di Pierangelo Colombo

sabato 12 maggio 2018

Salone del libro di Torino; Niccolò Ammaniti, "Il miracolo"dalla scrittura ala regia

Niccolò Ammaniti racconta il suo debutto come regia nella serie televisiva “Il Miracolo”.

“Sono sempre terrorizzato dal Salone del Libro: manco da cinque anni e, come succede in villeggiatura, avevo paura di non essere più accettato”, così ha esordito il famoso scrittore nell’incontro con il pubblico per raccontare la propria esperienza come regista. Direzione firmata anche da Francesco e Lucio Pellegrini, il frutto quindi di tre punti di vista diversi.
Il “miracolo”, filo conduttore della serie, riguarda una Madonnina che piange litri di sangue, punto fisso e imperscrutabile, osserva tutto un mondo di personaggi che gli ruotano attorno in una spirale discendente, ossessionati dalla curiosità e dall’evento che li stravolge. Una sceneggiatura caratterizzata dalla meticolosa cura di ogni dettaglio, punto di forza dell’autore. Tuttavia, come ha ricordato lui stesso “la prima complicazione che ho trovato nel passaggio da scrittore a sceneggiatore è sopperire al mancato coinvolgimento della fantasia del fruitore, nella narrativa, infatti, si parte da un particolare che si lega ad un altro particolare ed è l’immaginazione del lettore che completa l’immagine, nel cinema, invece, bisogna creare una scena il più completa possibile”.
Uno delle differenze fra il cinema e la serie televisiva, spiega l’autore, è il tempo; la pellicola cinematografica, infatti, si sviluppa fra un’ora e venti e le due ore e mezza, in cui si può narrare la storia di una coppia come un intero libro della Bibbia, mentre nei serial lo spazio permette, ad esempio, a dei personaggi secondari di vestire, per un periodo, il ruolo da protagonista. Un modo di narrare molti simile al libro.
Le difficoltà incontrate nel calarsi nel ruolo di sceneggiatore, lasciando il più rodato di scrittore, è stata la volontà di rendere le scene esattamente come le aveva pensate, molte le notti passate davanti alla tastiera del computer, cercando di trasformare ciò che vedeva tramite l’immaginazione, in quello che effettivamente voleva mostrare attraverso lo schermo.

Lavoro facilitato, ed è un aspetto molto bello del cinema, dall’aver trovato persone che, competenti e capaci, hanno portato il loro aiuto a costruire le scene che immaginava. “in questo ambito è stata proprio una scoperta”, ha concluso Ammaniti.

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