di Pierangelo Colombo

giovedì 16 febbraio 2023

Aspettando lo Strega: il secondo gruppo proposto

 A partire dal 1° febbraio, e fino al 1° marzo, le Amiche e gli Amici della domenica potranno proporre libri di narrativa pubblicati in Italia tra il 1° marzo 2022 e il 28 febbraio 2023. Ogni Amica/o ha la facoltà di presentare una sola opera. Spetterà poi al Comitato direttivo scegliere i dodici libri in concorso per la LXXVII edizione.

Durante questo mese, ogni mercoledì, annunceranno tutti i titoli proposti.

Ecco il secondo gruppo di venti titoli proposti dagli Amici della domenica per la LXXVII edizione del Premio Strega:



Matteo B. Bianchi

La vita di chi resta

Mondadori


Presentato da
Paolo Cognetti

Si tratta di un memoir sulla perdita – per suicidio – di una persona amata, sul dolore, il senso di colpa e la solitudine che ne derivano, tra i più intensi e nitidi che io abbia letto. È anche un testo sul potere salvifico della scrittura, e uno di quei libri che danno un senso e un compimento all’intero percorso di un autore, come se fossero lì ad aspettarlo fin dall’inizio. È come se Matteo avesse scritto per venticinque anni per prepararsi a questo libro, per essere in grado di scriverlo. Il risultato è un racconto che riesce a essere allo stesso tempo crudo e gentile, osceno e pudico, tragico e ironico, mantenendo una tensione e una grazia che sono solo dei veri scrittori.


Olga Campofreda

Ragazze perbene

NN Editore


Presentato da
Gaia Manzini


Propongo la candidatura del romanzo Ragazze perbene di Olga Campofreda, NN editore, per il Premio Strega 2023, perché sa raccontare con grazia e incisività la vertigine di chi si sente estraneo anche nella sua stessa terra. Di chi, come Clara, non si riconosce nelle posture, nel linguaggio e nell’immaginario di quel luogo che dovrebbe chiamare “casa”, ma che casa non è più, o non è mai stata. Con una lingua agile e una voce originale, Olga Campofreda mette in scena un ritorno nella città natia che ha l’intonazione della farsa e dell’impostura: non c’è niente della sua protagonista che corrisponda in alcun modo al femminile che ritrova a Caserta – quel femminile censurato nel profondo, da sempre ignaro dei propri desideri, che rimane intrappolato nell’afasia tragica di chi neanche riesce a dire del proprio dissenso.
Clara ha scelto un’altra via, ha scelto un altrove con altri colori, altri suoni e molte strade da percorrere. La sua scelta coincide con una solitudine perseguita con volizione, giacché la solitudine è spesso la condizione di chi sceglie di essere libero/libera soprattutto dalle aspettative di un mondo cristallizzato nei suoi valori. In questo essere “spatriata”, sradicata, balorda, sfocata, con le radici che puntano verso il cielo, invece che nel terreno, Clara è alla ricerca costante del proprio percorso identitario e, dunque, incarna un personaggio femminile profondamente contemporaneo: emblematico nella sua attualità e nella capacità di trasformare la sofferenza in un ponte verso sé stessa.


Maria Castellitto

Menodramma

Marsilio


Presentato da
Serena Vitale

Al suo debutto la giovane (anno di nascita: 1997) Maria Castellitto scrive un romanzo arditamente fuori da ogni schema. Sono lieta di presentarlo al Premio Strega. Non si tratta di un thriller, anche se l’arma del delitto c’è: una pistola, e c’è anche un proiettile che non sappiamo: verrà lanciato? Menodramma è piuttosto un romanzo di formazione, anche se non è chiaro né scontato che cosa si “formi” in ognuno di noi quando diventiamo adulti, “maturi”: un fiore o un callo, qualcosa che può sfiorire e rinascere o qualcosa che può soltanto seccare, indurirsi.

L’umorismo è nero; le fortune e i privilegi della protagonista sono insufficienti – se mai ce ne servisse la conferma – a essere felici. La felicità, la famiglia, le soddisfazioni lavorative ecc. non sono l’obiettivo: somigliano piuttosto a guai, problemi, piccole sciagure.

La scrittura della Castellitto è scherzosa quanto colta, con un retrogusto fatalista, ha già un suo audace e inconfondibile suono – con dissonanze, talvolta, ma esiste. E l’esistenza, come imparerà Duna, la protagonista di queste pagine, non è poca cosa.




Alessandra Fagioli

Mistero allo specchio

Robin


Presentato da
Paolo Ferruzzi

Mistero allo specchio è una storia che va oltre le caratteristiche del genere e si spinge nel territorio della metanarrazione. Si tratta di un romanzo nel romanzo: uno racconta le missioni di ricerca da parte della direttrice dell’Anticrimine presso diverse città europee per scovare una latitante pluriomicida evasa dal carcere di Rebibbia, l’altro narra di misteriosi delitti presso le isole minori dell’arcipelago toscano ideati dalla stessa latitante per sfidare la dirigente a scoprire dove si nasconda. Realtà e invenzione si intrecciano in un confronto a distanza dettato da episodi narrati e fatti eclatanti, da morti fittizie e vite autentiche, dove due donne giocano una partita speculare, rischiando di scambiare identità e ruoli. Ma soprattutto è un libro sul potere della scrittura, sulla sua capacità di ingannare e di rapire, sulla sua abilità di spostare altrove l’enigma dell’intreccio, attraverso una doppia narrazione modulata da due stili sapientemente differenti


Sara Gamberini

Infinito Moonlit

NN Editore


Presentato da
Chiara Gamberale

Perché la scrittura di Sara Gamberini non somiglia a quella di nessuno, è uguale solo a sé stessa. Perché è impastata di sapienza narrativa, di consapevolezza poetica, dell’incoscienza che hanno i talenti davvero originali e delle voci di mondi sottili e altri. Perché alle logiche della psicologia preferisce i misteri delle alchimie umane. Perché Teresa e Maria, le protagoniste di Infinito Moonlit, sono una madre e una figlia e indagano anche per noi, fra tutti i misteri delle alchimie umane, il più sconcertante. Perché Teresa e Maria potrebbero anche non essere una madre e una figlia eppure trovarsi per salvarsi. Perché il bosco dove si rifugiano dal rumore che fa il mondo è un posto remoto, eppure, diventa subito familiare – a loro come a noi. Per questi motivi e per tutti i motivi personali per cui ognuno, leggendo questo romanzo straordinario, sarà inevitabilmente grato alle sue pagine, candido con gioia, ammirazione e (dal momento in cui proprio l’autrice sdogana finalmente e fatalmente la parola) con amore al Premio Strega Infinito Moonlit (NN Editore).


Giovanni Greco

Bruciare da sola

Ponte alle Grazie


Presentato da
Francesco Maselli

È un monologo ininterrotto, un canto notturno con ospiti, ma anche una lunga lettera d’amore, il romanzo di Giovanni Greco Bruciare da sola. Una notte di Nadja Mandel’štam con i suoi fantasmi. Un canto per voce femminile, quella di Nadja Mandel’štam che dalla tragica scomparsa del marito, il grande poeta russo Osip Mandel’štam, “dissipato” come tanti della sua generazione dalle epurazioni staliniane, non smette di parlare, di ripetere senza sosta i versi proibiti e impronunciabili che sopravviveranno anche grazie alla sua memoria prodigiosa. Gli ospiti, i fantasmi evocati dalla scrittura immaginifica di Greco nella lunga notte insonne di Nadja (Pasternak, Achmatova, Cvetaeva, Majakovskij e tanti altri) sono i protagonisti dell’epoca della Rivoluzione tradita in cui la dittatura si scaglia contro la parola e il diritto ad essa. Un’epoca in cui si può morire per una poesia “sbagliata” come succede a Osip. Nella rievocazione di una storia d’amore e di resistenza che si nutre di poesia, la voce ventriloqua di Greco si fonde con quella di Nadja, che a sua volta si era fusa con quella di Osja, in una dichiarazione d’amore per la parola poetica incontenibile, che salva e sopravvive agli orrori della Storia.



Maria Malucelli

L’amore nascosto

Armando Editore


Presentato da
Antonio Augenti

Da Maria Malucelli, docente di psicologia clinica, specialista in psicoterapia cognitiva individuale, consulente del Tavistok Institut of Human Relation of London, ci viene regalata la ricca e seducente storia di un gruppo famigliare, con vissuti interpretati individualmente, ma allo stesso tempo interrelati. Dante e Nina – il primo romagnolo, la seconda di origini pugliesi – sembrano avere una maggiore evidenza nel racconto, ma intorno a loro si dipana la rete di tanti profili umani che conservano sfumature particolari, tutte da trattenere nella memoria.
Il romanzo, L’amore nascosto, segnalato come thriller affettivo, è dichiaratamente collocato nella categoria delle autobiografie: esercizio non facile dal punto di vista narrativo-letterario, dovendo oscillare tra bisogno di testimonianza, custodia della memoria, tentazione di cancellare i ricordi. La Malucelli affronta il rischio di una prevedibile, indifendibile “nudità” con estremo coraggio, avventurandosi nel territorio dell’io, che è più ricerca di identità che vano protagonismo, più voglia di vivere che atto di stilare bilanci. Ciò avviene con autenticità, che si ritrova nello stile della sua narrazione: fluido, svelto, spontaneo, in grado di gestire il fattore tempo (i flashback, le parentesi, le note) con grande perizia.


Flaminia Marinaro

L’ultima diva

Fazi


Presentato da
Ignazio Marino

Il libro narra la vita di una straordinaria diva del secolo scorso. Ai primi del Novecento, Francesca Bertini, grazie a una capacità di visione non comune e a qualità artistiche poliedriche e straordinarie contribuì alla nascita del cinema. Un cinema diverso da quello che conosciamo oggi e che richiedeva doti di capacità espressiva assai raffinate. La sua via, a tratti spregiudicata, passò dalla recitazione alla regia, alla drammaturgia con la naturalezza e la preparazione dei grandi artisti.
L’autrice, Flaminia Marinaro, trasporta il lettore, con una prosa scorrevole e accattivante, in un’epoca densa di interessanti protagonisti della cultura e della politica: lo fa con rigore storico ma anche con una piacevole ironia. Il ritmo del libro è incalzante e ben si adatta alla personalità della protagonista.
Insomma, a mio parere, una narrazione potente ed evocativa che merita di essere considerata nella selezione del prestigioso Premio Strega.


Sebastiano Martini

Il mare delle illusioni

Arkadia


Presentato da
Giovanni Pacchiano


Gregorio Boni, emiliano, 46 anni ben portati, è il ricco comproprietario, assieme al fratello maggiore, di una fabbrica di piastrelle. L’esistenza gli si è stortata fin da piccolo: a cinque anni ha perso la mano sinistra, stritolata da una macchina da taglio. Non ha mai voluto una mano finta. Nonostante questo piace alle donne, e da giovane ha avuto una lunga storia d’amore con la ragazza Chiara, che, approdata a una multinazionale, l’ha piantato per il suo capo. Un classico. Ora Gregorio è da tempo un uomo solo. È il lavoro a portarlo, un’estate, a un convegno al Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio, dove si insedia in una suite. Ma, vera stranezza, finite le sessioni, decide di restare in albergo a tempo indeterminato. C’è qualcosa che lo rode e che gli impedisce di andarsene. È un uomo buono: socializza col personale umile, i camerieri, i facchini, la concierge. Passa il suo tempo leggendo e immedesimandosi nei personaggi dei romanzi, e nuotando. Forse aspetta qualcuno o qualcosa, ma la sua vita è accartocciata. Passano i mesi, e un giorno il proprietario del Grand Hotel riesce a farlo parlare. Una sera, durante il convegno, in un ristorante sulla spiaggia, ha incontrato una bella quarantenne che balla tutta sola. Sguardi che si incrociano. Lei si accosta al suo tavolo, familiarizzano, passeggiano sulla sabbia. Lei gli spiega di essere sous chef in un ristorante stellato, di cui non gli rivela il nome. Tutto finisce con un bacio, ma la donna gli promette che l’indomani verrà a trovarlo in albergo, alle 12.30. La aspetta, non arriva. La aspetta i giorni successivi, la aspetta un anno intero, cercandola ovunque. Invano. Alla fine decide di partire, un mattino di settembre, mentre i boschi sopra Viareggio bruciano. Parte sconfitto, ma… Il romanzo di Sebastiano Martini è un piccolo gioiello che naviga con eleganza fra il limpido stile e l’aura malinconica di una lunga attesa. Costruito in flashback, Il mare delle illusioni ha una grazia sommessa che incanta, e non comune finezza di scavo psicologico. «Nessuno forse dovrebbe rimanere troppo a lungo solo», pensa Gregorio. E se sono veri i versi dell’immenso Giorgio Caproni sull’uomo che di notte, solo, spinge il cancello e «solo – rientra nei suoi sospiri», è anche vero che l’ultima pagina del romanzo ci riserverà una confortante sorpresa.



Paolo Mazzarello

Il mulino di Leibniz

Neri Pozza


Presentato da
Gian Arturo Ferrari

Il mulino di Leibniz è una singolare commistione tra un romanzo giallo – inizia con un misterioso delitto –, un’immersione nella scienza contemporanea e nella storia della filosofia, una stupefacente riflessione sulla natura della cosiddetta rete che qui acquista una propria, e nefasta, personalità. Un’opera singolarissima e per questo meritevole di partecipare alla gara dello Strega.


Matteo Melchiorre

Il Duca

Einaudi


Presentato da
Marco Balzano

È una storia che sembra provenire da un’altra epoca, quando il mondo era ancora da esplorare e lo spazio attorno agli uomini ancora da conoscere e conquistare. È invece un racconto che, come sa fare a volte la letteratura, parla per allegorie e dicendo di quel cosmo illustra più che mai il nostro, con i suoi voli e i suoi abissi. Due, più di tutti, sono gli elementi che mi colpiscono di questo romanzo: la cura con cui vengono trattati i personaggi e la duttilità della scrittura dell’autore, capace di sbozzare piccoli universi corali e individualità uniche che si stagliano sulla scena. Tra voli di cornacchie, giochi di potere e documenti antichi, Melchiorre accompagna il lettore a toccare con mano la forza e la violenza che esercitiamo nei confronti della natura e, infine, verso noi stessi. L’ambientazione principale è il bosco, quasi una selva dantesca, che continua a respirare nonostante le miserie umane, di cui sembra beffarsi. Ecco perché quell’ultimo erede di una dinastia decaduta, che Melchiorre rende vividamente sulla pagina, è anche uno specchio in cui ciascuno può riconoscere le proprie debolezze e paure.


Sacha Naspini

Villa del seminario

E/O


Presentato da
Paolo Petroni

Un libro che, riportando alla luce un dimenticato, curioso, vergognoso fatto del nostro passato, ha un suo valore che si aggiunge a quello letterario, alla limpida scrittura dell’invenzione del personaggio e la storia di René e della sua presa di coscienza nell’ultimo periodo della guerra e del fascismo. Per questo, ho deciso di candidarlo al Premio Strega.

Grosseto Monsignor Galeazzi accettò di stipulare un regolare contratto di affitto con un gerarca fascista, che prevedeva la trasformazione della Villa del Seminario di Roccatederighi in un campo d’internamento per ebrei, che poi si scoprì da lì sarebbero partiti per Fossoli e infine per i lager nazisti di sterminio.
René è Renato Cappelli 50 anni nel 1943, detto Settebello e preso in giro al bar del paese per quelle tre dita mancanti alla mano destra, perse da ragazzino al tornio, ciabattino dalla vita tranquilla e quasi appartata di Le Case (il luogo dove Naspini ambienta molte delle sue storie di Maremma), innamorato della sarta Anna, che gli prepara un’amata frittatina, con cui condivide amicizia e incontri quasi quotidiani, senza mai trovare il coraggio di dichiararsi. Lei è donna chiusa in casa dopo essere stata segnata dalla vita e dalla storia, prima vedova di un marito morto durante la Grande Guerra, poi madre straziata dalla uccisione da parte dei tedeschi del figlio andato sui monti da parigiano, che decide di vendicare prendendone il posto e gli ideali e lasciando a René l’incarico di coprire la sua sparizione. E lui continua le sue giornate abitudinarie, parlando da solo con l’amica assente, facendo fantasie gelose e scrivendole lettere che, non sapendo dove spedire, invia per l’aria bruciandole nel camino.
Vite private che reagiscono in modi diversi a un momento storico particolare e che spinge a prendere posizione. E se molti fascisti rimasero fedeli sino all’ultimo, ci furono tanti che, magari trascinati dagli eventi, cominciano a farsi domande, a chiedersi cosa volessero e in cosa credessero quei ragazzi saliti in montagna per combattere i nazifascisti. Sul tragico sfondo storico di quel che accade a Villa del Seminario anche Renè si interroga ed è spinto a uscire dal proprio guscio, specie quando viene a sapere che alla Villa sono prigionieri anche tre partigiani catturati, di cui una donna. Con bel processo psicologico, il cerchio si chiude e l’azione diviene inevitabile quando anche lui è arrestato e chiuso nello stesso posto perché si è scoperto che Anna non è più in paese e che lui scrive biglietti che si pensa invii ai partigiani.
La lotta di René è personale e infida, legata al suo mestiere che lo costringono a continuare anche in carcere, assistendo a torture, vessazioni, umiliazioni, partenze di convogli, mentre intorno tutti sembrano impazzire in un gioco quasi onirico, notturno di lamenti e urla tra verità e simulazioni, e la situazione si fa più ambigua e precipita con l’avvicinarsi degli americani liberatori.
Una scrittura chiara, vera, pulita, quella di Naspini, che nel finale Venti anni dopo riferisce anche come si sono trasformati nel dopoguerra alcuni dei personaggi, quelli storici coinvolti nel racconto, mentre in René, ma anche nel giovane, imprudente, irrequieto Simone che si ritroverà sempre accanto a René, si sentono gli echi della presa di coscienza del suo amato Pereira di Tabucchi, come confessato nelle ultime pagine.



Romana Petri

Rubare la notte

Mondadori


Presentato da
Teresa Ciabatti

L’infanzia è un equivoco, sembra dire Romana Petri. Prende Antoine Saint-Exupéry, l’autore del libro che ancora oggi forma generazioni di umani, va all’origine di quell’immaginario e ne svela l’altro lato – il lato invisibile della luna. Petri compie il gesto letterario di dissacrare l’infanzia intesa come luogo e tempo d’innocenza.
Così Tonio, che tutti conosciamo come autore de Il piccolo principe, animo delicato, capace nei libri di ragionare di fiori e spine, nella vita è stato anche spregevole. Viziato, capriccioso, dispotico già da bambino.

Rubare la notte racchiude l’intera esistenza di Antoine Saint-Exupéry – voli, traversate, guerra, amori –, e al contempo la vita intima, ciò che gli passa per la testa che è poi quel sopra le nuvole, quel tutto bianco su cui proietta ciò che desidera.

Il bambino e l’aviatore sono parti di sé, generate, al pari di fiori e spine, da una mente sognatrice e insieme prepotente. Che sia questa l’infanzia? Che sia questa la letteratura? Gettare ombre dove si pretende, per tranquillità dello spirito, solo luce.

E anche: invertire le proporzioni, rovesciare i luoghi comuni. Ecco allora che il rapporto madre-figlio, quel rapporto morboso, non è la madre a crearlo ma il figlio.

Il ribaltamento – chi protegge, chi veglia – è la più grande vertigine del libro, l’altezza non controllata, la sola altezza che spaventa (in volo Tonio non ha vertigini).

Romana Petri inventa un nuovo genere di biografia letteraria, tra la ricostruzione esatta alla Emmanuel Carrere (Io sono vivo, voi siete morti) e quella tutta d’immaginazione alla Joyce Carol Oates (Blonde). Anziché partire dai dati biografici, Petri parte dall’immaginario per ricostruire la vita dello scrittore – vita a sua volta travisata, romanzata al fine di rendere l’essenziale: l’urto tra quel che si crede che sia, e quel che è, tra origine e fine.

Cuore puro, cuore malato, il Tonio di Romana Petri guarda da più in alto possibile la sorte degli umani e pone le condizioni di una trasformazione rivoluzionaria, più forte del surrealismo, più forte di ogni paura che incatena alla terra, più forte della morte perché i bambini non hanno paura della morte.

Scrittrice raffinata, in trentatré anni di carriera e venticinque libri, non ha mai ceduto alle mode, portando avanti una letteratura personalissima e consapevole.


Rosella Postorino

Mi limitavo ad amare te

Feltrinelli


Presentato da
Nicola Lagioia

Nell’ultima decade del Novecento ci siamo cullati nell’illusione che la Storia, intesa come catena ininterrotta di atrocità, violenze e prevaricazioni – «uno scandalo che dura da diecimila anni», diceva Elsa Morante – fosse finita. Eppure, bastava guardare alla ex Jugoslavia, al di là dell’Adriatico, per avere la conferma del contrario: una guerra rimossa in tempo reale trent’anni fa, e dimenticata poi. Con Mi limitavo ad amare te, Rosella Postorino decide di tornare a quei tempi tutto sommato recenti, e a quel conflitto, proprio mentre un’altra guerra (qui c’è il potere anticipatorio di certi scrittori) torna a scuotere l’Europa. Nel suo romanzo, Postorino pratica con grande sensibilità e forza narrativa una lezione letteraria sempre valida: i veri testimoni del tempo sono le sue vittime, chi porta addosso le cicatrici della Storia ne è il testimone più attendibile. Ma i testimoni di questo tipo quasi sempre non hanno voce, e così la letteratura svolge un fondamentale ruolo vicario: raccontare per chi non può farlo. Poiché la forma romanzesca, per sua natura, è tuttavia in grado di giocare contemporaneamente più partite, ecco che quello di Postorino, oltre che un romanzo storico, riesce a essere anche un toccante romanzo famigliare e di formazione, capace di farci riflettere e scuoterci nel profondo. Le vicende dei protagonisti diventano le nostre in poche pagine. Il premio Strega può essere un’ottima occasione perché Mi limitavo ad amare te entri al meglio nel dibattito letterario di quest’anno.


Stefano Redaelli

Ombra mai più

Neo Edizioni


Presentato da
Daniele Mencarelli

I gesti di fiducia sono molto più frequenti di quel che si pensi. In fondo, la nostra vita è regolata da questi gesti, reciproci, di riconoscimento dell’altro e delle sue azioni.

Poi ci sono gli scarti, quelli di cui non ci si può fidare, quelli che per tradizione e istituzione giocano il ruolo dei pericolosi, inaffidabili, imprevedibili.

I malati mentali, così come i detenuti, gli ex tossicodipendenti, fanno parte di questa umanità tollerata solo se tenuta a distanza.

È il caso di Angelantonio, tre anni passati in una struttura psichiatrica, di nuovo nel mondo e del mondo. Ma chi è disposto a dargli una nuova possibilità? Chi vede in lui qualcosa di più dell’uomo che ha passato tre anni in una struttura perché malato mentale? Non è la fiducia ad accoglierlo, semmai il pregiudizio, la paura.

Ma Angelantonio ha dalla sua l’esperienza di chi conosce l’alfabeto del dolore, troverà modo di tornare al dialogo, a una nuova vita, fatta di consapevolezza, nel perenne squilibrio. Redaelli con Ombra mai più dà voce agli esiliati nello stigma, con la precisione e la delicatezza di chi scrive per amore.



Carmela Scotti

Del nostro meglio

Garzanti


Presentato da
Chiara Sbarigia

Ognuno di noi ha un appuntamento col passato, diceva Sebald, perché anche quando tutto è già accaduto, e sembra definitivamente alle nostre spalle, continua a produrre conseguenze. Lo sa bene Claudia, la protagonista psicologicamente sfregiata di Del nostro meglio, quarto romanzo di Carmela Scotti edito da Garzanti, la cui vita non sembra altro che il tentativo di venire a capo dei traumi familiari subiti.

Figlia di Caterina, un’avvocata divorzista che mai si sarebbe separata da Fausto, marito violento e anaffettivo, Claudia vivrà la morte tragica del padre come una colpa irredimibile.

Con una scrittura acuminata e flessuosa, capace di scavo impietoso e di ineffabili, preziosi momenti di tenerezza, Carmela Scotti ci consegna il ritratto di una famiglia unita dalla reciproca indifferenza o avversione, come quella dei Bellelli di Degas, e insieme una riflessione sulla necessità di scendere a patti col proprio passato e liberarlo dal suo esilio.


Andrea Tarabbia

Il continente bianco

Bollati Boringhieri


Presentato da
Daria Bignardi

È un romanzo forte, elegante, complesso, sul fascino del male ma soprattutto sul fascino della letteratura e dello scrivere.
La storia di Silvia, la moglie perduta del dottor P. rubata a Goffredo Parise dell’Odore del sangue e reinventata con un’operazione raffinata e – mi viene da dire – pericolosa quanto affascinante, da Andrea Tarabbia, penso meriti l’attenzione del Premio.
È un libro sul Male che fa male non solo per gli ambienti estremi e i personaggi bui e contorti che evoca, anzi, decisamente non per quelli, ma per come una storia scritta tanti anni possa rimanere viva, pericolosamente viva, quando a guardarla, a rileggerla, a tornarci dentro, è uno scrittore letterariamente audace come Tarabbia. Ecco, è questo soprattutto che mi ha colpito di questo lavoro originalissimo anche nella struttura: è vivo come un animale pericoloso, come il serpente che segue il narratore all’inizio del libro. Ho scritto molte volte la parola pericolo, me ne rendo conto, ma è la parola che meglio esprime la sensazione che mi ha lasciato questo romanzo e che vorrei condividere coi lettori giurati dello Strega, anche per affrontarla e comprenderla insieme.


Maddalena Vaglio Tanet

Tornare dal bosco

Marsilio


Presentato da
Lia Levi

La storia narrata è ambientata in un paesino di montagna certo più aspro che confortevole. Un giorno la tragedia: Giovanna, una scolara di undici anni si è suicidata e Silvia, la sua maestra, è sparita senza lasciare tracce. Tutto il paese si affanna alla sua ricerca ma senza risultato. La troverà per caso Martino un bambino di città trasferito a forza, per motivi di salute, in quella zona montana. Silvia, accucciata in un capanno abbandonato nel cuore del bosco, muta, stracciata, è ridiventata creatura della terra allo stato primigenio. Sarà Martino a portarle acqua, cibo e a riuscire a farla di nuovo parlare mantenendo la promessa di non rivelare a nessuno il suo nascondiglio.
Alla fine della vicenda tutto si scioglierà in un finale che, però, non risolverà del tutto i tratti misteriosi di certi inestricabili comportamenti umani.
Ma l’elemento che per me è risultato vincente è stata la doppia sfaccettatura dello stile letterario con cui la Vaglio si rivela. Da un lato un linguaggio sfumato con punte di liricità, da poetessa che è, quando ci descrive una fuga nella magia e nel messaggio segreto del bosco, e dall’altro il piglio crudo e quasi crudele nel momento in cui ci presenta fatti e personaggi del cupo paese fra le montagne.
Un mix davvero interessante.



Carmen Verde

Una minima infelicità

Neri Pozza


Presentato da
Leonardo Colombati

Ho avuto la fortuna di seguire la materializzazione di Anna e Sofia – la figlia e la madre protagoniste del libro – da idee a compiuti personaggi letterari, con la sensazione che queste figure così sapientemente ritagliate abbiano tutte le caratteristiche per diventare come i geni delle favole arabe, così ingombranti e vitali da dover per forza uscire fuori dalle loro bottiglie: è il destino dei personaggi riusciti, più grandi delle opere che li contengono, a partire – dall’alto – da gente come Falstaff per finire, appunto, alla piccolissima Anna.
Talmente piccola Anna, che deve per forza guardare tutti dal basso in alto: il che è un’ottima cosa per una macchina narrativa. Anche perché, per meritare lo sguardo della propria madre, Anna deve affinare il suo, concentrandosi proprio su sua madre come unico soggetto. È una scelta, una necessità, un atteggiamento che – senza svelare troppo le carte – ha a che fare con la letteratura: se, come io credo, il romanzo è l’arte di mettersi nei panni degli altri, quello di Carmen è un romanzo perfetto, per l’attenzione, mai giudicante, con cui la figlia posa gli occhi sull’oggetto del suo amore.
La migliore letteratura è quella che, sottotraccia, trova anche il modo di riflettere su sé stessa. Carmen, con il suo stile elegante, ne è un esempio.
Spero per il libro che trovi la sua strada. Carmen di sicuro l’ha già trovata. Mi auguro comunque che questa sua prima prova incontri il vostro interesse.


Roberta Zanzonico

La bellezza rimasta

Morellini


Presentato da
Giulia Ciarapica

La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico (Morellini, novembre 2022) rivela, a partire dallo strillo in copertina («Quando l’oblio porta la felicità»), tutta la sua originalità letteraria.
Non è soltanto un romanzo sul potere della dimenticanza e sulla forza che il passato esercita sulla nostra vita di tutti i giorni, ma è soprattutto una storia che ci pone di fronte a una grande, problematico ma definitivo quesito: non è forse più facile tornare indietro che andare avanti?
La psichiatra Roberta Zanzonico porta a termine un’operazione delicatissima, e lo fa ricorrendo alle migliori armi della narrativa: la sua voce è poetica ma energica, i personaggi nitidamente sfaccettati, la prosa coraggiosa e autentica.
La bellezza rimasta pone al centro la vita di una donna, Chiara, che ormai da dieci anni è ferma con la mente al passato e deve fare i conti con una malattia che le ruba i ricordi più recenti, impedendo di formarne altri.
Alla tragedia che la malattia porta con sé, si aggiunge però una consolazione per chi frequenta la casa della Signora Chiara: gli abitanti di Filaccione, grazie a lei e alla sua memoria fallace, possono tornare indietro nel tempo e illudersi di vivere ancora un tempo in cui credevano di essere felici.

Nessun commento:

Posta un commento