di Pierangelo Colombo

martedì 5 giugno 2018

Primo Levi


“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.”
Primo Levi

 

Primo Levi, nato a Torino il 31 luglio 1919, è stato scrittore testimone e sopravissuto alle deportazioni naziste. Di origini ebraiche, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni del suo popolo rievocando alcuni episodi accaduti alla propria famiglia. Nel 1921 nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita.
Nel 1934 Primo Levi si iscrive al Ginnasio - Liceo D'Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini Zini, Norberto Bobbio. Eccellente studente, Levi si dimostra uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente razionale associata a una fantasia fervida e una grande capacità immaginativa. In prima Liceo, fra l'altro, ha per qualche mese come professore d'italiano nientemeno che Cesare Pavese. E' comunque già evidente in Levi la predilezione per la chimica e la biologia, le materie del suo futuro professionale. Dopo il Liceo si iscrive alla Facoltà di Scienze alla locale Università dove si laurea con lode nel 1941. Attestato che riporta la dicitura "Primo Levi, di razza ebraica". Levi al proposito commenta: "...le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto Matteotti per intenderci); rimaneva da vederne quello sciocco".
Nel 1942, per ragioni di lavoro, è costretto a trasferirsi a Milano, i nazisti hanno occupato il suolo italiano. Nel 1943, Levi si rifugia sulle montagne sopra Aosta, unendosi ad altri partigiani, venendo però quasi subito catturato dalla milizia fascista. Un anno dopo si ritrova internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.
Questa orribile esperienza è raccontata con dovizia di particolari nel romanzo-testimonianza, "Se questo è un uomo", pubblicato nel 1947. Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell'arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell'ottobre successivo. 


Se questo è un uomo è un'opera memorialistica scritta tra il dicembre 1945 ed il gennaio 1947. Rappresenta la  meditata testimonianza di quanto vissuto dall'autore nel campo di concentramento di Monowitz. Levi sopravvisse infatti alla deportazione nel campo di Monowitz, lager satellite del complesso di Auschwitz e sede dell'impianto Buna-Werke proprietà della I.G. Farben.
« Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no. »

Sono questi alcuni dei versi introduttivi del romanzo, ispirati all'antica preghiera dello Shemà, e ne spiegano il titolo

Nel 1963 Levi pubblica il suo secondo libro "La tregua", cronache del ritorno a casa dopo la liberazione, per il quale gli viene assegnato il premio Campiello. 

 La tregua descrive le esperienze dell'autore dall'abbandono di Auschwitz (Monowitz) da parte dei tedeschi, poi l'arrivo dell'Armata Rossa sovietica, raccogliendo tutto il lungo viaggio del deportato ebreo per ritornare in Italia, nella città natale di Torino, dopo mesi di spostamenti nell'Europa centro-orientale. La sua testimonianza rappresenta quella dei milioni di sfollati al termine della Seconda Guerra Mondiale, in grandissima parte ex detenuti del Reich tedesco, sia lavoratori coatti che sopravvissuti ai campi di concentramento.

Altre opere da lui composte sono: una raccolta di racconti dal titolo "Storie naturali", con il quale gli viene conferito il Premio Bagutta; una seconda raccolta di racconti, "Vizio di forma", una nuova raccolta "Il sistema periodico", con cui gli viene assegnato il Premio Prato per la Resistenza; una raccolta di poesie "L'osteria di Brema" e altri libri come "La chiave a stella", "La ricerca delle radici", "Antologia personale" e "Se non ora quando", con il quale vince per la seconda volta il Premio Campiello.


I sommersi e i salvati è un saggio scritto nel 1986, ultimo lavoro dell'autore, è un'analisi dell'universo concentrazionario che l'autore compie partendo dalla personale esperienza di prigioniero del campo di sterminio nazista di Auschwitz ed allargando il confronto ad esperienze analoghe della storia recente, tra i cui i gulag sovietici. 

 La narrazione descrive con lucidità e distacco - nonostante l'averne vissuto l'esperienza diretta - i meccanismi che portano alla creazione di "zone grigie" di potere tra oppressori e oppressi, la corruzione economica e morale delle persone che vivono nei sistemi concentrazionari, gli scopi e gli utilizzi politici e sociali di tali sistemi, la replicazione di analoghe dinamiche comportamentali nelle realtà quotidiane odierne.

Infine scrive nel 1986 un altro testo assai ispirato dall'emblematico titolo "I Sommersi e i Salvati".
Primo Levi muore suicida l'11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, si ingenera negli ebrei scampati all'Olocausto: di essere cioè "colpevoli" di essere sopravvissuti. 

 
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”


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