di Pierangelo Colombo

mercoledì 11 luglio 2018

Mario Rigoni Stern


Esperienze come la guerra lasciano delle cicatrici indelebili, la letteratura, il più delle volte, si assume l’onere di non far dimenticare questi segni raccontandoli ai posteri. Uno dei più grandi scrittori italiani nonché una delle penne più importanti nell’Italia del dopoguerra è stato Mario Rigoni Stern.

Sergente durante la seconda guerra mondiale, è stato uno scrittore atipico e originale, difficile inquadrarlo in un reciso filone letterario. Narratore d’istinto, ha saputo raccontare, da testimone, uno dei periodi più difficili dell’umanità.
Il Sergente nella neve, è stato uno dei suoi romanzi più celebre. Con spirito critico racconta della campagna di Russia che, accolta inizialmente come una impresa epica, si è tramutata ben presto in una madornale errore costato la vita a centinaia di giovani soldati. Così, l’autore, scrive nel romanzo: “I russi erano dalla parte della ragione, e combattevano convinti di difendere la loro terra, le loro famiglie. I tedeschi, dall’altra parte, erano convinti di combattere per il grande Reich. Noi non si combatteva né per Mussolini, né per il Re, si cercava di salvare la nostra vita”.
La disfatta del regio esercito segnò profondamente la sua vita e non appena tornato in Italia si rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, arrestato fu deportato in un lager da cui uscirà quando l’Armata Rossa metterà in fuga i tedeschi. Il rientro in patria è per Stern una lunga camminata valicando le Alpi dopo due lunghi anni di internamento.
A guerra terminata, riprese una delle sue grandi passioni, la letteratura, nel 1953 viene pubblicato il suo capolavoro: Il sergente sula neve. Iniziando così una lunga serie di riconoscimenti fra cui la candidatura al premio Nobel. Nel 2003 venne proposto come senatore a vita, incarico che rifiutò dicendo: “Non abbandonerò mai il mio paese, le mie montagne per uno scranno in Parlamento. Non è il mio posto”.


Nato ad Asiago il 1 novembre 1921 è sempre rimasto legato al paese natio. Il padre e la madre commerciavano in prodotti delle malghe alpine, pezze di lino, lana e manufatti in legno della comunità dell'Altipiano, la stessa comunità montana che si ritrova frequentemente nelle sue opere.
Prima della guerra frequenta la scuola di avviamento al lavoro e, per guadagnare qualche lira, svolge mansioni di garzone nel negozio dei genitori. Nel 1938 si arruola volontario alla scuola militare d'alpinismo di Aosta e nel settembre del 1939, mentre è in licenza, deve rientrare improvvisamente al reparto: in quel momento, racconterà lo stesso Rigoni Stern, capisce che ciò che sta accadendo cambierà per sempre anche la sua vita. Nel conflitto è dislocato prima sul fronte occidentale poi su quello albanese (esperienza raccontata in "Quota Albania"), e successivamente in quello russo. In questo frangente Rigoni Stern ha modo di sperimentare le più dure esperienze umane, da quelle della ritirata e dell'abbandono dei compagni stremati nella neve a quello della deportazione nei lager quando incappa in una pattuglia tedesca. Fortunatamente il 9 maggio 1945, dopo due anni di lager, riesce a tornare in Italia. Gli risulta difficile reinserirsi nella vita civile, difficile reagire all'apatia che lo attanaglia. Di questa profonda prostrazione ne abbiamo testimonianza nel doloroso e insieme delicato breve racconto "La scure" (inserito in "Ritorno sul Don", 1973), pagine fra l'altro dedicate a Primo Levi. 

Assunto come impiegato al catasto di Asiago, lascerà trascorrere anni prima di riprendere gli appunti scritti su fogli volanti e abbandonati in un angolo della casa, per farne "Il sergente nella neve" pubblicato su indicazione di Elio Vittorini, conosciuto da Rigoni Stern nel 1951. Sul finire degli anni '60 scrive invece il soggetto e collabora alla sceneggiatura de "I recuperanti", film girato da Ermanno Olmi sulle vicende delle genti di Asiago all'indomani della Grande guerra. 

Nel 1970, lasciato il lavoro, comincia a pubblicare opere narrative con regolarità e ad iniziare una collaborazione con La Stampa sulle pagine culturali e sull'inserto settimanale del quotidiano torinese, oltre a dedicarsi a letture e studi storici che gli consentiranno di curare un importante volume, "1915/18 La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati al fronte", un'antologia commentata di testi sul primo conflitto mondiale. Dopo l'esordio del Sergente nella neve, vi saranno dieci anni di silenzio, in seguito dei quali arrivano i racconti naturalistici, quando nel 1962 pubblica "Il bosco degli urogalli".
Dagli anni '70 la sua attività letteraria si intensifica: molti suoi testi di varia forma e dimensione vedono la luce, sempre accolti in maniera entusiasta da pubblico e critica.
Nel 2000, insieme all'allora Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha curato il già ricordato volume: "1915-1918 La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di Soldati al fronte".
Muore a causa di un tumore al cervello il giorno 17 giugno 2008. 

Di lui Mauro Corona, ha detto:
Mario Rigoni Stern era uno di questi "larici", in questo mondo di fretta, in questa società dove non c'è più tempo libero per sé stessi, non c'è più niente, solo una corsa frenetica, uno spreco di cose, uno spreco di oggetti, senza più equilibri: c'è chi ha troppo, c'è chi ha nulla; lui era l'equilibrio. Rigoni Stern era come la pietà di Michelangelo: io non l'ho mai vista, ma sapere che c'è mi allieta i giorni. Ecco, Rigoni Stern era questo, era l'equilibrio faticoso e duro che ha vissuto lui, ma sereno, di una certa serenità se si toglie la guerra.




    

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