di Pierangelo Colombo

martedì 28 febbraio 2023

Incontro con L'autrice: Cristiana Antonelli

  Che cosa significa “Rieducare in carcere”? È quello che Alessandra, Cristiana e Abba, hanno cercato di raccontare attraverso la propria esperienza nel libro In Vinculis, Masciulli edizioni. E, oggi, abbiamo la fortuna di poter intervistare Cristiana Antonelli, che ci parlerà di questo interessante progetto.

 Abba, Alessandra e Cristiana, tre donne di diverse generazioni, condividono quella philantropìa che è alla base del loro rapporto di amicizia e di impegno nel sociale.

Insieme hanno fondato l’Associazione “Uomo: patrimonio da salvare”, dal titolo del progetto condiviso con i detenuti dell’Alta Sicurezza della casa circondariale di Lanciano in collaborazione con una classe del liceo classico "Vittorio Emanuele II” di Lanciano. Esso ha avuto il riconoscimento di essere premiato al primo posto del concorso” Maggio dei libri” 2018, nella sezione “  Carceri, strutture sanitarie e di accoglienza per anziani”.

 Abba Castrignanò è una docente di lingua e letteratura inglese, attualmente in pensione, che ha insegnato in vari istituti di scuola superiore del territorio frentano.

Alessandra Di Labio è dottoressa in Sociologia e Criminologia ed ha appena conseguito la Laurea Magistrale in Ricerca Sociale, politiche della sicurezza e criminalità con il massimo dei voti.

Cristiana Antonelli è docente di materie letterarie e presta servizio presso il liceo classico “Vittorio Emanuele II” di Lanciano.




Iniziamo con qualche domanda per conoscerci meglio.

 

-         Assieme ad Abba Castrignanò e Alessandra Di Labio avete fondato l’Associazione “Uomo: patrimonio da salvare”, dal titolo del progetto condiviso con i detenuti dell’Alta Sicurezza della casa circondariale di Lanciano in collaborazione con una classe del liceo classico "Vittorio Emanuele II” di Lanciano. Di cosa si tratta?

 Nel mese di maggio 2018 abbiamo condiviso, con l’amministrazione comunale e la casa circondariale di Lanciano, la partecipazione al concorso nazionale de “Il Maggio dei libri”, sponsorizzato dal Ministero della cultura. Io e Alessandra, in qualità di volontarie che tenevamo un corso pomeridiano settimanale, finalizzato alla rieducazione della pena, ci siamo occupate della stesura del progetto sul tema generale del “patrimonio” che noi abbiamo inteso “umano”. Abbiamo coinvolto i detenuti delle sezioni dell’Alta Sicurezza, frequentanti il nostro corso ed una classe del liceo classico, in cui insegnavo. A novembre è arrivata la notizia che avevamo vinto il primo premio e il 5 dicembre siamo andate a ritirarlo a Roma presso il Centro per il libro e la lettura, insieme all’Assessore alla cultura, alla direttrice del carcere e agli studenti. Nella primavera del 2019, proprio per perpetrare la memoria di un così inaspettato e prestigioso riconoscimento, soprattutto convinte che bisogna operare nel rispetto dell’umanità, quando l’individuo si viene a trovare in condizioni fragili per fattori esterni o per cause personali, abbiamo deciso di fondare un’associazione no profit , con una finalità ben precisa :  se salviamo l’uomo, salviamo tutto ciò che gli appartiene, a cominciare dall’ambiente che sta soffrendo a causa della inconsapevolezza umana.  Pertanto, i nostri eventi ci vedono impegnate in temi a carattere sociale e culturale, che restituiscono all’individuo un ruolo di creatura del creato e non del creatore, capace di tutelare sé stesso e il mondo che lo circonda, proiettato nel futuro con un occhio rivolto al passato, per evitare di commettere gli stessi errori.

 

  Tre donne di diverse generazioni, tre amiche unite dalla stessa passione e proiettate in un progetto importante, quale?

 Da due, infatti, siamo diventate tre. Sono stata io a coinvolgere Abba, mia ex collega in pensione, a cominciare un percorso di lezioni di lingua inglese ad un detenuto dell’Alta Sicurezza. Più che passione parlerei di convinzione: sarà il nostro vissuto di insegnanti ma nulla ha il potere di riscatto quanto il libro, inteso come strumento di crescita personale e di libertà dello spirito. Le organizzazioni criminali a carattere mafioso, infatti, sono radicate in aree dove è ancora forte la dispersione scolastica, anche se la sua capacità imprenditoriale si è affermata a livello nazionale ed internazionale. Pertanto, il nostro progetto, animato anche da una grande passione che è fondamentale per mettersi in gioco e per arrivare a dei risultati, è quello di far conoscere questa nostra esperienza e di poterla continuare adesso che si sta lentamente tornando ad una normalità di vita. 



  Come è nato In Vinculis?

  In Vinculis  è nato per gioco e per caso, durante il lockdown. Per passare il tempo, a volte con Abba ed Alessandra ci si sentiva e immancabilmente si tornava con la mente al passato, ai bei momenti trascorsi tra le mura del carcere. Sembrerà strano ma è così: forti emozioni per i traguardi raggiunti nella crescita umana da entrambi, da parte di quelli di fuori e di quelli di dentro, per così dire. Un rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto della persona, fondamentale soprattutto quando un individuo si trova in un momento di difficoltà, in una qualsiasi circostanza. Non avevamo intenzione di scrivere per pubblicare, circostanza che è avvenuta casualmente. Colgo, infatti, l’occasione per ringraziare la Masciulli edizioni che ha investito in un tema difficile da veicolare ma quanto mai adesso attuale, per quanto riguarda la dicotomia tra la cosiddetta giustizia riparativa e le modalità di detenzione, quale il 41bis.


 A che tipo di pubblico si rivolge?

 A tutti. Ultimamente, ad esempio, sono andata ad incontrare una classe di ragazzi che si stanno preparando in parrocchia per la cresima. È stato emozionante vedere il loro interesse mentre parlavo, perché il carcere non è un luogo che si frequenta abitualmente.

 

 Nel libro parlate, demolendo luoghi comuni attraverso una retorica efficace, di cosa sia rieducare in carcere.

 Rieducare in carcere, per cominciare, è un diritto sancito nell’art.27 della nostra Costituzione. È un atto nobile di grande spessore umano che ci autorizza a definire la nostra Magna Charta figlia dell’humanitas, per così dire antropocentrica. Il luogo comune, purtroppo, è la grande diffidenza, lo scetticismo nei confronti di questi tentativi rieducativi, considerata l‘alta percentuale di recidiva nel tornare a delinquere. È vero che i numeri non incoraggiano, ma ci sono anche esempi di persone che sono riuscite ad intraprendere un nuovo cammino di vita e di questo ne beneficia in sicurezza l’intera comunità.

 

 In Vinculis, è un viaggio dove visitare non un luogo di reclusione, bensì un’opportunità dove intraprendere un cammino di rieducazione.

 Un carcere non si visita. Non si può rimanere spettatori e vivere un’esperienza di chi guarda a chi è detenuto come un fenomeno da baraccone. Il carcere è, invece, un luogo di grande sofferenza e dolore, che ti porta piano piano ad intraprendere un viaggio con te stesso. Diventi anche tu, senza volerlo, senza esserne all’ inizio consapevole, un navigante della tua anima.

 


 Una missione dai risultati tutt’altro che scontati. Oltre alle già note mancanze istituzionali, quali sono i problemi maggiori che vanno a minare questo tipo di percorso?

 Come già ho detto prima, si è molto scettici di fronte all’alta percentuale di recidiva dei reati, da parte di chi esce dal carcere. Sappiamo, tuttavia, che affrontare un cambiamento non è facile per nessuno, soprattutto se concorrono fattori culturali e educativi, come avviene per gli appartenenti alle “famiglie" di mafia. Lo Stato non può e non deve arrendersi, pertanto deve investire più risorse nell’assumere personale educativo e di Polizia Penitenziaria. Le misure cautelative, specie per i reati ostativi, richiedono un’attenta vigilanza e questo necessiterebbe di un numero più alto di agenti.

 

 Con In Vinculis, sembra vogliate parlare direttamente con il lettore, condurlo in un viaggio interiore, quale?

 In Vinculis, infatti, non è soltanto una cronaca di un’attività di volontariato o di un percorso interiore, ma è uno scritto che vuole aprire un dialogo con chi lo leggerà, partendo proprio dalla dedica “A coloro che vanno oltre le sbarre del proprio cuore”. In Vinculis ti mette in mano un invisibile filo di Arianna che ti fa entrare nel labirinto del tuo animo per farti trovare una via d’uscita oltre le sbarre che non sono solo quelle fisiche ma quelle costruite dentro di noi. Con una penna leggera abbiamo cercato di esplorare e riportare sulla carta il ruvido mondo del carcere in una chiave di lettura che riguarda, in realtà, il nostro modo di essere nella vita di tutti i giorni.

 

 Le sbarre non sono solo quelle fisiche di un carcere, di quali altri tipi di reclusioni parlate nel libro?

Il libro è nato per lanciare un messaggio molto preciso, riassunto nella dedica: “Dedicato a tutti coloro che vanno oltre le sbarre del proprio cuore”. Questa esperienza di volontariato ci ha fatto acquisire con il passare del tempo che le sbarre di ferro sono la proiezione di quelle interiori che ognuno di noi ha dentro. Pensiamo semplicemente a quando alziamo il muro del pregiudizio e del giudizio nei confronti degli altri, in particolare verso chi nella vita ha commesso errori gravi che si sono tradotti nel Codice penale in reati. Dietro al detenuto c’è la persona, l’essere umano che può cadere nelle fragilità. Ci dobbiamo chiedere sempre quali sbarre interiori lo hanno condotto a varcare la soglia di un penitenziario. Il detenuto sconta giustamente la pena ma la colpa che è in lui deve essere elaborata per rivedere la propria vita e riprendere la strada giusta.  

 

 Progetti per il futuro?

 Ci piacerebbe continuare la nostra esperienza di volontariato all’interno del carcere. Purtroppo, la pandemia ha creato uno strappo improvviso e non è stato un periodo facile per i detenuti, che si sono visti sottrarre quel poco di libertà, in quanto le ore dei corsi permettono loro di lasciare la vita in cella. Personalmente, ho scritto qualche mese fa un racconto, intitolato “Oltre le sbarre” che mi è stato pubblicato in un’antologia. La mia speranza è di poter di nuovo avvicinare i miei alunni in qualche attività che li faccia confrontare con la realtà detentiva. 


Ringrazio Cristiana per la disponibilità, con l'augurio di poter proseguire nel suo progetto.

Link per acquistare il libro

Descrizione:

 Che cosa significa “Rieducare in carcere”? È quello che Alessandra, Cristiana e Abba, tre generazioni di donne, hanno cercato di raccontare attraverso la propria esperienza. “In Vinculis”, in realtà, è un cammino di chi cerca di andare “oltre le sbarre”, non solo quelle di ferro ma anche del proprio cuore, alla ricerca della parte migliore di chi viene recluso. È un cammino verso la bellezza, anche laddove pensi di non incontrarla. Il carcere ci appartiene: non è solo un luogo che rappresenta il fallimento della società ma anche un mondo in cui poter ritrovare sé stessi. “Rieducare”, infatti, è un cammino simbiotico tra chi opera e chi viene stimolato alla ricerca di ricominciare, imboccando la strada giusta.

In Vinculis non è soltanto una cronaca di un’attività di volontariato, non è soltanto un percorso interiore, In Vinculis è uno scritto che vuole aprire un dialogo con chi lo leggerà partendo dalla dedica ‘coloro che vanno oltre le sbarre del proprio cuore’. In Vinculis mette in mano al lettore un filo invisibile di Arianna che lo fa entrare nel labirinto del suo animo per fargli trovare una via d’uscita oltre le sbarre che non sono solo quelle fisiche ma quelle costruite dentro di noi con una scritta ‘leggera’, per dirla con Calvino che esplora il mondo ruvido del carcere per poi restituirlo in una chiave di lettura che riguarda il nostro modo di essere nella vita di tutti i giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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