di Pierangelo Colombo

venerdì 25 maggio 2018

Philip Roth


La notizia ha fatto il giro del web, Philip Roth ci ha lasciati all’età di 85 anni. Considerato uno dei più grandi scrittori americani dalla seconda metà nel Novecento, era un osservatore della società americana. Dosando sapientemente il fine acume assieme ad un tagliente umorismo nero, ne ha descritto l’identità, i difetti e la lussuria. 

Nato il 19 marzo 1933 a Newark, nel New Jersey. Ha studiato alla Bucknell University, prima di trasferirsi alla Chicago University per completare il corso di laurea in letteratura anglosassone. Si è quindi dedicato all'insegnamento presso la Iowa e a Princeton
Debuttò nel 1959 con Addio, Columbus e cinque racconti, descrivendo dei giovani ebrei di seconda generazione alla ricerca di un riscatto dalla condizione ghettizzata dei genitori rincorrendo il sogno americano. Il grande romanzo americano, saga sulla storia americana vissuta attraverso il baseball.
A farlo conoscere nell’ambito culturale internazionale è stato il suo quarto libro: Lamento di Portnoy, uscito nel 1969. Una storia impregnata di sessualità ossessiva, in cui Alexander Portnoy, ebreo americano, si descrive come un nevrotico erotomane al proprio psicanalista, incapace di separarsi psicologicamente dalla madre. Un monologo che si dipana in sette parti descrivendo nei minimi dettagli le ossessioni erotiche del narratore.

Nel 1972 Roth pubblica Il seno, trattando un altro aspetto della sessualità, si tratta di un romanzo breve in cui il protagonista, David Kepesh, diventa letteralmente un seno di 70 chili. Come ne La metamorfosi di Kafka, questo professore di letteratura si vede esaudire uno dei suoi desideri più viscerali, quello di identificarsi appunto con un seno. Costretto nel letto di una clinica, può parlare e sentire ma non può vedere ciò che lo circonda; gli unici momenti di contatto, ma anche di piacere, gli derivano dall’essere toccato e manipolato.



Pastorale americana, uno dei più famosi dei suoi libri, narra di una rimpatriata di compagni di liceo in cui Nathan Zuckerman, incontra Jerry Leroy, che gli racconta di come il fratello più grande, Seymour, abbia visto la propria vita andare in frantumi: grande sportivo, perfetto esempio di borghese americano, ammirato da tutti, crolla a causa di eventi che non riesce in nessun modo a controllare. Pubblicato nel 1997 ha vinto il premio Pulitzer.
La macchia umana esce nel 2000. Racconta la vita di Coleman Silk, la cui esistenza, apparentemente normale, viene stravolta quando, per una parola detta per sbaglio, si scatena su di lui una caccia alle streghe senza precedenti. Razzismo e moralismo sessuale di alcuni ambienti accademici si abbattono su di lui, acciecati da una sete di giustizia morale.

È del 2004, invece, Il complotto contro l’America, un romanzo ucronico in cui si immagina che, nelle elezioni del 1940 Franklin D. Roosevelt sia battuto da Charles Lindbergh, che si opponeva all’intervento americano contro Hitler e criticava la razza ebraica. È lo stesso Roth bambino a narrare la vicenda, raccontando la sua crescita in un contesto in cui le famiglie ebreo-americane vengono discriminate. Le cose precipitano quando Lindbergh stesso scompare, in un tentativo dei nazisti di conquistare gli Stati Uniti e la cui colpa è addossata ancora una volta agli ebrei.

Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile.”

Philip Roth


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