di Pierangelo Colombo

lunedì 12 marzo 2018

Umberto Saba

Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è nato a Trieste nel 1883 dal matrimonio tra Felicita Rachele Cohen, di confessione ebraica, e Edoardo Poli. Nonostante le nozze tra i due, il padre abbandona moglie e nascituro. Sicuramente la scelta del Poli d’ignorare le sue responsabilità di padre ha fatto si che Umberto scegliesse sin da subito uno pseudonimo per firmare il proprio lavoro, rigettando il cognome paterno: il termine saba in ebraico significa "nonno".
Intraprende gli studi classici al ginnasio Dante Alighieri di Trieste, ma con scarsi risultati. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare l’Università, ma nell’estate dell’anno successivo torna nella città natia a causa di una forte depressione. L’anno seguente si trasferisce a Firenze, dove conduce un’intensa vita culturale. In questo periodo conosce anche Carolina Wölfler, che in seguito prende come moglie. Nel 1909 nasce la figlia Linuccia, nel 1910 viene pubblicata Poesie, subito succeduta da Coi miei occhi (1911). Allo stesso periodo risale Il mio secondo libro di versi, noto col titolo Trieste e una donna). Nel 1913 la famiglia Saba emigra a Bologna e l’anno dopo a Milano.


La Prima guerra mondiale vede un Saba fortemente interventista. Partito per la guerra ne uscì provato da crisi nervose e psicologiche sempre più profonde, fino al ricovero nell’ospedale militare di Milano nel 1918. Terminata l’esperienza bellica Saba e la famiglia tornano a Trieste, dove lo scrittore apre una libreria, la Libreria antica  e moderna. Nel 1921 esce la prima edizione del Canzoniere cui seguono le altre fino a quella definitiva pubblicata nel 1961, dopo la morte dell’autore. Nel 1938 deve lasciare Trieste per Parigi a causa delle leggi razziali e, tornato in Italia l’anno successivo, si rifugia prima a Roma e poi a Firenze, aiutato da Eugenio Montale. Nel 1943 viene pubblicato a Lugano la raccolta Ultime cose. Nel dopoguerra Saba si trasferisce a Milano dove collabora col Corriere della sera e pubblica Scorciatoie e raccontini, e successivamente la Storia e cronistoria del Canzoniere. Nel 1955 si fa ricoverare in una clinica di Gorizia, dove si spegne nel 1957. Il suo romanzo, Ernesto, lasciato incompiuto, viene pubblicato postumo nel 1961.

La poesia di Saba è semplice e chiara. Nella forma adopera le parole d'uso quotidiano e nei temi ritrae gli aspetti della vita semplice: luoghi, persone, paesaggi, animali, avvenimenti, Trieste con le sue strade, le partite di calcio ecc. Una vera e propria dichiarazione di poetica la possiamo leggere nella lirica Il borgo della raccolta Cuor morituro. I temi della sua poetica sono Trieste, la città natale, il mare come simbolo di fuga e di avventure spirituali, gli affetti personali e familiari, le memorie dell'infanzia, il rapporto con la natura e le riflessioni sull'attualità.



 

La mia fanciulla

La mia fanciulla snella e polposetta
è come un arboscello con le poma:
una ne mangi ed un'altra t'alletta.

La mia piccola cara è una bambina.
Teme, se tardi rincasa, legnate,
suo castigo di quando era piccina.

E quando fa quella proibita cosa
si volge, e manda sospettose occhiate,
per veder se la mamma è là nascosa.

La mia piccola cara è troppo audace.
Mette la testa con la grande chioma
fra le mani, e mi guarda a lungo e tace.

 

 

Trieste

"Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

 
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,                                              
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva."


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