di Pierangelo Colombo

martedì 20 febbraio 2018

Manifesto del futurismo



Il 20 febbraio 1909Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il Manifesto del futurismo, raggiungendo una fama internazionale. La nuova corrente artistica nacque come reazione alla cultura borghese dell’ottocento, compreso il decadentismo dannunziano. “Liberare le parole…dalla prigione del periodo latino” che è lento, razionale, incapace di esprimere il dinamismo della vita contemporanea.





Marinetti riassunse i principi fondamentali dei futuristi, che comprendevano una profonda insofferenza per le idee del passato, specialmente per le tradizioni politiche ed artistiche. I futuristi elogiano l'amore per la velocità, la tecnologia, la violenza. L'automobile, l'aereo e le città industriali avevano una proiezione mitica, perché rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomo sulla natura.
La nuova corrente auspicava, inoltre, la nascita di una letteratura rivoluzionaria, libera da tutte le regole, anche quelle della grammatica, dell'ortografia e della punteggiatura. Doveva usare il verbo all’infinito per rendere il senso della continuità della vita, abolire l’aggettivo, l’avverbio e la punteggiatura che rallentava il discorso, abolire la metrica. Bisognava usare l’analogia, al posto della metafora, in grado di collegare cose apparentemente lontane, diverse e ostili fra loro, ma ravvicinate dall’intuizione (ogni sostantivo doveva avere il suo doppio). La poesia doveva cantare l’amore del pericolo, il coraggio, l’audacia, la ribellione, la macchina e la velocità, le città, le industrie.
I futuristi sperimentano nuove forme di scrittura per dar vita ad una poesia in movimento e libera, slegata dalla sintassi tradizionale. Modificando le parole, le dispongono sulla pagina in modo da suggerire l'immagine che descrivono.
Nei componimenti si trova l'esaltazione del futuro e delle emozioni forti associate alla velocità e alla guerra. Gli esponenti più noti, oltre al Marinetti, sono Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi, autore della poesia La passeggiata. Altri poeti parteciparono all'esperienza futurista come Luciano Folgore, Ardengo Soffici e Corrado Govoni. Anche Salvatore Quasimodo vi aderì, in gioventù.



Maurizio Scudiero – Il Futurismo



Manifesto del futurismo


Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.


Poesia visiva di Apollinaire






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