di Pierangelo Colombo

martedì 12 giugno 2018

La Grande Guerra; Il piccolo eroe della Grande Guerra


Sul fronte italo austriaco della prima guerra mondiale, c’erano tanti meridionali, come Pietro, il diciottenne di Sant’Agata di Puglia stupefatto dalla bellezza delle Dolomiti nel romanzo “Il piccolo eroe della Grande Guerra” di Toni Marchitelli (edizioni Newton Compton)



I soldati italiani venivano mandati all’assalto sul passo Falzarego, anche se i reticolati erano ancora intatti e quindi era impossibile passare. Tante morti inutili. Piero deve aspettare il buio, col cuore in gola, prima di tornare in trincea con l’amico Checco. Ha solo diciotto anni ed è un bravo ragazzo del Sud “Il piccolo eroe della Grande Guerra”, romanzo di Toni Marchitelli, edita da Newton Compton.
Un libro breve, intenso, ricco di sentimenti, quelli di una società contadina e operaia dei primi del novecento. Vite ingenue, come quella del fante Pietro Vitagliano che, da Sant’Agata di Puglia, arriva al nord con il suo contingente e quando vede le Dolomiti, nell’ottobre 1915, non trattiene un Mandonnamia e che è!, di stupore.
Pietro è alto, massiccio, dalla carnagione brunita dal lavoro nei campi, ha gli occhi azzurri e vive in un paese sulle colline che dominano il Tavoliere. La terra che lavora col padre dà da mangiare alla famiglia, anche se è amara e dura da zappare, ma si accontentano di poco. Da anni pensa a Ninetta, la figlia del fornaio, ai riccioli neri che spuntano sotto al fazzoletto con cui si copre in chiesa. È bellissima e misteriosissima, come la Madonna, da cui ha preso il nome: Annunziata.
Checco, anzi, Francesco, è romano, di Borgo Pio, tra San Pietro e il Tevere e se ne vanta. Falegname a bottega col papà, è piccolino, un metro e sessanta, innamorato di Monica, trasteverina, bella come il sole e un po’ mignotta. L’ha sorpresa sulla Lungara con una specie di burino spilungone. È finita a male parole e botte. Parolacce di Checco, cazzotti del burino.
In guerra vanno i ragazzi del Sud, del Centro e del Nord, infatti con loro se la fa spesso l’alpino piemontese “Barale Bruno”, che dà del terrone a Piero, ma solo bonariamente.
Sono nell’Ampezzano da invasori: i preti di qua non sembrano buoni come don Mario, guardano i soldati con occhi senza benevolenza, forse con odio. I loro parrocchiani sono i landeschutzen che difendono il trincerone lassù, a duemila metri, contro il quale gli italiani vanno all’assalto. Sempre avanti, allo scoperto. L’Alto Comando non si arrende all’evidenza che da lì, con le cime in mano al nemico, non si può passare. Solo morire.
E Piero ogni volta esce all’attacco, meravigliato di non essere “preso” dalla pallottola, la raffica, la bomba. Vive appiattito in trincea ed esce obbediente correndo avanti, stringendo il fucile, in attesa solo della morte, che a lui e agli altri appare come una liberazione.
Dovunque sul fronte italiano, il Comando si affidava alla tattica suicida dell’attacco in massa, insensibile alle perdite. Secondo le testimonianze, dopo due anni di massacri, nel 1917 i soldati andavano all’attacco piangendo, completamente sfiduciati, certi di non farcela.
Che contrasto con la tenerezza delle lettere di Piero a casa. Frasi un po’ impettite, ma tanti pensieri delicati a mamma, papà e Ninetta. Avevano giocato insieme da bambini, però da adolescenti la mentalità paesana non consentiva contatti. Si vedevano solo il sabato, all’acquisto del pane e la domenica a messa.
La voglio per moglie, sarà la madre dei miei figli, tanti maschi, per aiutare nei campi. Voglio baciarla tutti i giorni e le notti. Per sempre.
Le aveva rivolto la parola solo dopo aver ricevuto la cartolina precetto, chiedendole di sposarlo. La giovane aveva risposto sì, con uno sguardo indimenticabile.
Scrive anche a lei, lettere che le due donne non possono rileggere le mille volte che vorrebbero, ma che tengono strette sul cuore. Sono analfabete e si rivolgono al buon parroco, che risponde sotto dettatura di mamma Concetta (la Madonna ti accompagni) e della ragazza (pensami sempre come io penso a te).
Un vero piccolo mondo antico, di gente che vive di poco ma che vale tanto e che, quando sbaglia, commette peccati mai tanto gravi da non essere cancellati da una conciliante assoluzione.


 

Descrizione

È il 1915 quando Piero, appena diciottenne, viene strappato al lavoro nei campi e al suo paese del sud Italia, e mandato a combattere al fronte. Spaesato, costretto ad abbandonare il suo grande amore, Ninetta, nel viaggio che lo conduce sulle Dolomiti incontra Checco, un falegname romano in tutto diverso da Piero, ma con cui il ragazzo stringe subito amicizia: li accomuna l’obbligo di combattere per la stessa guerra, in cui nessuno dei due crede. I pericoli, gli stenti, la difficoltà di sopravvivere in trincea, nel freddo dei duemila metri rafforzano un legame figlio dalla guerra, vissuto all’ombra della morte. Proprio sul Col di Lana, Checco sarà ferito e salvato proprio da Piero, che riesce a portarlo in ospedale. Poi le vicende crudeli li separano e i due si perdono di vista. Ma Checco non ha dimenticato la promessa fatta all’amico, e quando torna a casa, nel 1918, raggiunge il paese di Piero, la sua famiglia e Ninetta. Di Piero non saprà più nulla…

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