, Franco vi sale; si fa passare le buste della spesa da Maddalena e, tendendogli la mano, la sostiene nel salire a bordo. Lei prova un primo smarrimento sentendo il rollio della barca, una specie di vertigine che controlla sedendosi a poppa. Franco, intanto, appronta l’imbarcazione per la partenza. Estrae la chiave custodita per anni nel portafogli, come un portafortuna o la foto di un caro. La mano trema infilandola nella serratura, trattiene il respiro pregando che i figli non abbiano sostituito la serratura. Lo scatto lo rincuora, torna a respirare spalancando la porticina. «Serve il bagno? Non è un appartamento, ma c’è tutto il necessario».
 Maddalena ringrazia e, presa la sua borsa, scende i gradini scomparendo nell’abitacolo, Franco, intanto, chiede aiuto a un marinaio di passaggio che, salutando, molla l’ormeggio gettando la cima nell’imbarcazione. Acceso il motore, l'uomo, con l’entusiasmo di un bambino, indossa il cappello da marinaio brettone e, dando gas, guida la barca verso il largo. Le vibrazioni del motore percorrono le pareti della cabina; Maddalena riemerge dal vano indossando un vestito di satin rosa, un velo di cipria sul viso, i lunghi capelli raccolti in uno chignon arruffato e i piedi scalzi. Fascino che investe Franco lasciandolo senza parole; Se non ci fosse il pericolo di speronare le barche in rada, lascerebbe il timone per abbracciarla.
  «Sei uno splendore» le dice, mangiandola con gli occhi.
  «È un vestitino semplice, non ho portato molto…» ribatte lei, con civetteria.
  «Vieni qua!» la chiama, indicandole di prendere il timone. Maddalena si mostra titubante, ma in realtà muore dalla voglia di provare. «Dai, non è difficile» la incoraggia.  
  Abbracciandola dalle spalle, le tiene le mani sul timone e, non trattenendosi più, le bacia il collo facendola rabbrividire.
  Il sole è poco sopra la linea del mare quando, spegnendo il motore, gettano l’ancora al largo. L’albero ondeggia, mentre la brezza fa tintinnare i tiranti; il mare, di un blu notte, sussurra facendo sciabordare le proprie onde sulla chiglia, mentre il cielo s’incendia di tramonto.
  «Se hai cambiato idea…» esclama Franco, abbracciandola. «Siamo ancora in tempo per tornare in porto». Ne fissa gli occhi, pregando perché rimanga.
 «Ti seguirò in capo al mondo» ribatte lei, baciandolo. «Fino alla fine. Senza remore e senza rimpianti. Io e te, bastandoci nel nostro amore».
  Franco si volta, raccoglie lo smartphone dalla plancia e, guardando Maddalena, lo getta in acqua. Abbracciandosi, si stringono assaporando il profumo del mare, della libertà. La notte scende lentamente accendendo, una dopo l’altra, le stelle, mentre la luna a tre quarti brilla maestosa come una regine circondata dalle sue cortigiane. Maddalena guarda ammirata la via lattea, lo splendore del firmamento. Un brivido di freddo la scuota, Franco, premuroso, le copre le spalle con la sua giacca, la stringe a sé e, con voce morbida, le confessa il proprio amore.
  Scendono assieme in cabina, lasciando a guardia le stelle.



Di Pierangelo Colombo. 
Leggete e divulgate liberamente, non dimenticate, però, di menzionare l'autore. 😉

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