di Pierangelo Colombo

sabato 4 febbraio 2023

Intervista con l'autore: Giorgio Napoletano

 Ho avuto il piacere di intervistare Giorgio Napoletano, autore del libro La giovane vita di Uccio Pan, Masciulli edizioni. Desidero, innanzitutto, ringraziarlo per la disponibilità nel dedicarci il suo tempo.

 Giorgio Napoletano è nato ad Atri nel 1992. È laureato in lettere moderne presso l’Università Gabriele d’Annunzio con una tesi sulla saggistica di Pier Paolo Pasolini. Del 2014 è l’esordio editoriale con la raccolta introspettiva ‘’Aurore Lugubri’’ seguita quattro anni dopo da ‘’Materiale Pop - scritti per la collettività’’ (Masciulli Edizioni), raccolta di liriche e racconti dallo sguardo più ampio, soprattutto rivolto alle dinamiche sociali sensibili al dibattito sociopolitico contemporaneo. Dal 2018 è vicepresidente dell’associazione BasiRich Event con la quale negli anni ha dato vita all’omonimo festival, curando principalmente attività ed esposizioni nel ramo dell’arte figurativa e, dall’ultima edizione, della letteratura. 
‘’La giovane vita di Uccio Pan’’ (Masciulli Edizioni, 2022) è il suo primo romanzo.



 Qualche domanda per conoscerti meglio.
 Il tuo esordio editoriale è stata una raccolta introspettiva Aurore Lugubri; quando e come la poesia è entrata nella tua vita?

 Sicuramente posso dire che l’incontro con la poesia, soprattutto concettualmente, come forma acerba d’ispirazione, è avvenuto in piena adolescenza. È stato un momento catartico, insperato, avuto spontaneamente in seguito ai subbugli emotivi di un’età comunque molto delicata. Tuttavia, l’aspetto formale è arrivato poco dopo con lo studio di metrica e autori, e proseguita poi come indirizzo di studi, nonché come inclinazione artistica e imprescindibile.

 Cos’è per te la Poesia?

 È sempre difficile rispondere esaustivamente a questa domanda. Però mi sento di dire che per me la poesia è certamente un impeto, un’esperienza lacerante anche laddove non ci sia il tema tragico, è un atto politico, un atto intimo che può divenire collettivo, ma è anche ciò che più ci avvicina al misticismo in un accezione di poesia più intimista.


 Dagli occhi di un poeta, ma anche da chi è attento alle dinamiche sociali contemporanee, a chi si può imputare lo stato di salute attuale dell’editoria dedicata alla lirica poetica?

 Nello specifico non potrei dare una risposta precisissima, ma devo ammettere che il modo in cui viene divulgata la poesia, e quindi come viene percepita dalle persone, è del tutto fuorviante. La poesia ha una reputazione vetusta, viene costantemente stipata insieme alle cose noiose o astruse o incomprensibili. La fama di gioco colto ha tolto dibattito intorno alla poesia. Oltretutto negli ultimi decenni la progressiva perdita di sensibilità artistica della società ha contribuito a diseredare le nuove generazioni, a privarle di questo sentire irreprensibile al quale guardare con confronto e fermento. Se si perde il fermento, si perde anche la possibilità di generare una corrente, un movimento. L’arte non affronta un periodo felicissimo, affronta un periodo di solitudine. L’editoria probabilmente non ha fatto granché per intercettare questi segnali, ma ha assecondato il mercato, e la poesia nell’immaginario comune rimane ancora un gioco raffinato di pochi.

 Come definiresti la tua poesia?

 Riguardo a me, alla mia evoluzione, tendo più ad identificarmi con la mia seconda raccolta ‘’Materiale Pop - scritti per la collettività’’. All’epoca sentii un bisogno irrefrenabile di scrivere guardando alla società, alla degenerazione di alcune istanze politiche. Avvertii la necessità di inserirmi nel dibattito, in un dibattito che parlasse di tutti e a tutti, non con la presunzione della soluzione, ma con l’onestà della commozione, dello stupore, dell’ipersensibilità.

 Passiamo ora al tuo ultimo libro, La giovane vita di Uccio Pan, il primo come romanzo. Chi è il protagonista?

 Michele, detto Uccio, è il protagonista di questo romanzo, narrato in prima persona, che comunque definirei "collettivo". Uccio è un osservatore sensibile, e lo capiamo dalle sue panoramiche sul mondo. Il suo è un approccio eterogeneo, anche cosmopolita, nonostante abiti in provincia. Questo aspetto è fondamentale per comprendere la personalità del protagonista. È un fautore dell’autenticità, dunque preferisce ambienti privi di convenzioni formali, preferisce il caos delle persone prive di calcoli. È una persona paziente, declina i suoi istinti polemici, lavorativi, creativi nel quotidiano, e non rinuncia mai all’introspezione o all’autocritica. Uccio è un ragazzo e poi un uomo fallibile, un uomo dal percorso di vita semplice, seppur appassionante.


 Uccio è nato nel 1985 e rientra, quindi, nella generazione y: quei ragazzi che hanno vissuto la propria adolescenza a cavallo dei due millenni. I profondi cambiamenti nella società dettati dalla velocità con cui la tecnologia si è evoluta e il dissolvimento di molte ideologie quanto hanno influito sulla sua personalità? 

 Questi di cui parli sono certamente degli aspetti a cui ho prestato molta attenzione. Fanno chiaramente parte del percorso di crescita di Uccio così come delle persone che gli sono intorno. Ma l’anagrafe lo ha messo abbastanza a riparo dalla frenesia dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, poiché ne ha saputo fare a meno fino all’età adulta. Le novità multimediali, i social media, lo incuriosiscono, dato che s’inseriranno nella vita di tutti, anche la sua, inevitabilmente e con una certa progressione. Quindi nel corso del libro, certe evoluzioni, accendono dibattiti e ragionamenti, propongono uno stupore che noi ormai non abbiamo più poiché sono mezzi che abbiamo totalmente assimilato. Chiaramente sono reazioni che ho calibrato cercando la verosimiglianza, cercando quella resa atmosferica necessaria all’empatia. Riguardo al dissolvimento delle ideologie devo dire che anche questo è un argomento piuttosto sensibile all’interno del romanzo. Uccio per le stesse ragioni d’età che nominavo prima, è possibile che abbia vissuto l’ultima stagione di militanza politica fatta in prima persona, non solo nei cortei o nei circoli, ma col senso di commistione, con gli ambienti in cui riconoscersi, in cui forgiare e accrescere la propria identità. Anche in questa dimensione, il conformismo effimero degli ultimi anni ha contribuito a svilire il fermento sociale, l’aggregazione, la libertà di poter scegliere in che modo vivere, piegandoci perlopiù a ciò che il mondo si aspetterebbe da noi e che implicitamente ci chiede di esporre. È una perversa forma di zona di comfort. Uccio prenderà coscienza di ciò nel corso della sua crescita e avrà sempre l’istinto di vivere i luoghi di vita, anche se impetuosi, brutali, e anche se irriconoscenti, talvolta.


 Alcuni studi sociologici descrivono i “millennials” come meno interessati a questioni politiche e civili rispetto alle generazioni precedenti e più orientati ai beni materiali. È il caso del protagonista del libro?

 Assolutamente no! Uccio sa muoversi con una certa disinvoltura nel mondo dominato dalla rapidità tecnologica, ma rimane comunque un ragazzo intriso dell’intensità politica del secolo in cui è nato, anche se quello slancio politico stava già sfiorendo. È figlio del Novecento, abbastanza da recuperarne gli stimoli polemici, così come l’attenzione alle tematiche comuni. Poi certo, la sensibilità di ognuno di noi incide profondamente sull’attitudine socio-politica che riversiamo nelle nostre vite, così come il contesto in cui maturiamo, che per Uccio si può dire sia stato piuttosto favorevole. 


 Uccio Pan, è un richiamo al personaggio di J. M. Barrie? Peter, il ragazzino che si rifiutava di crescere?

 No, e a dire la verità è una domanda che anche Uccio pone a sé stesso. Non sa nemmeno lui l’origine del suo soprannome.


 Cosa spaventa maggiormente Uccio? Qual è, invece, la sua forza? 

 L’inconsistenza, il buon costume. Mentre la sua forza credo riguardi l’estremo tatto con cui affronta le scelte degli altri, tacendo l’egoismo, da qui l’enorme considerazione della serenità delle persone.


 Uccio è predisposto al dialogo. Condizione essenziale in una comunicazione è l’ascolto, pratica che paradossalmente, in una società in cui la comunicazione ha toccato dei livelli mai raggiunti prima, è stato svilito da dialoghi a senso unico, in cui manca proprio l’ascolto. Qual è la tua opinione? 

Credo che l’apice dell’assenza di contenuti umani, reali sia conseguenza diretta dell’uso di massa dei social media. La tecnologia in sé, il pc o il cellulare, non hanno portato allo stravolgimento sociale a cui sono arrivati i social. Il dialogo, dunque, è pregiudicato come mai prima. Le persone hanno l’impressione di possedere un’autonomia completa solamente tenendo a disposizione il cellulare. Con l’apertura dei social e l’esposizione di fatti irrilevanti su di essi, si ha la sensazione di avere uno scambio sociale, di proporre quello che chiamiamo perversamente "contenuto" quando la peculiarità tipica di ciò che viene pubblicato è proprio non possederlo, un contenuto. Quindi noi proponiamo, non ci confrontiamo. Di conseguenza questa strana autosufficienza ci ha convinti di saper fare a meno dell’ascolto. Il dibattito sui social media è perlopiù vanagloria. Le persone disimparano a dialogare poiché non hanno la stessa gratificazione nel parlare con persone reali, poiché verrebbe meno la sensazione di aver detto qualcosa di originale, dato che i tempi della conversazione interpersonale sono del tutto imprevedibili. Ovviamente credo che questo mio parere non sia una verità totale. È piuttosto ciò che avverto fortemente, e credo sia più diffuso di quel che immaginiamo.


 Bauman definisce la nostra società liquida; l’antropologo Marco Aime parla di Fatica di diventare grandi. La scomparsa dei riti di passaggio. Temi trattati in La giovane vita di Uccio Pan. 

 Beh sì, ma in maniera piuttosto naturale. Seppur il processo di dissoluzione di certe fasi di vita sia stato incredibilmente più rapido negli ultimi due decenni, una sorta di differenziazione generazionale era in atto già prima e Uccio sembra esserne consapevole, anzi, credo che sia un aspetto a cui la sua generazione ha guardato molto, forse anche con un certo senso di colpa. Invece le ultime due generazioni, millennials e z, purtroppo, subiscono molto di più questa fase indefinita, per tantissime ragioni, ed è ciò che le allontana da quella stabilità o dall’individuazione di sé come persona adulta, lavoratrice e anche come soggetto politico. È molto dura per le ultime generazioni perché hanno trovato un mondo in cui doversi muovere da diseredati, in questa società liquida, appunto, in cui è complicatissimo forgiare la propria identità.


 Progetti per il futuro? 

 Sì, lavoro costantemente a nuovi progetti. Alcuni sono ultimati, altri in fase di composizione. Il romanzo, come forma, è la mia priorità.


Bene, ringraziamo nuovamente Giorgio Napoletano per la gentile disponibilità, dandoci appuntamento per il suo prossimo lavoro.



Scheda libro

SINOSSI ‘’LA GIOVANE VITA DI UCCIO PAN’’

Un ragazzo nato nel 1985 che ripercorre su uno sfondo di storia reale i processi intimi e universali che lo hanno accompagnato a cavallo dei due secoli e fino all’età adulta. Il suo bisogno di commistione e il suo sguardo sono immersi nella profondità del vivere, coadiuvato dalla necessità dell’incedere vivido, viscerale a corredo di un’evoluzione umana solita, intima, fino all’eversione, alle contraddizioni, alla lascivia, alla responsabilità. Il lascito romantico della precarietà del vivere, dell’abbandono dell’adolescenza prima, poi della maturazione degli intenti, vanno di pari passo con quella dei costumi di una società in divenire, rapidissima nel sorprendere e nel deludere, mitigata dal fermento dei rapporti umani e dal disincanto che frena le parole, ma che rende l’esperienza più intensa, fino all’ipersensibilità. I luoghi di vita dei ragazzi, poi degli adulti, contingenze e ragionamenti, la musica, il sentire comune, Uccio e il suo soprannome d’infanzia, i profumi e la predisposizione al dialogo, alla resa atmosferica tangibile nei processi di crescita, con le sue ebbrezze, le sue inclinazioni, il senso di colpa e l’impegno a non ignorare gli istinti e l’attitudine al senso di collettività. Uccio ha il rifugio nel confronto, negli ambienti privi d’artificio, nella fiducia riposta nel sapersi consapevolmente conseguenza del Novecento, ma non così tanto da porsi inadeguato col secolo senza decenni, il duemila.


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